C’è un solo perdente sicuro, in questa gestione criminale della crisi: l’occupazione. I dati pubblicati dall’Istat stamattina lo confermano in pieno, con numeri che vanno molto al di là delle stime come sempre più “ottimistiche” del governo (di quello Letta, in questo caso; peraltro incapace di prevedere persino la propria disoccupazione di lì a pochi giorni).
Nella media del 2013 – certifica l’istituto nazionale di statistica – l’occupazione è diminuita di 478.000 unità (-2,1%). La riduzione rimane come sempre più forte nelle regioni meridionali (-4,6%, pari a -282.000 unità).
A pagare di più sono ancora una volta gli uomini (-2,6%, pari a -350 mila), ma anche l’occupazione femminile torna a ridursi (-1,4%, pari a -128 mila).
Nonostante tutte le chiacchiere dei governi e le leggi fatte per “incentivarne” l’impiego, i giovani continuano a perdere terreno. La discesa del numero degli occupati riguarda infatti soprattutto i 15-34enni e i 35-49enni (rispettivamente -482.000 unità e -235.000 unità), cui si contrappone la parziale crescita degli occupati con almeno 50 anni (+239.000 unità). Banalmente, le imprese sono in media “poco innovative”, e quindi ricercano soprattutto manodopera con esperienza specifica, impiegabile produttivamente fin da subito, senza periodi più o meno lunghi di apprendistato. E le numerose chiusure di aziende, anche medio-grandi, ha messo in circolazione un numero spropositato di “lavoratori anziani” ma con le “mani d’oro”. Paradossi di un modello produttivo con la testa rivolta al passato. Ma la colpa di chi è? A noi sembra chiaro: delle imprese.
Il tasso di occupazione si attesta così al 55,6%, 1,1 punti percentuali al di sotto del 2012. La riduzione dell’indicatore riguarda entrambe le componenti di genere e tutte le ripartizioni, specie il Mezzogiorno.
L’occupazione straniera aumenta in misura molto contenuta (appena +22.000 unità), ma il tasso di occupazione in questo segmento scende dal 60,6% del 2012 all’attuale 58,1%; la diminuzione interessa sia gli uomini (dal 71,5% al 67,9%) sia le donne (dal 50,8% al 49,3%).
Il calo dell’occupazione interessa tutti i segmenti del mercato del lavoro: i dipendenti a tempo indeterminato (-190.000 unità, pari a -1,3%), i dipendenti a termine (-146.000, pari a -6,1%) e gli indipendenti (-143.000 unità, pari a -2,5%). Non dipende dunque neppure dalle forme contrattuali. Il che delegittima radicalmente il piagnisteo di Confindustria, che pretende un ulteriore e radicalissima precarizzazione del lavoro. L’ultimo dato – relativo agli “indipendenti” – certifica che neanche il “mettersi in proprio” è puù una soluzione.
Nell’industria in senso stretto prosegue la contrazione dell’occupazione, con un calo di 89.000 unità (-1,9%) che coinvolge il Nord e il Mezzogiorno e soprattutto le imprese di medie e grandi dimensioni. Si accentua la flessione nelle costruzioni (-163.000 mila unità, pari a -9,3%), diffusa in tutte le ripartizioni e, in particolare, nel Mezzogiorno. Qui la crisi del settore immobiliare, con il sostanziale blocco delle compravendite, specie di abitazioni nuove, si è fatta sentire con particolare forza.
Nella media del 2013, l’occupazione si riduce anche nel terziario, con un calo di 191.000 unità (pari a -1,2%). A fronte della sostenuta riduzione degli occupati nei servizi generali dell’amministrazione pubblica e nel commercio, i servizi alle imprese e alle famiglie manifestano un incremento di occupazione.
Alla nuova discesa dell’occupazione a tempo pieno (-586.000 unità, pari a -3,1%), si associa un nuovo incremento di quella a tempo parziale (108.000 unità, pari a +2,8%). L’incidenza di quanti svolgono part time involontario sale dal 57,4% del 2012 al 61,6% del 2013.
A gennaio 2014, dunque, gli occupati sono 22 milioni 259 mila, sostanzialmente invariati rispetto al mese precedente, ma in sensibile diminuzione (l’1,5%) su base annua (-330 mila).
Il tasso di occupazione, pari al 55,3%, diminuisce di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,7 punti rispetto a dodici mesi prima.
Il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 293 mila, aumenta dell’1,9% rispetto al mese precedente (+60 mila) e dell’8,6% su base annua (+260 mila).
Il tasso di disoccupazione è pertanto pari al 12,9%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,1 punti nei dodici mesi.
I disoccupati tra i 15 e i 24 anni sono 690 mila. L’incidenza dei disoccupati di 15-24 anni sulla popolazione in questa fascia di età è pari all’11,5%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,8 punti su base annua. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 42,4%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,0 punti nel confronto tendenziale.
Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuisce dello 0,3% rispetto al mese precedente (-45 mila unità) e dello 0,1% rispetto a dodici mesi prima (-9 mila). Il tasso di inattività si attesta al 36,4%, in calo di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali ma in aumento di 0,1 punti su base annua. Come ricordiamo spesso, non c’è una vera contraddizione tra l’aumento dei disoccupati e la diminuzione degli “inattivi”. Il conteggio è infatti relativo all’intera platea degli individui considerati “in età lavorativa”, e anno dopo anno il numero degli anziani che “escono” dal calcolo è superiore a quello dei “nuovi giovani potenzialmente lavoratori” che vi entrano.
I rapporti completi dell’Istat:
Occupati_e_disoccupati_mensili_-_28_feb_2014_-_Testo_integrale.pdf402.02 KB
Anno_2013_Dati_Provinciali.xls412.5 KB
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