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Pensioni svalutate di un terzo in 20 anni

Diversi compagni, quando abbiamo sintetizzato il “programma di governo” dettato dalla Troika (Bce, Ue, Fmi) nella battuta “dovete morire”, ci hanno obiettato che stavamo esagerando, da “vecchi marxisti catastrofisti”. Possibile che le classi dirigenti dell’Europa stiano davvero perseguendo coscientemente un “piano” di riduzione/smaltimento dell’eccesso di popolazione in Europa?
Siccome facciamo un giornale, guardiamo molte più notizie di quelle che riusciamo a dare (perdonateci, ma siamo ancora pochi per far meglio), ma mettiamo anche in fila fatti.
La notizia di oggi è un rapporto del sindacato pensionati della Cgil – nulla di rivoluzionario, dunque – che però deve allineare i dati incontrovertibili risultanti dai suoi iscritti.

Secondo lo Spi-Cgil, il potere d’acquisto delle pensioni è tracollato: in 15 anni è diminuito del 33%. Nello stesso periodo il valore di una pensione media è sceso del 5,1%. Un “crollo vertiginoso” del reddito da pensione rispetto all’andamento dell’economia reale. Al contrario, tasse e tariffe aumentano senza alcun freno. Nel 2013 per l’affetto congiunto delle misure del governo Monti (ricordatevi sempre di chi lo ha sostenuto, please) e delle dinamiche monetarie e di mercato, andranno “alle stelle” e incideranno sui pensionati per 2.064 euro a testa, il 20% in più sul 2012.
Inevitabile quindi dire che “in Italia la patrimoniale c’è ed è quella che grava sui pensionati, che più di tutti stanno pagando il conto della crisi. Sarebbe bene che il prossimo governo la facesse pagare ai ricchi, che invece poco o nulla stanno contribuendo alle sorti del Paese”, ha commentato il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone.
Nel linguaggio delle teste fini che ci governano e vogliono governarci ancora, i pensionati sono una “categoria con eccessive protezioni”, dei “privilegiati” che vanno bastonati “per equità”. Ai loro figli e nipoti, infatti, la pensione è stata tolta del tutto. Basta fare due conti con le variabili del “sistema contributivo” puro per vedere che è proprio così: età di ingresso nel novero dei lavoratori attivi sempre più alta, carriera “saltellante” tra un impiego precario e l’altro, con periodi più o meno lunghi di inattività, contributi in rapporto al salario bassissimo o addirittura “agevolati” (per le imprese, che ne versano meno)… Per quanto vogliano allungare l’età pensionabile, per gli attuali under 40 non c’è modo di arrivare alla pensione spuntando un assegno mensile decente. Si calcola una media – a valori di oggi – intorno ai 400-500 euro. Nulla, di fatto. E ci consigliano addirittura di “farci una pensione privata”, decurtando da soli ulteriormente il già magro salario per regalare soldi ai fondi pensioni, che andranno a cercare l’avventura dell’investimento speculativo in borsa; col fondato rischio che, al momento di andare in pensione, non ci sia in cassa granché.

Ma torniamo ai dati della Cgil.
La perdita nel periodo 1996-2011 risulta già pesante, ma prosegue accelerando nel tempo. Il blocco della rivalutazione annuale introdotto con la riforma Fornero (su quelle superiori a tre volte il minimo, poco sopra i 1.400 euro lordi, ovvero 1.000 netti). Riforma che taglia mediamente 1.135 euro a testa, nel biennio 2012-2013, a circa 6 milioni di pensionati.
Un pensionato che prende circa 1.200 euro netti ha perso 28 euro al mese nel 2012 e nel 2013 ne perderà 60, mentre chi percepisce una pensione di circa 1.400 euro netti ha perso 37 euro al mese nel 2012 e ne perderà 78 nel 2013.

Dall’altra parte, come detto, prezzi e tariffe aumentano. Nel 2013 “incideranno sui pensionati italiani per una spesa media totale di 2.064 euro pro-capite, ovvero il 20% in più rispetto al 2012”.
Tra addizionale regionale Irpef, addizionale comunale, Imu e Tares se ne andranno mediamente 640 euro, il 12% in più rispetto al 2012. La spesa media sarà di 1.424 euro tra telefonia fissa, acqua, luce, gas e riscaldamento (ma ci sembrano cifre decisamente “al risparmio” rispetto alla realtà)
Senza contare l’aumento del canone Rai e quello dell’Iva, dal 22% al 23%, che scatterà in  luglio.

Aggiungiamo una considerazione che la Cgil non fa. Per effetto della disoccupazione crescente, del blocco salariale monetario (in realtà del calo dei salari) e della disoccupazione giovanile, i pensionati sono diventati nel corso degli ultimi venti anni le “riserve startegiche” del “welfare familiare”.
Di questo passo, la fisiologica scomparsa dei pensionati “ricchi” da 1.000 euro al mese si abbatterà come una mazzata anche su questa voce “spuria” – come quasi tutto in Italia – che ha fin qui contenuto le perdite nei livelli di vita.

Mettete anche voi in fila numeri, redditi e “riforme”. E vedrete che il “dovete morire” illuminerà anche il vostro pensiero. E speriamo che vi spinga a riprendere nelle mani il vostro destino e dare una scossa alla “cabina di regia” che ci vuole semplicemente morti.

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