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Nelle fabbriche si sciopera contro lo stress da calore. Il Protocollo approvato non è adeguato

I lavoratori della Emmegi di Cassano d’Adda, in provincia di Milano, sono tornati a scioperare per protestare contro le condizioni di lavoro all’interno dei capannoni della fabbrica dove si registrerebbero fino a 36,5 gradi. Le proteste contro lo stress termico nei capannoni avevano visto un primo sciopero davanti all’azienda mercoledì 2 luglio.

Nei giorni scorsi avevano scioperato anche i lavoratori di due fabbriche metalmeccaniche – la  Argo Tractors e la Nexion (ex Corghi). Giovedì hanno scioperato per 4 ore decine di operai dei due stabilimenti della Argo Tractors di Fabbrico, quello principale e quello che produce le cabine per trattori, oltre ai lavoratori del nuovo stabilimento di Campagnola. In totale il gruppo, che ha 6 stabilimenti, conta circa 1.500 dipendenti.

Nello stesso giorno hanno scioperato anche i lavoratori dello stabilimento di Prato di Correggio del gruppo Nexion, la ex Corghi.

La Usb il 27 giugno ha inviato al Ministero del lavoro un contributo che riconosce un ruolo decisivo ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza per intervenire tempestivamente sui luoghi di lavoro in occasione delle giornate a bollino rosso per il calore.

Il documento dà indicazioni concrete e di facile attuazione, per permettere in particolare agli Rls e delegati, di effettuare una rapida valutazione del rischio e richiedere al datore di lavoro l’adozione di misure efficaci per la prevenzione-protezione dei lavoratori dal rischio da stress termico.

Ma, all’incontro tenutosi il 2 luglio al ministero del Lavoro, Usb non è stata invitata ed il contributo inviato non è stato recepito nel Protocollo Quadro.

Un Protocollo Quadro cosi generico, non avrà effetti concreti nei luoghi di lavoro, dimostra l’assenza di volontà, da parte di Ministero, Cgil-Cisl-Uil ed Associazioni datoriali, di adottare misure efficaci per la prevenzione dei rischi per la salute dei lavoratori” – denuncia Usb in un comunicato – “questo perché l’adozione di misure di prevenzione ha un costo, che i datori di lavoro non vogliono pagare rinunciando ad una parte di profitti”.

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