Una cinquantina di donne ucraine, stamattina a Napoli, ha dato vita a un presidio contro le atrocità perpetrate nel loro Paese dal governo di Petro Poroshenko, l’ex re del cioccolato adesso reggente di un governo dalle forti venature neonaziste.
L’appuntamento è alle undici in Piazza Carità. Il luogo è in qualche modo simbolico, vi è qui infatti il monumento ai Caduti dedicato a Salvo D’Acquisto, carabiniere e martire antifascista.
E’ qui che le donne ucraine si radunano, sfidando tra l’altro un caldo infernale, mostrando i loro cartelli che crudemente ricordano le violenze contro le popolazioni civili, i massacri di Donbass, i bambini uccisi, le responsabilità di Usa e Ue e anche del Governo Italiano.
A sostenerle, gli attivisti della Rete No-War. Presidio che segue le assemblee pubbliche delle ultime settimane organizzate in successione dalla Rete dei Comunisti di Napoli, dalla Rete No-War e dalla stessa Comunità di donne ucraine.
L’urgenza, è evidente, è di rompere il silenzio dei media e le trame di menzogne che avviluppano l’informazione italiana. Invitano a guardare PandoraTv di Giulietto Chiesa, l’unica media italiano, a loro dire, in grado di riportare onestamente gli accadimenti ucraini. Denunciano a gran voce il fascismo presente attualmente nelle istituzioni e nei ministeri ucraini tramite personaggi appartenenti alle destre nazionaliste estreme o addirittura a forze che si autodefiniscono naziste.
Aggirandosi nei capannelli di donne, poi, si scoprono anche veri e propri drammi personali e familiari. Alcuni mariti o parenti delle signore in presidio infatti appoggiano il governo filo Ue, cristallizzando anche nei microcosmi sociali ed esistenziali il clima di guerra civile e fratricida. Parlando con loro è però l’ansia per i propri cari lontani che la fa da padrone, la preoccupazione per l’incolumità fisica dei parenti o amici e affetti vari. Il clima laggiù è pesante.
Parlano di Quarto Reich, di pericolo di guerra mondiale, di dannato gas dagli enormi profitti, di camere del lavoro date alle fiamme. E di vittime civili comprendenti bambini chiamati dalla propaganda di regime “ terroristi filorussi”. “ Può essere terrorista un bambino?”, mi chiede retoricamente una signora tipicamente bionda. No che non può esserlo. E forse è proprio per questo che oggi siamo qui, in questa piazza.
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gianfranco flego
spero che non siano quelle donne che all’inizio della guerra andavano in TV ha dire come loro avrebbero vinto,anche se ci avesse voluto un po più di tempo
Redazione Contropiano
Se anche lo fossero, il fatto di aver cambiato idea andrebbe apprezzato…