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Le pericolose commistioni tra Ministero dell’Economia e la società Ernst&Young

Ci sono notizie che, talvolta, valgono più di mille ragionamenti perché ci consegnano chiaramente l’immagine di un paese che ha totalmente ceduto la sua sovranità ed esternalizzato il potere decisionale nelle mani delle multinazionali e, più in generale, delle elite  finanziarie.

La vicenda balzata recentemente agli onori della cronaca, riguarda Susanna Masi, una consigliera del Mef (e dal 2015 anche di Equitalia), in precedenza al servizio della Ernst&Young, una potentissima società che fornisce consulenza in materia fiscale per banche, multinazionali e facoltosissimi clienti, al fine di far conseguire loro vantaggi di imposta, naturalmente aggirando la normativa fiscale.

Entrata al MEF con il governo Monti nel 2012, in qualità di consigliera del Ministro, e poi confermata in tutti i successivi governi, secondo la Procura di Milano avrebbe trasmesso, dietro profumato compenso, ad Ernst & Young, suo precedente, ma a quanto dicono le indagini ancora attuale datore di lavoro,  notizie riservate, e si sarebbe resa  disponibile per proporre modifiche normative favorevoli ai clienti della potentissima multinazionale.

In attesa che le indagini facciano il loro corso, come si dice in questi casi, ed al di là della specifica questione, la vicenda ripropone, comunque, una gigantesca questione politica: l’abbattimento della separazione tra servizio pubblico ed aziende private e, conseguentemente, il livello di penetrazione dell’interesse privato nell’ambito pubblico.

Uno dei sistemi utilizzati per agevolare questa permeabilità è quello delle c.d. porte girevoli che consentono di passare disinvoltamente da ruoli di primissimo piano al servizio delle multinazionali a ruoli egualmente rilevanti in ambito pubblico.

Come fosse la stessa cosa, come se le finalità che si dovrebbero perseguire fossero le medesime.

Ed allora, in questa ottica, quale miglior garanzia per banche, finanzieri e grandi imprese di vedere riconosciute le loro istanze se non piazzare direttamente uomini o donne allevati al loro interno direttamente  nei gangli vitali della Pubblica Amministrazione?

Quanto accaduto al MEF è, in fondo, l’altra faccia di quel processo avviato decenni or sono, di  progressiva spoliazione dei governi di ogni prerogativa e ruolo distintivo in ambito pubblico: spoliazione che può manifestarsi cedendo direttamente servizi pubblici ai privati, avvalendosi delle superconsulenze delle multinazionali mentre si lasciano disperdere le competenze cresciute dentro la PA,  oppure orientando l’azione delle strutture pubbliche non al soddisfacimento degli interessi della cittadinanza, a cui dovrebbero esser naturalmente preposte,  ma dirottandole verso il profitto privato.

Un conflitto di interessi pauroso che sta consentendo alle elite finanziarie di dominare l’economia diventando una vera e propria classe che detiene il potere politico ed influenza e determina i processi  decisionali.

E così il cerchio si chiude.

Da un lato l’UE strangola i lavoratori ed in generale le fasce più deboli della popolazione con l’eterno ricatto della tenuta dei  conti pubblici, dall’altro le multinazionali ampiamente riconosciute, coccolate e rappresentate nei consessi europei,  scorazzano liberamente ed indirizzano le politiche pubbliche al soddisfacimento dei loro interessi privati.

Ecco chi detiene davvero le leve del comando in Europa.

 

 

 

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