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L’Asia vola, l’Italia ignora

Il People’s Daily ha comunicato ieri che in Bangladesh, mercoledì, è stata inaugurata una fabbrica di traversine che servirà per un mega-progetto ferroviario di connessione del paese con la Cina.

Il progetto ha un valore di tre miliardi di dollari ed è finanziato da Ex Import Bank China, nell’ambito della Nuova Via della Seta. La connessione terrestre servirà in futuro ad avere collegamenti merci in vista della delocalizzazione di parti di produzione cinese in Bangladesh, così come in altre aree del Sude Est asiatico.

La Cina promuove la connessione ferroviaria, portuale, stradale – asiatica e mediorientale – per promuovere lo scambio e favorire quella strategia decisa anni fa; delocalizzare il 15% della produzione industriale cinese verso altre aree, specializzandosi all’interno in produzioni high tech, sul modello coreano.

Le connessioni avranno un effetto di industrializzazione di queste aree e contribuiranno all’aumento della produttività totale dei fattori produttivi, propedeutica alla reflazione salariale (aumento dei salari a tutti i livelli), sul modello cinese degli ultimi trent’anni.

L’Occidente è invece invischiato nel capitale produttivo di interesse, altrimenti detto finanziarizzazione dell’economia.

L’Asia, il Medio Oriente, il Mediterraneo vanno lentamente spostando l’attenzione sull’economia reale, sulla produzione industriale; in definitiva sulla creazione di neo-valore in senso marxiano.

L’accordo asiatico delle settimane scorse ha questo scopo, una divaricazione di politiche economiche tra Occidente e altre aree del Pianeta.

Questa strategia coinvolge il Mediterraneo, ma l’Italia, invece di guardare al Mare Nostrum, grazie a una classe dirigente miope e parassitaria, è aggrappata alla decadente città di Francoforte.

Il nuovo 1200 italiano si potrebbe affacciare prepontentemente, ma qui nemmeno ce ne accorgiamo.

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