Ogni guerra in Medio Oriente ha sempre lo stesso effetto: far decollare il prezzo del greggio. La Siria aveva una produzione petrolifera minima, una frazione infinitesima della produzione globale. E non possiede riserve particolarmente appetibili.
Ma a preoccupare “i mercati” è l’inevitabile effetto domino che ogni guerra in quell’area scatena. Cambiano i protagonisti, alcuni interessi vincono e altri perdono, ma aumenta anche il rischio – la certezza – di squilibri che porranno problemai seri alla continuità dei rifornimenti di greggio per i paesi più industrializzati. Aggiungiamoci anche un pizzico di speculazione, ed ecco che il decollo dei prezzi è servito.
Nella notte il West Texas Intermediate (Wti) con consegna a ottobre è salito sopra quota 112 dollari al barile, il massimo da maggio 2011. Anche le quotazioni del Brent (sempre con consegna a ottobre) hanno preso il volo, superando i 115 dollari al barile. Secondo diverse società che sfornano analisi in tempo reale, l’annuncio di una guerra ad Assad potrebbe far salire ancora le quotazioni di 5-10 dollari, per arrivare anche a quota 150 dollari in caso di interruzione degli approvvigionamenti, come accaduto in Iraq.
Ma non è solo il greggio a crescere. L’oro è risalito sopra quota 1400 dollari l’oncia, i massimi dallo scorso giugno.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa