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Brexit. Tra Beckett e mercato dei derivati

Neanche il genio di Samuel Beckett sarebbe riuscito a immaginare la vicenda della Brexit. Una vera e propria commedia dell’assurdo dove non accade nulla ma dove si concatenano colpi di scena mai risolutivi e anzi totalmente privi di significato reale. Tutto oscilla tra senso e non senso per precipitare in una inerzia dove anche il non sense perde il suo (non) significato.

Un giorno il Parlamento boccia l’accordo del Governo con la UE, il giorno dopo boccia l’ipotesi di un nuovo referendum, il giorno successivo viene bocciata anche l’ipotesi dell’uscita senza accordo. E così a ripetizione tra finti colpi di scena, richieste di rinvio, viaggi della May a Bruxelles dove però anche lì la cacofonia regna sovrana: dichiara Tusk, per essere smentito da Junker, a sua volta corretto da Barnier che però viene zittito dal commissario tal dei tali.

Non fosse morto, il vecchio Samuel, guarderebbe stupefatto e ammirato a questo incredibile capolavoro letterario scritto dalla realtà.

Eppure se concentriamo la nostra attenzione sul retroscena del teatro tutto acquista un senso: dietro la narrazione assurda e insignificante si muovono interessi molto concreti.

Senza dubbio tra questi interessi quelli della London Clearing House appaiono quelli più sostanziosi. Infatti la camera di compensazione londinese gestisce e intermedia contratti derivati per l’iperbolica cifra di tre mila miliardi di sterline al giorno. Precisamente la metà denominati in dollari e un altro quarto in euro.

Qui sta il tema fondamentale: la Esma (Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati) di stanza a Parigi ha dichiarato che consentirà alle autorità britanniche di esercitare il controllo su questo enorme mercato fino a quando queste accetteranno le regole europee della stessa Esma.

Qui nasce il problema: gli americani della Cftc (Commodities Futures Trading Commission) hanno chiarito che non sono disposti ad accettare le regole europee che di fatto imporrebbero regole europee alle banche americane. Non si tratta di una questione di orgoglio nazionale, ma di una questione che investe interessi enormi. Infatti le regole europee sui derivati sono molto più stringenti di quelle americane e britanniche improntate ad un lassez faire tipicamente anglosassone.

In buona sostanza il nodo della Brexit è tutto qui: se i britannici accettano le regole europee per il loro mercato dei derivati, perderanno probabilmente l’enorme flusso di capitali proveniente dagli USA. Se non le accettano, perderanno i flussi di capitali provenienti dall’Europa continentale e probabilmente vedranno nascere un mercato dei derivati concorrente a Parigi.

Come uscirne? I britannici vorrebbero trasformare la City in una Singapore atlantica – in un vero e proprio paradiso fiscale e legale – che accontenti e incentivi i due convitati di pietra della Brexit a rimanere a Londra. Ma ancora siamo in alto mare.

La morale della favola è facile: quando sei di fronte ad una assurda ed incomprensibile commedia guarda nel retroscena, troverai interessi molto concreti.

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