Mentre il palcoscenico mediatico è occupato dalle vicende politiche, caduta di Letta ascesa di Renzi, il super-commissario Cottarelli, uomo del Fondo Monetario Internazionale, ha elaborato la ricetta per tagliare la spesa pubblica di 5 miliardi di euro nel 2014 e di complessivi 32 miliardi nei prossimi tre anni.
Oltre che sui dipendenti pubblici, la scure si abbatterà con particolare virulenza sulle aziende a capitale totalmente pubblico o misto pubblico/privato, controllate o partecipate da Regioni, Province, Comuni, Comunità Montane e, a cascata, sugli appalti pubblici.
Sono le aziende fornitrici dei servizi pubblici locali, trasporti luce gas acqua, farmacie tanto per citarne solo alcune, in tutto 7.065, che secondo la commissione alla Spending Review pesano ben oltre il 4% sul PIL. Sono le stesse aziende il cui costo complessivamente negli ultimi dieci anni è aumentato del 49,2% contro il 14,9% della media degli altri paesi con rincari pesantissimi sulla spalle dei cittadini e lavoratori utenti.
Potrebbe quindi fare facile presa sull’opinione pubblica la proposta di privatizzarle allo scopo di ridurre il debito pubblico, come ci ricorda ogni giorno la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea. Peccato che Il nostro paese abbia già conosciuto enormi processi di privatizzazione: dal 1985 al 2012 sono passate ai privati aziende pubbliche per un valore pari a 157 miliardi di euro, un record tutto italiano con il regalo dell’Alfa Romeo alla FIAT, della Telecom ai famosi “capitani coraggiosi”, della Soc. Autostrade a Benetton, dell’ALITALIA ai patrioti capitanati da Colaninno, con i risultati noti a tutti: speculazioni fortunate per loro, fallimenti e migliaia di posti di lavoro distrutti, licenziamenti, degrado dei servizi e aumenti delle tariffe per tutti noi!
Ma quello che dimostra come il discorso sulle privatizzazioni nulla abbia a che fare con la riduzione del debito pubblico è il fatto che esso, dal 1992, anno della fase più massiccia delle privatizzazioni, al 2012 è passato da 850 miliardi di euro a più di 2100 miliardi!
Questi dati chiariscono il vero scopo delle privatizzazioni: dare ossigeno e soccorrere il sistema produttivo e finanziario italiano che non è in grado di competere a livello internazionale, avendo da anni scelto di arraffare il più possibile profitti senza curarsi di rischiare in proprio, di migliorare i servizi, andando alla ricerca del facile guadagno fino al limite massimo dello sfruttamento e del basso costo del lavoro, oggi battuto su questa strada dai paesi ad economie emergenti. Imprenditori bollettari dunque che cercano di continuare a macinare profitti là dove, senza rischi, il guadagno è certo: tutti infatti siamo costretti a pagare salatissime bollette, poiché non possiamo fare a meno dei servizi pubblici essenziali.
Cottarelli ha chiarito ormai molto bene la ricetta per le società controllate/partecipate: privatizzazioni, fusioni, fino alla soppressione rapida di quelle inutili o non strettamente legate ad un interesse pubblico. L’analisi dei dati forniti dalla stessa commissione fa giustizia di un’opinione che in questi anni ha fatto presa anche su tanti lavoratori: se la gestione pubblica non funziona meglio il privato.
Ma se su 7.065 aziende, 6.104 sono a capitale misto, vedono cioè la partecipazione dei privati nella stragrande maggioranza dei casi con quote superiori al 50%, questo discorso dimostra tutta la sua natura fasulla e ideologica.
Si dice che i circa 2 miliardi e 200 milioni di perdite all’anno non possono più pesare sul bilancio complessivo dello Stato, che le aziende pubbliche debbono produrre profitti, a lor signori non basta neppure il pareggio; ma non è per avere servizi sociali pubblici che paghiamo le tasse più alte della zona euro, oltre a tariffe salate che non sono certo diminuite dopo le privatizzazioni già effettuate?
Certo non siamo qui a difendere le gestioni che hanno portato allo sfascio molte di queste aziende, pesantemente condizionate da scelte politiche e interessi privati, da speculazioni, corruzione, clientelismo e interessi criminali, ma non possono essere certo i lavoratori e le lavoratrici a pagare per colpe non loro.Eppure sembra essere questo l’approdo dei lavori della Commissione alla Spending Review: scartata l’ipotesi di assunzione negli Enti Pubblici, sottoposti anch’essi a pesanti tagli, la sola strada prevista è quella che porta direttamente a migliaia di licenziamenti. Infatti per queste aziende non c ‘è diritto alla cassa integrazione e, per molte di esse, il processo di privatizzazione si presenta arduo se prima non passano per pesanti e dolorose cura dimagrante: riduzione delle prestazioni ai cittadini e, soprattutto, riduzioni di personale e del costo del lavoro, cioè tagli ai salari per chi rimane.
Davvero vogliamo assistere a questo massacro senza reagire? Davvero vogliamo sottostare ai diktat europei che stanno portando il nostro paese ad un immiserimento mai conosciuto da quarant’anni a questa parte, in nome di feticci, i parametri contenuti nei trattati, che non hanno alcun fondamento reale?
Alziamo la testa, impediamo che tutti questo si realizzi. Partecipiamo alla manifestazione contro la Spending Review con l’Unione Sindacale di Base convocata per il prossimo 14 marzo.
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