Quanto avvenuto sta facendo discutere la città da una settimana. Prima le strade della parte vecchia finivano al centro del dibattito per questioni di stanca retorica sulla «movida» dei locali aperti fino a tardi, adesso ci si è resi conto che il problema non sono i fiumi di birra o i cocktail, ma un’esplosione di violenza che ha una connotazione ben definita.
Tra venerdì 8 e sabato 9 febbraio, tra il corso e le vie immediatamente circostanti, si sono verificati ben tre episodi di violenza: alla fine in sei sono andati al pronto soccorso, due sono ragazze. I responsabili, a quanto risulta dalle denunce sporte a Polizia e Carabinieri da parte degli aggrediti, sarebbero tutti riconducibili a un circolo di estrema destra locale. E tutti hanno riconosciuto tra questi un noto pugile della zona. I motivi? Avvolti nel mistero. Soltanto il secondo episodio di violenza parrebbe aver avuto origine dalla reazione di una ragazza alle avances di uno degli esaltati. Lei si è divincolata, lui l’ha colpita con tre pugni in faccia e un calcio quando era già a terra. Passati pochi minuti, a qualche decina di metri, una nuova aggressione. Finita a bottigliate.
Le denunce in totale sono otto. In tutte i responsabili sono stati individuati con nome e cognome. Le indagini vanno avanti, Polizia e Carabinieri continuano ad ascoltare testimoni e presto, informano, passeranno ad analizzare i filmati delle varie telecamere di sorveglianza piazzate nel centro storico (le strade in cui sono accadute le aggressioni sono un punto di ritrovo per i giovani di San Benedetto, e le presenze si stimano nell’ordine delle centinaia).
Se in altre situazioni, però, l’omertà ha vinto sull’antifascismo, questa volta la città si è espressa in maniera unanime nel condannare l’accaduto. Prima un comunicato di tutto il centrosinistra (da Rifondazione al Pd, passando per Comunisti Italiani, Verdi, Idv, Psi e Sel) ha chiesto di non abbassare la guardia, poi il sindaco Giovanni Gaspari ha dichiarato alla stampa che «San Benedetto è una città libera, tollerante e democratica. Non possiamo tollerare episodi del genere». Il prossimo passo sarà la chiusura della sede dell’associazione di estrema destra, almeno così promettono le autorità locali. Lo chiedono tutti ormai. Qualcuno ha provato stupidamente a tirare di mezzo la cosiddetta «movida violenza» – categoria apolitica che sminuirebbe la portata della notte brava – ma il tentativo è caduto nel vuoto.
D’altra parte, sostenerlo in questo caso avrebbe dell’assurdo: i presunti responsabili delle aggressioni multiple non hanno alcun problema a definirsi «fascisti» e risultano incompresibili i motivi in base ai quali non bisognerebbe usare questa definizione anche in relazione agli episodi della settimana scorsa. La violenza squadrista non è una conseguenza dell’alcolismo, ma il risultato di un odio che va avanti da troppo tempo, che cova sotto la cenere ed esplode improvvisamente. Per una volta, caso eccezionale ma tale non dovrebbe essere, una città ha reagito in maniera compatta, dicendo un secco «no» alle violenze neofasciste. Questa potrebbe essere la volta buona che alle parole seguano i fatti.
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