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Da Kabul alla val Susa, gli alpini contro i no Tav

CHIOMONTE Esercito pronto a presidiare il cantiere
 

 La voce girava da tempo: «Arriveranno pure gli alpini!». Come se carabinieri e polizia non bastassero in una Val di Susa già altamente militarizzata. Eccoli, gli alpini della Taurinense sono arrivati alla Maddalena di Chiomonte, in 150 con una quindicina di blindati, un mezzo anfibio e l’attrezzatura da missione all’estero. Si tratta del terzo battaglione Susa, di ritorno da Kabul e di stanza a Pinerolo. «Cosa facciano realmente nel fortino della Maddalena ancora non è chiaro – dicono i No Tav – sicuramente daranno man forte alla polizia che, visto l’impegno continuo, chiede riposo e ferie. In ogni caso, siamo di fronte a un’anomalia: gli alpini che occupano le Alpi contrapponendosi alle popolazioni che le abitano». I militari dell’esercito dovrebbero in un primo momento affiancare le forze di polizia, da giugno impegnate a presidiare l’area del “cantiere fantasma” del tunnel di base, tutt’altro che avviato come ha constatato in una recente visita l’europarlamentare Idv Gianni Vattimo. In un secondo tempo, potrebbero sostituire del tutto gli agenti e l’area potrebbe trasformarsi in una zona di interesse strategico nazionale, come chiedevano alcuni esponenti del Pd torinese prima dello sgombero del 27 giugno.

In una valle dove storicamente gli alpini sono tanti, trovarsi dall’altra parte della barricata militari con la penna nera, fa l’effetto di uno schiaffo. Sono «truppe di occupazione», denuncia il movimento. Anche tra le associazioni di alpini il malumore cresce, lo dimostra l’intervento di Mario Fontana, alpino No Tav: «È un atto irresponsabile utilizzarli per motivi di ordine pubblico». Se si corre indietro nel tempo, la leva obbligatoria – in un territorio “difficile” e “ribelle” come la Val di Susa o le Alpi in genere – aveva trovato nel corpo degli alpini un compromesso accettato e vissuto con orgoglio. «Essere alpino – spiega Francesco Richetto, comitato No Tav – per chi abita e vive le Alpi molto spesso è segno di onore e amore per la propria terra. Tutto questo però è cambiato da quando il servizio di leva è stato eliminato e gli arruolamenti sono diventati volontari. Ora, per lo più, sono visti come mercenari. Ma soprattutto ci chiediamo cosa stanno a fare. Lo stesso ci dovremmo domandare rispetto a quelli impiegati al mercato di Porta Palazzo a Torino».
Scrive notav.info, uno dei siti più attivi: «Non è il colore della divisa o la penna su un cappello che modifica la situazione o i livelli di resistenza. Come spontaneamente si iniziò ad urlare a Venaus, proprio da un gruppo di alpini No Tav: sarà dura!». Intanto, dopo aver incassato il sostegno del fantomatico Spider Truman («la vostra lotta è la lotta contro la corruzione, il malaffare, contro una truffa colossale perpetrata dalla vera casta, quella delle imprese, del profitto e degli affari»), i No Tav continuano il campeggio e il presidio permanente nei pressi della centrale di Chiomonte. Sabato andranno in pullman a Genova, domenica ospiteranno Haidi Giuliani in valle, per ribadire che «la lotta è unica».

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1 Commento


  • giorgio

    disgraziati. hanno mandato gli alpini contro la gente di montagna. e pensare, che il corpo e stato istituito perche, secondo il suo fondatore, un valligiano si sarebbe difeso megli vedendo la sua casa e sapendo che fa la guerra per difenderla.
    Ma non mi aspetto di meglio. Come diceva mio nonno (maresciallo della julia, reduce di grecia e russia, e partigiano della carnia libera) quando cantava “sull ponte di perati”: “quelli che l’han voluta, non ci son stati”.

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