Quest’anno il festival si è svolto alla vigilia di un appuntamento fondamentale: il primo congresso di Syriza, la Coalizione della Sinistra Radicale, che sta per diventare un partito unificato. Infatti è soprattutto sul ruolo del KOE e delle altre organizzazioni aderenti a Syriza, sulle prospettive internazionali e sullo stato di cose presenti nella situazione greca che si è naturalmente concentrata l’attenzione in questa tre giorni.
Elementi emersi in ogni momento centrale, come filo conduttore che ha attraversato ogni giornata. Tutto nel contesto delle difficoltà che incontra oggi il popolo greco: innumerevoli e fonte di ispirazione preziosa gli stand delle realtà che distribuiscono tonnellate di cibo giornaliere a prezzi di produzione in uno scenario in cui i bambini svengono di fame durante le lezioni, delle associazioni che offrono cure mediche gratuite mentre la sanità pubblica viene smantellata, degli operatori della cultura in occupazione nelle sedi della TV pubblica appena privatizzata per decreto governativo nei giorni scorsi, degli operai della Vio.Me. che vendono i prodotti frutto dell’autogestione di fabbrica che portano avanti da mesi, e così via… Come a ricordarci i momenti più alti della storia del movimento di classe: lotta politica di avanguardia, mobilitazioni di massa e solidarietà diffusa a sostenerle.
Nelle parole e negli occhi degli attivisti dai quattro angoli del Mediterraneo si leggeva una domanda su tutte: quale futuro possibile per le lotte nate dentro e contro l’attuale crisi? La risposta non è certamente facile, ma ciò che sotto la lente d’ingrandimento della quotidianità, nelle difficoltà che la costruzione di organizzazione porta inevitabilmente con sé, sembra una montagna invalicabile, assume contorni più definiti e un’aura di speranza quando ci si trova a fare il punto della situazione con compagni che altrove incontrano i medesimi problemi.
Perché, collateralmente, non si può che notare con piacere una nota positiva: i dubbi di oggi non sarebbero stati possibili se qualcosa non si fosse mosso, se la teorizzazione della “fine della storia” non si fosse dimostrata una favola meschina, se un’unità seppur ancora insufficiente tra le rivendicazioni particolari non fosse stata trovata almeno dentro i confini dei propri paesi, quei paesi le cui fasce popolari stanno pagando il prezzo di una crisi che non è solo economica ma egemonica nelle stanze delle forze dominanti.
Chiaro, ogni sfida, se reale, comporta rischi altrettanto duri, e già pesa sulle nostre spalle il costo di una partita in cui non stiamo certamente vincendo, ma le parole di Hammami, dirigente del Partito Comunista dei Lavoratori Tunisino (PCOT), ascoltate durante la conferenza pubblica “Scintilla per una via d’uscita: una nuova primavera mediterranea”, suonano come un manifesto per ogni forza costituente all’interno di un panorama distruttivo: la rivoluzione non è che iniziata con la cacciata di Ben Alì, la rivoluzione si fa ogni giorno e si costruisce dall’interno finché le istanze delle masse in rivolta e i nostri progetti politici non diventano una cosa sola capace di creare l’alternativa che serve, qui ed ora. Discorso non poco stimolante, se proferito da chi fino al 14 gennaio 2011 era detenuto come prigioniero politico e si trova oggi, dopo l’assassinio di Belaid, alla guida del Fronte Popolare Tunisino, la principale forza di opposizione ad Ennahda. Mentre Tsipras, leader di Syriza, seduto accanto a lui, infiamma gli animi di un popolo della sinistra che evidentemente ha motivo di credere nella possibilità di un progetto che non ha fatto della presenza istituzionale un dogma, del governismo una pratica, della compatibilità un metodo, del movimentismo l’unico credo, dell’organizzazione un nemico da evitare.
E’ in questo scenario che, tanto nei momenti aperti quanto nelle riunioni con i compagni, abbiamo cercato di contestualizzare le nostre considerazioni sul ruolo principe dell’Unione Europea nella governance della crisi e sulla conseguente impossibilità di uscire dalla presente empasse socio-politica se non si presenta una piattaforma comune alle due sponde del Mediterraneo, le cui classi popolari possono proporre un’alternativa credibile per tutta l’area solo percependosi all’interno delle reali filiere produttive e di potere in cui sono ad oggi inserite, rovesciando il tavolo della partita e preparando un’ALBA Mediterranea nel percorso del Socialismo nel XXI Secolo.
Coordinamento giovani RdC
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