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Agenzia Entrate, lavoro agile tutto a carico dei lavoratori. USB non firma

Chiariamo subito un punto: l’accordo siglato oggi da Cisl, Uil, Salfi, Flp e Intesa non ha nulla a che fare con la prosecuzione del lavoro agile e con la regolamentazione dei rientri rispetto ai quali vi sono una specifica norma (art. 263 del decreto rilancio), una  direttiva del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, la direttiva del Ministero della Salute in merito ai fragili e le trattative che si sono già aperte e talvolta anche concluse nei territori.

E infatti l’accordo nulla di rilevante aggiunge su questo punto, confermando il quadro normativo e di prassi già esistente.

L’oggetto della trattativa riguardava, invece, la regolamentazione del lavoro da remoto; i diritti, le tutele e il salario (leggi buono pasto). A tal proposito l’amministrazione ha proposto un accordo transitorio che disciplinasse la fase fino al 31 dicembre di fatto prolungando il lavoro agile emergenziale; ma chiunque può intendere che i contenuti di tale accordo costituiranno la base di partenza per la disciplina dello SW a regime.

Come USB, in un’ottica costruttiva, abbiamo apportato alla discussione una corposa piattaforma (clikka qui), mettendo sul piatto tutte le questioni normative e salariali necessarie per garantire uniformità di trattamento tra chi lavora in presenza e chi in modalità agile.

L’obiettivo per USB era, quindi, quello di compiere passi avanti uscendo finalmente dallo SW emergenziale che ha penalizzato finora  i lavoratori (mancato riconoscimento dei buoni pasto, dotazioni informatiche e spese a carico dei lavoratori, mancata fruizione dei permessi orari, solo per citare gli aspetti più significativi) per ristabilire parità di trattamento economico e normativo.

Un principio semplice: a parità di lavoro uguale salario e uguali diritti.

Ebbene da questo accordo scaturisce, invece, che nulla cambia fino al 31 dicembre: chi opta per il lavoro da remoto continua a farlo a sue spese, con le sue dotazioni, con minori diritti (permessi orari) e con minore salario. Infatti la decisione sui buoni pasto che non percepiamo da marzo e sui quali si continua inspiegabilmente ad indugiare, viene differita subordinandola ad ulteriori valutazioni da effettuare con le autorità competenti.

La formula vaga contenuta nell’articolo 16 dell’accordo è un capolavoro di equilibrismo per prendere ancora tempo senza dare garanzia alcuna sulla corresponsione, utile alle sigle firmatarie per raccontare che non tutto è ancora perduto.

Le nostre richieste erano legittime e praticabili da subito: i risparmi che l’amministrazione ha conseguito e continua a conseguire in termini di utenze possono già costituire un bonus per rimborsare le spese sostenute dai lavoratori; i buoni pasto sono già in bilancio ed in altre amministrazioni, nonché alle Dogane, sono già stati riconosciuti; i permessi orari sono previsti dal CCNL che deve valere indipendentemente della modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e la fornitura delle dotazioni informatiche per tutti costituisce davvero il minimo sindacale.

Ed invece Cisl, Uil, Salfi, Flp e Intesa hanno firmato un accordo che fotografa lo status quo ovvero il lavoro agile per come si è sviluppato finora prolungando l’emergenzialità e consolidandola fino al 31 dicembre e ipotecando negativamente la disciplina del lavoro da remoto a regime.

Per continuare come nulla fosse, cioè con una oggettiva penalizzazione nei confronti del lavoro da remoto, non occorreva certamente un accordo che certificasse che il lavoro agile è un risparmio per l’amministrazione e un costo per i lavoratori.

E su tutto aleggia il rischio che, in mancanza di precise garanzie e paletti, il lavoro agile divenga un formidabile strumento per dilatare l’orario di lavoro sganciando la prestazione lavorativa dal fattore tempo e legandola sempre più al raggiungimento degli obbiettivi. In altre parole, lungi dalla retorica sulla  conciliazione tempi di vita lavoro, subordinazione dei tempi di vita a quelli di lavoro…

Sono tutti scenari che occorre cominciare ad avere presenti per evitare che l’emergenza sanitaria si trasformi nel pretesto per sancire un arretramento sul piano dei diritti e del salario e per mutare la natura della prestazione lavorativa.

Come sapete in tutti questi lunghi mesi l’USB ha messo in campo tutto ciò che poteva per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori spingendo sul lavoro agile quale strumento utile per attuare il distanziamento sociale. Ma lo scambio lavoro agile contro meno diritti è uno scenario che dobbiamo aver ben presente e che come USB respingiamo con forza.

Fermo restando che continueremo a batterci per una regolamentazione del lavoro agile a regime che riconosca pari diritti e salario, vi lasciamo con un interrogativo: e se sfruttando l’emergenza sanitaria il vero progetto del lavoro da remoto, fosse proprio quello di ridurre diritti e salario?

  • Allegati:

Accordo_17_settembre_2020_regolamentazione_lavoro_agile_periodo_15_settembre__31_dicembre_2020.pdf (Dimensioni: 485 KB, Ultima modifica: 17.09.2020)

NOTA_A_VERBALE__1_.pdf (Dimensioni: 47 KB, Ultima modifica: 17.09.2020)

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