Il 2 settembre USB aderisce alla mobilitazione dei docenti precari a Montecitorio, perché ne condivide pienamente le rivendicazioni.
La scuola italiana da anni si regge sul lavoro e la buona volontà di docenti ed ATA, di ruolo e precari, a fronte di tagli continui e reiterati, che l’hanno impoverita e indebolita al limite del collasso.
La crisi del COVID 19 ha solo messo definitivamente in luce le carenze strutturali di un sistema che impiega ogni anno quasi 200.000 docenti a tempo determinato, docenti che per stabilizzarsi dovrebbero superare un concorso straordinario, la cui struttura è pressoché identica a quella di un ordinario, che dovrebbe svolgersi in autunno, a detta della Ministra Azzolina, ma che rischia di essere rimandato sine die, visto l’aumento dei contagi e le misure di sicurezza insufficienti che pare verranno prese per le scuole.
USB ribadisce quanto afferma da sempre: chi ha tre anni di servizio deve essere immesso in ruolo senza se e senza ma e le immissioni dovrebbero rispondere alle reali esigenze didattiche della scuola, non a calcoli di risparmio economico giocato sulla pelle degli studenti e delle famiglie, oltreché dei lavoratori.
Tanto più in un momento di emergenza come questo, che richiede un numero di docenti e ATA maggiore di quanto sia necessario nella quotidiana normalità.
Respingiamo come irricevibile la scelta del MI di assumere 50mila lavoratori licenziabili nel caso di nuovo lockdown. I lavoratori non sono pedine e vanno assunti in modo stabile, tanto più in un paese che vive il problema delle cosiddette classi pollaio da anni.
Pretendiamo un numero di assunzioni adeguato alla necessità e all’emergenza e che queste assunzioni siano stabili, per rispetto dei lavoratori e di studenti e famiglie, che in una condizione già difficile, allo stato attuale, dovranno assistere al solito balletto di supplenti per i primi mesi dell’anno.
Le classi pollaio si superano con gli investimenti, in personale e in strutture. Nessun intervento serio di edilizia scolastica è stato fatto nei mesi dall’inizio della pandemia, sebbene da subito fosse chiaro che gli spazi erano la cosa essenziale per riprendere in sicurezza.
I finanziamenti giunti alle scuole hanno permesso al massimo interventi di edilizia leggera su istituti in cronica carenza di spazi, spesso non a norma già in tempi di normalità, con classi troppo numerose.
Servono più spazi e servono meno alunni per classi. Ribadiamo ancora: al massimo 15 alunni per classe nel primo ciclo e 20 nel secondo. Nei nidi e nelle scuole dell’infanzia il rapporto non dovrebbe superare l’1 a 10.
Docenti e ATA assunti stabilmente, spazi maggiori e più ampi, classi meno numerose. queste rivendicazioni che condividiamo coi precari sono la base minima per ripartire in sicurezza.
Si deve avere il coraggio di investire nella scuola statale, colonna portante di uno stato che voglia dirsi democratico. Investimenti anche per DPI adeguati (le mascherine chirurgiche proteggono solo per il 20%), per reintrodurre il medico scolastico che molto potrebbe fare per la prevenzione di nuovi focolai, per uno screening periodico del personale, che certo non si può dire svolto con un solo test effettuato all’inizio dell’anno.
Per tutti questi motivi, perché la scuola torni realmente al centro di un dibattito politico serio e non solo di un dibattito mediatico urlato e inconcludente, saremo in piazza con il movimento dei precari il 2 settembre, prima tappa di un autunno di lotte che proseguirà con lo sciopero del 24 e 25 settembre in cui, insieme ai precari e agli studenti torneremo a pretendere investimenti e attenzione per la scuola, che come la sanità è un pezzo essenziale di quel welfare che da anni ci stanno scippando.
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