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La truffa delle banche, agevolata dagli “arbitri”

Con invidiabile tempismo, ieri mattina, il presidente della Consob, l’ex berlusconiano Giuseppe Vegas, ha assolto Banca Etruria e le altre banche fallite, che avevano sbolognato ai clienti più inconsapevoli i famosi “bond subordinati” trasformatisi – col falimento – in carta straccia. Secondo la sua ricostruzione, fatta durante l’incontro annuale “col mercato” (sorvoliamo sui protagonisti…), I prospetti e i supplementi informativi che accompagnavano le emissioni «erano stati redatti nel rispetto delle regole di trasparenza previste dalle norme sul prospetto informativo».

«I prospetti in questione – questa l’analisi – hanno dato massima evidenza a tutti i fattori di rischio connessi alla complessità degli strumenti e alla situazione in cui versavano le banche. Essi specificavano che l’investitore avrebbe potuto perdere l’intero capitale investito in caso di liquidazione o di procedure concorsuali. Questi elementi sono stati inseriti nella parte relativa ai fattori di rischio e, nei casi più significativi, sono stati ripresi e sintetizzati nella prima pagina dei prospetti, nella sezione denominata “avvertenze per l’investitore”. Le vicende relative alla liquidazione delle quattro banche non mettono in discussione la validità di fondo dei modelli di vigilanza sulla prestazione dei servizi d’investimento».

Tutto bene, insomma. Le banche avevano avvertito “gli investitori” scrivendo sui prospetti che quelli erano prodotti rischiosi. Quindi chi li ha comprati e ha perso tutto ha semplicemente sbagliato l’investimento, non ha ragione di lamentarsi.

Mentre lui teneva questa brillante dissertazione su quanto sia giusti e inevitabile turlupinare i clienti da parte delle banche, la Guardia di Finanza entrava ancora una volta in Banca Etruria, attualmente in liquidazione coatta amministrativa, per un’altra serie di perquisizioni. Che hanno portato all’acquisizione della circolare della direzione generale dell’istituto – inviata per mail a tutti i dipendenti – che ordinava di vendere obbligazioni subordinate anche ai piccoli risparmiatori e non solo, come avrebbero dovuto, ai clienti «istituzionali» (quelli che lo fanno di mestiere, e dunque conoscono a menadito gli arcani dei prospetti informativi).

E questo non nel momento di panico che precede il fallimento, ma prima ancora di decidere l’emissione delle obbligazioni incriminate. Dalle perquisizioni emerge una vera e propria «cabina di regia» incaricata di premere ogni singolo impiegato agli sportelli perché solognasse la massima quantità di obbligazioni spazzatura anche ai clienti che «non avevano un profilo finanziario adeguato».

Uno dei documenti descriveva per filo e per segno il comportamento da tenere con i clienti dubbiosi, suggerendo risposte rassicuranti o evasive. Tanto che i due dirigenti responsabili del “suggerimento” sono ora accusati anche di truffa aggravata. In pratica, secondo la ricostruzione degli inquirenti, Banca Etruria ha deciso a tavolino di indire un’emissione di titoli spazzatura destinata ai clienti “deboli”; ovvero quelli che per età, ignoranza finanziaria, storico rapporto di fiducia con l’istituto, sarebbe stato più facile raggirare. O, come si dice, in gergo, «la sottoscrizione» è stata «rivolta a una clientela retail e non a quella professionale», che avrebbe fiutato il bidone in due secondi netti.

La Procura di Arezzo spiega d’altronde che «gli investimenti in subordinate, su proposta dei responsabili d’area e degli uffici territoriali, sono stati prospettati a vari clienti come investimento sicuro e analogo a quelli in obbligazioni ordinarie e titoli di Stato. Talvolta, il cliente è stato addirittura spinto a effettuare il disinvestimento di operazioni a capitale garantito per favorire l’acquisto delle obbligazioni subordinate, che gli era stato proposto come una promozione della banca rivolta ai propri clienti migliori, ma che doveva essere sottoscritto in tempi brevissimi».

Sembra davvero difficile che il presidente della Consob fosse ignaro di questi sviluppi dell’indagine giudiziaria. E dunque “l’assoluzione” delle quattro banche risulta decisamente gravissima. Un vero incitamento alla truffa sistematica.

Ma, appunto, per evitare di dare questa impressione a tutti – anche a chi è a digiuno di “cultura finanziaria” – lo stesso Vegas ha annunciato tre novità regolamentari, da sottoporre alla consultazione dei “soggetti di mercato”, tra cui le “schede prodotto” contenente le caratteristiche essenziali degli strumenti offerti. «Il punto di svolta per la trasparenza è l’informazione chiave – spiega Vegas – perché un eccesso di informazioni equivale quasi sempre a una carenza di informazioni».

In buona sostanza resta decisamente fuori dell’orizzonte del “regolatore” il gap informativo tra banche e clienti retail, ovvero comuni cittadini senza particolari competenze in materia. Continuare a far finta che basti scrivere un po’ di “caratteristiche del prodotto finanziario” per annullare questo scarto tra chi maneggia professionalmente il business (al punto da creare egli stesso i “prodotti”) e il cliente-tipo, quasi sempre obbligato ad avere un conto in banca, è una vera presa in giro. I casi emersi nel fallimento delle quattro banche, infatti, rivelano una pratica quotidiana che prescinde quasi totalmente dalla “lettura dei prospetti”, scritti in modo tecnico, dunque incomprensibile a chi non è del mestriere. Un modo fatto di rapporti fiduciari, addirittura di “affidamento” totale in caso di clienti anziani e con bassa scolarità, cui vengono – sì – consegnati quintali di carte dove in teoria c’è scirtto tutto, ma che accettano o no in base alla relazione pluridecennale con quella banca. Specie nei paesi di provincia, in cui spesso c’è un solo sportello.

Con invidiabile tempismo, insomma, Vegas ci conferma che i presunti “regolatori” del sistema bancario e del mercato finanziario sono in realtà i migliori complici dell’espropriazione dei più deboli. Presunti arbitri, col fischietto biforcuto…

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