Il giorno dopo la “manovra congiunta” insieme ad altre 5 grandi banche centrali, che ha ridato fiato sia al mercato azionario globale che – soprattutto – a quello dei titoli di stato di molti paesi, la Bce resta ancora l’unico soggetto in grado di dare “certezze” relative. Ma Mario Draghi espone la sua visione a un’aula del Parlamento europeo desolantemente vuota.
Un “baluardo”, è stato definito. Pericolosamente solitario…
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Ancora una volta Draghi ha difeso l’operato della Bce (che si deve muovere seguendo un sentiero definito dalla legge istitutiva) e ha scaricato tutte le responsabilità del disordine attuale sulla politica. Per molti osservatori quello tracciato da Draghi è stato un quadro a tinte fosche. In particolare ha sostenuto che seguitano a crescere le tensioni dei mercati «intensificate con ricadute molto avverse su fiducia e finanza». E, di conseguenza salgono anche i rischi a carico dell’attività economica e quelli di un possibile rallentamento dell’economia. Insomma, anche la Bce vede la possibilità che nei prossimi mesi la zona euro cada in recessione. Il grado di attività economica «è debole e in questo contesto, la Bce ha deciso di ridurre i tassi di interesse di 25 punti base all’inizio di novembre 2011». Per il presidente dell’Eurotower le «disfunzionalità sui mercati dei titoli di Stato in diversi Paesi ostacolano la politica monetaria unica nell’area» con un impatto negativo sui prestiti a imprese e famiglie. «I governi devono – ha sottolineato – individualmente e collettivamente, ripristinare la credibilità nei confronti dei mercati finanziari».
Secondo Draghi, la Bce è «l’ultimo baluardo dell’unione monetaria». Al tempo stesso ha lanciato un avvertimento: il programma di Francoforte per l’acquisto di bond di paesi della zona euro in difficoltà – le misure standard – «sarà limitato» nel tempo. E lo ha ripetuto: «lo dico chiaramente non sarà eterno. Non sarà infinito».
Eppure, molti paesi ultimamente hanno varato manovre correttive, ma sembra che non abbiano prodotto alcun effetto, se non quello di frenare ulteriormente la crescita. Perché? Draghi non ha fornito una risposta soddisfacente. Si è limitato a affermare che le misure anticrisi messe a punto dai governi dei Paesi più esposti, «non hanno avuto finora molti effetti sulla fragilità dei mercati finanziari». Probabilmente la causa è che i paesi si sono mossi in ordine sparso. Per questo Draghi ha proposto un nuovo «patto di bilancio» che completi con regole e impegni di politica di bilancio comuni agli stati dell’Eurozona la politica monetaria centralizzata condotta dalla Bce. Draghi ha definito questo patto Fiscal compact e ha sostenuto che sarebbe «l’elemento più importante per cominciare a ripristinare la credibilità» sui mercati finanziari. Inoltre il neo presidente della Bce ha affermato che quasi sicuramente «non va escluso un cambiamento dei trattati».
Nel corso del dibattito seguito al suo intervento, Draghi ha indicato alcuni «pilastri» necessari a rafforzare l’area dell’euro. E ha specificato che il «primo pilastro» degli interventi necessari è la ridefinizione di nuove regole di bilancio. Ovvero: «i governi devono ridisegnare nuove regole fiscali. Serve un nuovo accordo su questo e i prossimi giorni saranno cruciali per il completamento dell’architettura» della zona euro, ha detto riferendosi al summit europeo della settimana prossima chiamato a rafforzare la governance economica di Eurolandia. «Bisogna ripristinare la fiducia sul lungo termine», ha sottolineato. Il «secondo pilastro» coinvolge il fondo salva-stati Ue, l’European financial stability fund, su cui «servono altri passi avanti». Il «terzo pilastro riguarda infine la risposta da parte dei singoli governi. Oggi i paesi sono sul binario ma adesso bisogna vedere i risultati».
Per quanto riguarda la Bce, Draghi ha respinto tutte le pressione sull’azione della banca centrale. Affermando: «Deve fare di piu? Deve fare di meno? La Bce può agire solo nel quadro del Trattato e ciò che è importante non è l’ammontare della liquidità, ma è importante che la liquidità circoli, per questo la Bce si è mossa per riparare il circuito del flusso del credito a beneficio dell’economia reale e delle imprese in particolare per le piccole e medie».
La prima notizia clamorosa è arrivata dalla Gran Bretagna: Mervyn King, governatore della Banca d’Inghilterra ha avvertito oggi che, anche se l’intervento concertato di sei banche centrali sembra avere temporaneamente placato i mercati, «i governi devono ancora affrontare le cause scatenanti» della crisi. Vista la situazione, King consiglia le banche britanniche a prepararsi al più presto all’eventualità di un crollo dell’eurozona e già nei prossimi mesi devono aumentare le riserve di capitale per rafforzare i baluardi contro l’indebolimento dell’economia e gli effetti della crisi.
A proposito di recessione, un grido d’allarme è arrivato anche dalla Goldman Sachs. Secondo la banca d’affari, «le possibilità di sviluppi più caotici, come il crollo dell’euro, sebbene ancora minori, sono cresciute». E per la zona euro la banca d’affari prevede per il 2012 «una contrazione dello 0,8%». Inoltre, Fitch ha puntato ancora i riflettori sui paesi a rischio declassamento, spiegando che i rating più a rischio in Europa sono quelli di Italia e Spagna, ma la Francia potrebbe subire un downgrade, se la situazione dovesse peggiorare.
Le notizie contrastanti arrivate dagli Usa che hanno condizionato i listini azionari hanno riguardato l’occupazione e la crescita dell’attività manifatturiera. Negativo (a quota 402 mila) il dato sulle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione nell’ultima settimana. C’è da dire, tuttavia, che i dati complessivi sull’andamento dell’occupazione in novembre dovrebbero registrare un saldo largamente positivo: circa 200 mila muovi posti di lavoro creati nel mese.
Tornando alle borse, i listini del vecchio continente, come accennato, hanno cambiato più volte direzione, in un mercato che, come i trader ripetono da giorni, è ormai «news driven», guidato cioè dalle notizie, soprattutto a livello macro e non dai fondamentali. Le borse hanno chiuso in negativo dopo quattro giorni di forti rialzi, in cui Francoforte, oggi la peggiore (-0,87%), ha guadagnato oltre il 12%, Parigi l’11,7% (oggi -0,78%), Milano il 9,6% (il Mib ha chiuso con un -0,16%), Madrid il 9,5% (-0,34%) e Londra il 7,3% (-0,24%). I timori su un aumento della crisi del debito, il rallentamento dell’economia cinese e le dichiarazioni «caute», anzi pessimiste del presidente della Bce, Mario Draghi, hanno compensato il buon esito delle aste di titoli del debito pubblico in Francia e Spagna. Un dato positivo è arrivato sul fronte degli spread. Ha chiuso in forte calo lo spread tra il Btp decennale e l’equivalente bund tedesco. Il differenziale di rendimento scende sotto i 450 punti a 447,3 dai 474 di ieri. Mentre il tasso sul titolo italiano è scivolato sotto la soglia critica del 7% al 6,65%.
Dal Corriere della sera
Sarkozy: l’Europa rischia la fine, ora le nuove regole
Stefano Montefiori
Nicolas Sarkozy vuole «un nuovo Trattato per una nuova Europa» perché quella di oggi «rischia di essere spazzata via». Lunedì il presidente francese accoglierà a Parigi la cancelliera Angela Merkel: i due leader dell’asse franco-tedesco presenteranno le loro proposte per salvare l’euro e il continente, pochi giorni prima del cruciale vertice di Berlino dell’8 e 9 dicembre.
«La paura è tornata», esordisce Nicolas Sarkozy davanti ai cinquemila dello Zénith Oméga, il palazzetto che già ospitò i concerti di Johnny Halliday e Depeche Mode e che ieri è stato teatro del grande discorso presidenziale sulla Francia e l’Europa. Cinquantadue minuti, otto enormi tricolori e una piccola bandiera europea sul palco per convincere che «senza arroganza, ma neanche esitazioni» la Francia farà il necessario per portare se stessa e l’Europa fuori dalla crisi. «La paura è tornata», ripete più volte Sarkozy, e quindi uno dei suoi slogan storici — «Lavorare di più per guadagnare di più» — va adeguato ai tempi magri. «Tra guadagnare di meno e lavorare di più, sono convinto che la seconda soluzione sia preferibile», dice il presidente. Non è la stessa cosa rispetto a uno dei motti che gli fecero vincere le elezioni nel 2007, ma Sarkozy si giustifica ripetendo che «la situazione è cambiata, e io ho scelto di dire ai francesi la verità».
E il presidente delle grandi occasioni, che ha fatto venire a Tolone pullman interi di militanti Ump per riempire la sala salvo poi chiedere che i poco eleganti automezzi non venissero ripresi dalle telecamere. Sarkozy è in piena — benché non ufficiale — campagna elettorale per il voto della primavera prossima, ma durante il discorso non pronuncerà una sola volta né il nome del suo partito né dell’opposizione, né userà mai i termini «destra» o «sinistra». In sala, neanche una bandiera di parte. Sarkozy parla in qualità di capo di Stato, e di protagonista — assieme alla Merkel — delle manovre dell’ultima ora per salvare la moneta unica «e con essa l’Europa intera». Dei contrasti con la cancelliera sul ruolo della Bce non parla, se non concedendo che «ognuno ha la sua storia, ognuno ha le sue ferite. Quando parliamo della moneta, la Germania si ricorda della sua storia. Dobbiamo comprenderla e rispettarla». In sostanza, Berlino non vuole che la Banca centrale si metta a stampare denaro come in passato ha fatto la Federal Reserve americana e come vorrebbe Parigi, e Sarkozy non può che adeguarsi.
Le misure concrete sono —quanto alla Francia — la convocazione a gennaio di un summit con tutte le parti sociali per rilanciare il lavoro e il potere d’acquisto e — quanto all’Europa — la volontà di allargare i campi in cui le decisioni delle istituzioni comunitarie vengano prese a maggioranza qualificata. Sarkozy rilancia poi l’idea di un «Fondo monetario europeo» che assista i Paesi in difficoltà, proclamando ai francesi — perché i mercati intendano — che «tutti i Paesi della zona euro saranno solidali gli uni con gli altri, ciò che è stato fatto perla Grecia, in un contesto molto particolare, non capiterà più, nessuno Stato della zona euro verrà lasciato in default», sia pure parziale. Sarkozy ha citato l’Italia una sola volta, assieme a Spagna, Portogallo, Irlanda e Grecia, in un passaggio cancellato dalla versione ufficiale del discorso (vedi Elysée.fr), nel quale ha ricordato che — a differenza della Francia — quei Paesi «sono stati obbligati ad abbassare i salari». Il presidente ha chiesto ai francesi di «rispondere alla crisi con il lavoro, lo sforzo e il controllo delle spese». Quanto ai partner europei, oggi incontrerà a Parigi il premier britannico David Cameron (che però non fa parte dell’euro) e, come si è detto, vedrà la Merkel lunedì, lo stesso giorno in cui in Italia il presidente del Consiglio Mario Monti presenterà la nuova attesa manovra economica. Per Sarkozy non è il momento di cedere nuove porzioni di sovranità a Bruxelles, l’Europa può procedere a colpi di accordi tra governi. «Maastricht si è dimostrato imperfetto — ha detto Sarkozy —, bisogna rifondare lo spazio Schengen e rifondare l’Europa». Tre anni fa, sullo stesso palco di Tolone, il presidente francese aveva evocato «la rifondazione del capitalismo».
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da Il Sole 24 Ore
Draghi: Bce pronta a fare la sua parte
Beda Romano
BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea, ha esortato i Paesi dell’Unione a mettere a punto rapidamente «un nuovo contratto» di finanza pubblica. In cambio, il banchiere centrale – preoccupato anche dalla crisi economica – ha aperto la porta a nuove misure per stabilizzare i mercati, dando l’impressione di tracciare i contorni di una possibile intesa per evitare il tracollo della zona euro.
«Credo che la nostra unione economica e monetaria abbia bisogno di un nuovo contratto di finanza pubblica (fiscal compact, in inglese) – una riscrittura fondamentale delle regole di bilancio da associare agli impegni dei Paesi della zona euro» in questo campo, ha detto Draghi nella sua prima audizione dinanzi al Parlamento europeo a Bruxelles dopo il suo insediamento il 1° novembre.
«Ci potrebbero chiedere – ha proseguito Draghi – se un accordo di finanza pubblica sarebbe abbastanza per stabilizzare i mercati e come una visione credibile di lungo termine possa essere di aiuto nel breve periodo. Rispondiamo che ai nostri occhi è chiaramente l’elemento più importante per iniziare a restaurare credibilità. Altri elementi potrebbero seguire, ma la sequenza è importante».
Quest’ultimo aspetto è cruciale. Da settimane ormai le speranze di molti nella zona euro è che la Bce possa calmare i mercati, acquistando debito pubblico più di quanto non stia già facendo. Nella sua audizione davanti a un’aula desolatamente vuota, Draghi ha spiegato che l’istituto «può agire nell’ambito dei Trattati, ma non gli può essere chiesto di andare oltre i Trattati», anche se non ha escluso l’ipotesi di una loro modifica.
Prevale l’idea che i testi lascino un certo margine alla Bce fin tanto che l’obiettivo dell’istituzione nell’agire sui mercati è di proteggere la stabilità finanziaria della zona euro o garantire una buona trasmissione della politica monetaria. La Bce è pronta probabilmente a fare di più purché sia sicura che un «nuovo contratto» di finanza pubblica preveda un controllo europeo e indipendente sui bilanci nazionali.
L’espressione fiscal compact non è banale. Draghi non lo ha detto, ma è probabile che il suo pensiero corra ad Alexander Hamilton (1755-1804), primo segretario al Tesoro degli Stati Uniti, che alla vigilia della rivoluzione americana del 1776 aveva promosso l’idea di un voluntary compact, di un accordo volontario, tra governati e governanti. Il riferimento indiretto è tanto elegante quanto significativo.
Il futuro ruolo della Bce è legata ad accese trattative tra gli Stati membri in vista del Consiglio europeo dell’8-9 dicembre. La Germania si è detta pronta a «una riduzione della sua sovranità» pur di costruire un nuovo assetto istituzionale, che rafforzi la disciplina dei conti pubblici e l’integrazione dell’Unione. La Francia appare invece più restia a trasferire poteri a istituzioni sovranazionali.
Il presidente della Bce ha tracciato un compromesso tra l’urgenza del breve termine e gli impegni di lungo periodo. La banca è pronta a giocare un ruolo, a precise condizioni. Negli ultimi giorni alcuni Paesi, finora preoccupati da una monetizzazione del debito, hanno rivisto la loro opposizione a un ruolo maggiore della Bce. Intanto sul fronte economico, Draghi è sembrato confermare le attese per un nuovo taglio dei tassi. «I rischi al ribasso per l’economia sono aumentati», ha avvertito, a una settimana dalla riunione del consiglio direttivo. «La politica monetaria della Bce è costantemente guidata dall’obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi nel medio termine – e questo vale per la stabilità dei prezzi nelle due direzioni», al ribasso e al rialzo. Il tasso di riferimento è oggi all’1,25 per cento.
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