Da dieci giorni il Quirinale chiedeva spiegazioni al Cavaliere
Il premier ora lamenta: “Il Colle vuole costringermi a litigare con la Lega”
ROMA. Prima di prendere carta e penna, il Presidente le aveva tentate tutte. Addirittura sabato, prima che a Monza andasse in scena la cerimonia dei ministeri, tramite il centralino del Quirinale aveva cercato Letta. E col braccio destro del premier Napolitano era stato di una chiarezza adamantina: un trasferimento al Nord sarebbe «fuori delle regole e dei parametri costituzionali», davvero non si può fare. Ma già prima il Capo dello Stato ne aveva parlato direttamente con Berlusconi, l’ultima volta lunedì 18 luglio, quando il Cavaliere era andato a sciorinargli una lista lunga così di candidati per la poltrona di Guardasigilli… Parole al vento, tuttavia, perché Bossi e Calderoli, con Tremonti e la Brambilla, hanno dato vita ugualmente a quella che la sinistra e un po’ di destra considerano una «pagliacciata».
Che cosa doveva fare, a quel punto, Napolitano? Far finta di niente, e magari ricevere oggi o domani Berlusconi per la nomina di Nitto Palma a ministro della Giustizia? L’uomo del Colle non è certo tipo da farsi prendere in giro. Il testo della sua lettera resta riservato. Nel comunicato ufficiale tuttavia si parla di «rilievi e motivi di preoccupazione». In che cosa consistano le preoccupazioni è facile intuire: Napolitano teme la proliferazione delle rappresentanze ministeriali, dopo il Nord anche al Sud. Una volta incrinato il principio di Roma Capitale, è come se un fiume rompesse gli argini, ogni governo aprirebbe sedi dove gli pare. Napolitano vuole impedirlo.
Poi, spiega il comunicato quirinalizio, la lettera contiene svariati «rilievi». Osservazioni di natura costituzionale. Pare che i consiglieri del Presidente, sempre così «puntigliosi» (definizione del premier), stavolta abbiano superato se stessi. Scoprendo certi mostri giuridici, tipo quello contenuto nei decreti che Calderoli e Bossi hanno emanato l’uno per l’altro, dove eleggono la Villa Reale di Monza a «sede distaccata di rappresentanza operativa» per i rispettivi ministeri. Fanno notare dalle parti del Colle: le sedi distaccate sono previste dall’ordinamento, così pure quelle di rappresentanza. Ma «distaccate», «di rappresentanza» e al contempo pure «operative» è un controsenso inaudito. Berlusconi deve chiarire subito il pasticcio. O sono sedi dove si lavora, oppure semplici salottini per ricevere gente: entrambe le cose insieme non è possibile. La Costituzione lo vieta. Napolitano si attende per le prossime ore una risposta univoca dal presidente del Consiglio.
Spostiamoci dunque dal Quirinale a Palazzo Chigi. Bonaiuti, portavoce berlusconiano, molto flautato assicura che la lettera presidenzialeè «valutata con attenzione e con grande rispetto». Né lui né Letta la prendono sottogamba, questo è sicuro. Altro atteggiamentoquello del Cavaliere. E’ tornato dalla Sardegna con un chiodo fisso, quasi una paranoia: il maxi-assegno a De Benedetti. In aereo parlava di questo, e dell’altra che gli è capitata: visto che dispone di liquidità sufficiente per risarcire l’Ingegnere, pure la servitù ora ne profitta per battere cassa. Pare che i più stretti collaboratori di Arcore, dal maggiordomo all’autista, chiedano al premier aumenti dello stipendio, molto meno lauto di quanto si pensi. Berlusconi se n’è lamentato pure con Lino Banfi, ricevuto a Palazzo Chigi subito dopo il sindaco di Napoli De Magistris (col quale Silvio ha trovato, dicono, un’intesa naturale venata di simpatia).
Diversamente dalle «vecchie zie» (Letta e Bonaiuti), il premier è tentato di snobbare la lettera del Presidente. Vi scorge un’insidia politica: Napolitano «vuole costringermi a smentire Bossi e Calderoli sui ministeri, a dire che Monza è solo una messinscena, insomma a litigare con la Lega». Disegno che il Quirinale persegue con pervicacia, secondo il Cavaliere, sin da quando Napolitano gli fece sapere che mai e poi mai avrebbe consentito il trasferimento dei ministeri in Padania per decreto-legge. Il barometro politico torna a indicare maltempo. E chi rischia di farne le spese è Nitto Palma: la sua nomina a Guardasigilli sembrava fatta. Ma prima di metterci la firma, Napolitano pretende risposte alla sua lettera. E venerdì sera il Presidente parte per le vacanze.
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L’altra capitale, Napolitano gela i ministeri del Nord e scatta la polemica
Monza, 27 luglio 2011 – Preoccupano anche il presidente Napolitano i ministeri del Nord nella Villa Reale. E le tre stanzette inaugurate sabato mattina nell’ala sud della reggia monzese dai ministri Bossi, Calderoli, Tremonti e Brambilla, come le prime sedi periferiche del Governo lontano da Roma, sono rientrate ieri anche tra i grattacapi del capo dello Stato che, a riguardo, ha inviato una lettera direttamente al Presidente del Consiglio Berlusconi.
Sui contenuti è una nota del Quirinale a indicare che la lettera presenta «rilievi e motivi di preoccupazione – si legge – sul tema, oggetto di ampio dibattito, del decentramento delle sedi dei ministeri sul territorio». Immediate le reazioni a tutti i livelli della politica. Subito tornano in mente gli allestimenti nelle tre stanzette della Villa Reale arredate più come sedi di partito della Lega Nord, che come uffici istituzionali rappresentativi delle funzioni dei ministeri dell’Economia, delle Riforme e della Semplificazione. Dove se è vero che, come da protocollo per gli uffici dello Stato, alle pareti non mancavano le foto ufficiali di Napolitano e i portabandiera col tricolore e la bandiera dell’Unione Europea, assieme c’era tutto il campionario della propaganda leghista.
In ogni stanza la foto del presidente della Repubblica sembrava compensata da una foto-icona di Bossi giovane, appesa dietro alle scrivanie, oltre al crocifisso e a un piccolo arazzo rappresentante il giuramento di Pontida. Mentre altri dettagli differenziavano gli uffici dei ministri con simboli non certo istituzionali: quello condiviso da Tremonti e Calderoli ha all’ingresso anche un quadro raffigurante «Il Carroccio», mentre sulla scrivania di Bossi c’è solo il monitor del Pc e una statuetta di Alberto da Giussano con la spada sguainata, la stessa immagine presente sulla bandiera leghista e riprodotta in un quadro in bianco e nero appeso alla parete della Villa Reale. Mentre, nella terza stanza, per ora indicata come la segreteria degli uffici ministeriali monzesi, nessun simbolo ufficiale dello Stato italiano è stato collocato quando non si è invece dimenticato di appendere dietro ognuna delle due scrivanie presenti la foto-icona del Senatùr aitante come un tempo.
Ma il sindaco Marco Mariani, leghista e referente locale dell’apertura in Villa dei tre uffici, non pensa affatto che sia stato l’arredo a destare l’attenzione di Napolitano. Quanto invece un ordinario interesse del Quirinale per le novità istituzionali nel Paese. «L’intervento del Capo dello Stato è più che legittimo – commenta il sindaco Marco Mariani -. E penso sia anche normale che si interessi di ciò che avviene e chieda al presidente del Consiglio cosa stia facendo. Sarà Berlusconi, o i ministri interessati, a rispondere». Mentre gli allestimenti di un ufficio «non mi sembra siano cose così importanti. Ognuno ci mette quello che vuole – conclude Mariani -. Per esempio nel mio di sindaco non ho messo nulla».
di Martino Agostoni
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