In quell’istituto lavorano infatti persone di grande spessore scientifico, ma la direzione ha sempre il problema di non esagerare con le cattive notizie, perché deve tener conto del governo (che nomina il presidente, spesso persona con grande curriculum, altre volte molto meno).
Comunque i dati sono questa volta chiari: i salari sono – nel migliore dei casi – fermi. E di rinnovi contrattuali non se ne fanno più (di quelli “veri”, almeno). Le conseguenze sono così evidenti che sembra inutile parlarne: anche al netto di disoccupati, precari e intermittenti, chi lavora non può più mantenere il livello di vita che si era conquistato.
Le retribuzioni contrattuali orarie continuano a restare ferme nel confronto mensile, registrando a luglio una variazione nulla rispetto a giugno, mentre segnano un incremento dell’1,7% rispetto a luglio 2010. Lo comunica l’Istat. L’inflazione a luglio si è attestata al +2,7% annuo. Il rialzo tendenziale delle retribuzione rimane, dunque, inferiore a quello dei prezzi al consumo.
A fronte di un aumento tendenziale medio delle retribuzioni pari all’1,7%, i settori che presentano gli incrementi più elevati sono: militari-difesa (3,7%), forze dell’ordine (3,5%) e attività dei vigili del fuoco (3,1%). Si registrano, invece, variazioni nulle per ministeri, regioni e autonomie locali, servizio sanitario nazionale e scuola,in conseguenza del blocco della contrattazione nella Pubblica amministrazione. A luglio, sottolinea inoltre l’Istat, sono stati rinnovati due accordi riguardanti i dipendenti delle aziende municipalizzate del servizio smaltimento rifiuti ed i giornalisti. Nessun accordo è scaduto nel mese.
Alla fine di luglio risultano in attesa di rinnovo 32 accordi, relativi a circa 4,3 milioni di dipendenti. Lo rileva l’Istat, spiegando che sono invece in vigore 46 contratti che regolano il trattamento economico di 8,7 milioni di dipendenti: ad essi corrisponde il 61,6% del monte retributivo complessivo ed il 66,8% degli occupati dipendenti. Tornando a guardare i dipendenti in attesa di rinnovo contrattuale, tale quota rappresenta il 33,2%, in diminuzione sia rispetto al mese precedente (33,6%) sia rispetto ad un anno prima (36,2%). In media l’attesa per i lavoratori con contratto scaduto è di 19,4 mesi (in deciso aumento rispetto a luglio 2010, quando risultavano 13). Sono scaduti (da gennaio 2010) tutti i contratti della Pubblica amministrazione,
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