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L’industria del continente condanna le politiche dell’Unione Europea

E per fortuna che la luce in fondo al tunnel era vicina per tutti. Per non dire che “tagliando la spesa si diventa più competitivi e si fa la crescita”…

La produzione industriale europea ha smesso di fermarsi. Anzi, ha messo direttamente la marcia indietro. A maggio c’è stato un calo secco dell’1,1%, sia nell’eurozona che in tutta l’Ue a 28 paesi.

Anche se su base annua la tendenza si mostra ancora positiva (+0,5% per i paesi della moneta unica e +1,1% per tutti i 28), la ripresa dell’attività industriale non avanza affatto.

Nei primi cinque mesi del 2014, nella zona euro compare per la seconda volta  il segno meno dopo il -0,4% di marzo, a fronte di aumenti piuttosto timidi dello 0,1% di gennaio e febbraio, e poi dello 0,7% di aprile.

Stesso discorso per l’Ue a 28 paesi, che ha però resistito leggermente meglio, grazie naturalmente ai paesi che non hanno ancora adottato la moneta unica e non subiscono, periò, il danno competitivo di un cambio esagerato, senza giustificazioni economiche valide. 

L’Italia – come del resto già anticipato dall’Istat – arranca dietro l’eurozona, con dati che fanno temere per il pil proiettando lo spettro di una nuova recessione. A maggio Eurostat ha infatti registrato un calo leggermente superiore a quello della media dell’eurozona, -1,2%, dopo +0,5% di aprile, -0,4% di marzo, -0,5% di febbraio e +1% di gennaio. E su base annua il dato è ancora più preoccupante: a fronte di un’eurozona e un’Ue sempre in territorio positivo, l’Italia è scesa due volte sotto la linea rossa, la prima a marzo con -0,1% e ora a maggio con -1,8%. Per il governo Renzi si avvicina dunque il momento in cui le chiacchiere non riusciranno più a coprire il disastro.

Il panorama europeo resta pesante peer tutti i principali paesi: a maggio – rispetto ai dati di aprile –  crollano anche Germania (-1,4%), Francia (-1,3%), Spagna (-0,9%), Polonia (-1,5%) sino ai record negativi di Portogallo (-3,6%), Svezia (-3,2%) e Danimarca (-2,1%).

I dati restano moderatamente positivi solo se si prende in considerazione il consuntivo degli ultimi dodici mesi. Germania, Spagna, Polonia e Gran Bretagna possono sentirsi meno peggio degli altri, ma va considerata la tendenza negativa fattasi più forte negli ultimi mesi.

Crollano invece anche su base annuale la Francia e le ex virtuosissime Olanda e Finlandia (rispettivamente -4,2%, -1,9% e -2,9%).Segno che nemmeno i maestri del “rigore” sono stati in grado di fare un gol.

A spingere sull’acceleratore i paesi dell’Est, con Romania, Lituania e Ungheria (rispettivamente +15%, +10,2% e +9,5% su base annua).Ma non vale, loro non hanno l’euro (ancora…)

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