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Sindacato conflittuale, “furbetti del cartellino” e media padronali

“La vicenda dei dipendenti comunali di Sanremo fa sicuramente inorridire chi di lavoro dipendente vive e si sente sfruttato e sottopagato. Non può che esprimersi un giudizio severo e senza attenuanti nei confronti di chi, con il proprio comportamento irresponsabile, da forza alle strumentalizzazioni ormai quotidiane che si concentrano sul lavoro pubblico”.

Però è evidente che i media di regime inzuppano il biscotto nella vicenda per criminalizzare l’intero settore e giustificare, quindi, licenziamenti, blocchi salariali e del turnover, spostamenti arbitrari e annullamento delle tutele legali.

L’Unione Sindacale di Base interviene caso dei “furbetti del cartellino” al Comune di  Sanremo. “Ci penserà la magistratura a far luce sulle colpe e sulle responsabilità su quella che dai racconti di stampa e televisioni sembra assumere la forma della ‘consuetudine’, del disprezzo totale verso il lavoro e nei confronti di quell’etica che dovrebbe essere alla base del lavoro pubblico. Certo, però, ci sembra un po’ strano che questa notizia, dopo due anni di indagini, affiori proprio ora che l’attacco al pubblico si è fatto più feroce, con 3 milioni di lavoratori che non rinnovano i contratti da 6 anni ed ai quali la manovra del governo Renzi offre la fantastica cifra di aumento pari a 5 euro lordi al mese e  con un blocco quasi totale del turn-over che prevede una nuova assunzione ogni quattro pensionamenti. Ma a prescindere dalle ‘coincidenze’ e dai tempi sospetti, questa vicenda è un pugno allo stomaco nei confronti di chi il proprio lavoro, nel pubblico come nel privato, svolge quotidianamente e onestamente. E’ un’offesa nei confronti di chi protesta perché vive in condizioni inaccettabili di precarietà o di chi non arriva a fine mese ed è costretto a sacrifici inenarrabili per sostenere la propria famiglia che ormai vede mediamente un disoccupato o un licenziato sotto ogni tetto”.

“Ciò che però ci fa veramente incazzare – conclude l’Usb – è l’intensità delle strumentalizzazioni e delle generalizzazioni: la cultura del sospetto, quella che tende a far vedere ogni dipendente pubblico come un nullafacente, un imbroglione: in altre parole il tentativo di estendere la criminalizzazione ad un’intera categoria”. Cosa scriverebbe i giornalisti se venissero tutti considerati alla stregua di quel Renato Farina, al secolo “agente Betulla”, vicedirettore de Il Giornale, al servizio – retribuito, dei servizi segreti per spiare magistrati, infangare avversari politici, colleghi e chi altro veniva indicato? Si indignerebbero, è ovvio (magari non tutti…).

“Noi non ci stiamo e non soltanto perché siamo lavoratori e il nostro ruolo sindacale è quello della tutela e della rappresentanza del mondo del lavoro, ma anche perché siamo i primi a condannare chi, invece di lottare per cambiare e migliorare le proprie condizioni di lavoro, fa di tutto per arrangiarsi, utilizzando metodi e strumenti inaccettabili, creando un danno enorme a tutti i lavoratori. Se guadagni poco, lotta per aumentare il tuo salario! Se le tue condizioni di lavoro e di vita non ti soddisfano, lotta per migliorarle! Altre strade, altre scorciatoie, non ne esistono”.

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