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Come nella vignetta di Giannelli di ieri – «destra-sinistra, destra-sinistra» contro un sacco da boxe – Mario Monti si sposta di continuo per non farsi inquadrare come «di parte».
Presentando una manovra obiettivamente «di destra», che punisce lavoratori e pensionati, presenti e futuri, giovani e anziani, ha tirato fuori dal cilindro un «cambio di linea» sulla Tobin tax. Si tratta della proposta, non nuovissima, di tassare le transazioni finanziarie. In misura peraltro modica, come suggeriva il premio Nobel per l’economia James Tobin già nel 1972 (lo 0,05 o lo 0,1%), in modo da non intralciare le normali operazioni di compravendita di titoli o azioni, generando però un introito molto interessante per gli stati che la introducono.
Nulla di «socialista», è bene dirlo. Equivale ad alzare di un millesimo il prezzo della benzina: chi va al distributore nemmeno se ne accorge. La cosa strana, semmai, è che non sia stata introdotta molto prima, visto che quasi tutti gli stati occidentali – compresi quelli che ospitano le maggiori piazze finanziarie – hanno da molto tempo problemi di debito pubblico. È così poco rivoluzionaria che il 23 gennaio verrà proposta da Sarkozy e Merkel – due premier di destra, ma vicini alla campagna elettorale – in modo complementare ad altre dello stesso tipo ora all’esame dell’Unione europea.
Parlando al Senato, Monti ha semplicemente annunciato che nel corso dell’ultimo vertice europeo aveva «notificato che l’Italia è disposta a cambiare la propria posizione». Ossia quella di Tremonti e Berlusconi, che avevano fin qui espresso una totale chiusura (ma quanti «amici» hanno le banche e le finanziarie…). Ineccepibile anche la motivazione: «è impossibile dire ‘basta tasse’» – come stavano in quel momento gridando i leghisti, con tanto di cartelli in mano – «ma è possibile allegerire il loro peso su imprese e famiglie» tramite, appunto, una qualche forma di Tobin tax.
Quasi a compensare immediatamente questo «sbilanciamento» su un argomento piuttosto «ideologizzato» nel teatrino politico italiano, Monti ha insistito sulla necessità di creare «uno strumentario più orientato alla crescita». Precisando però subito che non avverrà «finanziando in disavanzo» gli investimenti, ma con «adeguate riforme strutturali» come quelle contenute nella manovra o nella prossima «riforma del mercato del lavoro».
E qui la questione della credibilità del governo dei «professori» (o «delle banche») vacilla seriamente. In un solo mese, infatti, questo esecutivo ha fatto marcia indietro un numero molto alto di volte; e non su temi marginali. La patrimoniale, per esempio, è scomparsa quasi immediatamente dal suo vocabolario; l’aveva chiesta persino Confindustria, ma Berlusconi era contrario. Poi è toccato all’aliquota più alta per i redditi sopra i 75mila euro. Negli ultimi giorni è stata attenuata anche la sovrattassa sui capitali «scudati» (dall’1.5% all’1, infine all’1,35). Nel testo finale, per sicurezza, è stato concesso un anno in più al fisco per recuperare le somme dovute dagli evasori che avevano ottenuto un «condono», ma si erano fermati al pagamento della sola prima rata…
Sull’Ici lo stesso Monti ha confessato qualche giorno fa, in aula, di «non averci pensato» a proposito degli immobili della Chiesa. Ma qualcuno aveva provveduto a esonerarla persino dalla revisione degli estimi catastali (che pure andava «pensata»). Ed è impossibile non fare caso al deprimente tira-e-molla sulle «liberalizzazioni» di farmacie e tassisti.
Diciamolo: è una fortuna che la tassazione sulle transazioni finanziarie venga decisa e proposta dai due paesi più grandi d’Europa. Avremmo avuto difficoltà nel credere alla determinazione anti-speculatori di un governo che si ferma per timore di orde di tassisti furibondi. Specie se a dirigerlo – è obbligatorio ricordarlo – c’è chi fino a poco fa vantava, tra i numerosi incarichi, anche quello di International Advisor di una banchetta poco speculativa come Goldman Sachs…
Panettone, crisi e manovra
Elysa Fazzino
Niente prosecco e panettone, quest’anno gli italiani stringono la cinghia e si preparano al “peggior Natale” dai tempi della Seconda guerra mondiale. Mentre sui media Usa la Bloomberg diffonde l’immagine di un Belpaese che non festeggia, un’analisi di Investopedia, pubblicata sul sito del San Francisco Chronicle, sprona l’Italia a fare riforme serie. E oltre ai tagli, sollecita la liberalizzazione economica, capitolo controverso della manovra Monti all’esame del Parlamento.
“Come ha fatto l’Italia ad arrivare a questo punto? e cosa si può fare per sistemare le cose?”, si domanda Investopedia, uno dei maggiori siti di informazione e analisi finanziaria.
L’Italia è messa molto meglio della Grecia quanto a mezzi per uscire dai pasticci. Non sarà facile, “ma almeno c’è un percorso disponibile”. Un punto chiave – secondo Investopedia – è “la liberalizzazione economica”. In sintesi, “è troppo difficile avviare un’impresa in Italia e troppo difficile portarla avanti una volta avviata”. In altre parole, “le imprese italiane devono essere in grado di espandersi o contrarsi (aggiungere o licenziare lavoratori) a seconda delle condizioni, devono poter raccogliere capitale a condizioni ragionevoli, devono avere un sistema con regole coerenti e logiche”.
Nel contempo, gli italiani devono anche accettare tagli alla spesa pubblica, in particolare alle pensioni e alla spesa sociale. E “una maggiore riscossione fiscale migliorerebbe la situazione di liquidità” delle casse pubbliche.
Perché l’eurozona possa sopravvivere, “l’Italia deve fare riforme significative”.
Anche se le riforme “non saranno né rapide né indolori”, la buona notizia – secondo Investopedia – è che l’Italia ha la possibilità di migliorare la propria situazione finanziaria e uscire dalla crisi. “Sfortunatamente, ci vorrà molta disciplina e volontà politica” per convincere i cittadini italiani che vale la pena ridurre la qualità della loro vita in cambio di benefici a lungo termine. “Ma se l’Italia comincia a fare riforme serie, il mercato probabilmente risponderà con sollievo e abbasserà i tassi d’interesse e l’Europa finalmente troverà la strada per uscire dalle persistenti crisi del debito sovrano”.
Con la manovra da 30 miliardi di euro tra misure d’austerità e crescita – ricorda un lancio Bloomberg ripreso sempre dal San Francisco Chronicle – il governo di Mario Monti cerca di rassicurare gli investitori e convincere i mercati che l’Italia sta facendo sul serio per “domare” un debito da 1.900 miliardi di euro.
L’Italia non appare più così allegra. “La gente non ha fiducia nel domani”, ha detto alla Bloomberg il segretario generale di Adiconsum Pietro Giordano, prevedendo una riduzione fino al 15% delle vendite nel periodo natalizio, “il calo maggiore dalla Seconda guerra mondiale”. Molti italiani – ha aggiunto – spenderanno la tredicesima per pagare le bollette invece di molti regali. Secondo Deloitte, gli italiani spenderanno il 2,3% in meno per regali e prelibatezze, riducendo la spesa a 625 euro. Il calo è il triplo rispetto a quello medio europeo dello 0,8%.
Il New York Times segue con attenzione le revisioni del testo della manovra: “In risposta ai reclami di parlamentari e sindacati, il primo ministro Mario Monti ha aggiustato le misure per tagliare i costi e aumentare le entrate”. E’ “il primo grande test politico” per il nuovo premier, che ha definito la manovra “più equa”.
Ma Paul Krugman, in un blog sul Nyt (il titolo “Mario e la fata fiducia“), considera che il governo “tecnocratico” di Monti si illude se pensa di risolvere tutto con l’austerità.
“Più austerità non convincerà i mercati dei bond che l’Italia sta bene, né taglierà i tassi d’interesse abbastanza da rendere espansive politiche di contrazione. Di fatto, l’austerità – se non accompagnata da cambiamenti importanti a Francoforte – probabilmente si sconfigge da sola, poiché danneggerà l’economia italiana più di quanto non aiuti il quadro di bilancio a breve termine”.
Come via d’uscita, Krugman sollecita la Bce a intervenire subito con acquisti di bond e ad accettare implicitamente di lasciar salire l’inflazione per un periodo esteso.
Finisce intanto sul Financial Times la bagarre in aula della Lega Nord, che ha interrotto con gli insulti il discorso di Monti al Senato. “La protesta riflette le crescenti tensioni” tra la Lega e il governo tecnocratico di Monti sul programma d’austerità per l’Italia, spiega il Ft.
La riforma del sistema pensionistico – continua – ha fatto infuriare la Lega Nord, “che aveva ripetutamente impedito alla coalizione di Berlusconi di agire” su questo fronte.
Tra le novità della manovra, sono quelle sulle pensioni alla ribalta della prima pagina del sito dello spagnolo Abc.es: “Monti tassa del 15% le pensioni più alte per alzare quelle più basse”, titola. Si tratta della tassa di solidarietà per le pensioni che superano i 200mila euro.
“Anche se può sembrare incredibile, in Italia ci sono molte pensioni che arriva o ai 30mila euro lordi mensili, come nel caso dell’ex primo ministro Giuliano Amato”, scrive Abc.es. Gli introiti della tassa su queste “pensioni d’oro” saranno utilizzati per alzare la soglia a partire dalla quale si congeleranno le pensioni, che passerà da 960 a 1.400 euro.
L’esame della manovra in Parlamento è tenuto d’occhio anche sul sito del quotidiano francese Les Echos, dove si segnala tra l’altro (con un’Afp) che Monti è “in leggero calo popolarità dopo il piano anti-crisi”.
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