Eccoci arrivati all’ultima tappa del tour salviniano che, dopo Sicilia e Campania, si appresta a percorrere le vie della capitale. Si resta spaesati ad un primo colpo d’occhio nel veder la LegaNord in cerca di consensi tra le “cicale” del sud Italia e in quella “Roma ladrona” colpevole di tutti i mali dell’industrioso nord. Basta tuttavia fermarsi a ragionare un minuto e far mente locale per ricordarsi di chi stiamo parlando…
La destra reazionaria non ha mai né una teoria organica, né una tattica politica coerente, le quali due cose possono variare all’occasione nella forma e nei contenuti, ma ciò che resta invariato è la sua funzione: la frammentazione delle lotte politiche dei ceti subalterni che vengono allontanate da il loro vero nemico (chi sfrutta il lavoro e specula sulle nostre vite, dai capitani d’azienda ai politici troikisti) sventolando lo spauracchio dello straniero (ieri il napoletano, oggi il musulmano), alimentando così una lotta tra poveri che ha come vero unico scopo la messa in sicurezza del potere.
Cavalcando il malcontento diffuso tra gli strati della popolazione frustrati dai processi di accentramento capitalistico conseguenti alla fondazione dell’Unione europea (le piccole borghesie imprenditoriali del nord prevalentemente), il leghismo può proclamarsi oggi alfiere dell’euroscetticismo e del ritorno ad uno stato nazionale corporativo sull’esempio dei cugini del Front Nacional francese. Basta con la Lega delle autonomie regionali e avanti tutta con la Lega dei popoli (italiani); se il lavoro non lo ruba più il terrone l’onere del capro espiatorio graverà sull’extracomunitario, l’importante è creare consenso e l’immaginario nazionalista sembra giovare a tale scopo (l’Italietta attaccata dall’UE da nord e dal fondamentalismo di matrice islamica da sud ha finalmente trovato i suoi salvatori).
Ciò che andremo a ribadire il 28 febbraio all’odierno ducetto farsesco e ai suoi (tra cui saranno presenti i balilla del terzo millennio di Casapound), è che la politica non è un gioco di prestigio in cui basta cambiare identità, travisarsi da partito nazionale, proclamare di essere i rappresentanti dell’Italia che si suda la pagnotta per cancellare una storia (e un presente) fatta di opportunismo, vacue promesse populiste e propagazione di odio etnico atto a frammentare l’unità dei ceti deboli. La nostra convinzione è che la classe dei lavoratori, degli sfruttati, dei precari, dei disoccupati non si farà abbindolare dalle strumentalizzazioni leghiste: le condizioni di impoverimento sociale, di precarizzazione e flessibilità del lavoro non sono evidentemente conseguenza di temibili flussi migratori quanto piuttosto del progetto politico neoliberista in corso dagli anni ’80 su scala mondiale e applicato a livello continentale per mezzo delle politiche di austerità dell’UE.
Per questo motivo saremo anche a fianco della manifestazione del Forum diritti del lavoro che sfilerà lo stesso 28 febbraio a Milano per togliere legittimità alle semplificazioni leghiste in tema lavorativo e denunciare allo stesso tempo la mostra internazionale dell’attacco di classe dall’alto verso il basso riscontrabile nell’Expo (trionfo del libero mercato basato sullo sfruttamento della forza lavoro a basso costo dei paesi non occidentali e modello di attuazione delle politiche di sfruttamento del lavoro precario teorizzato dal jobs act). Due date di piazza fondamentali quindi in cui oltre a togliere agibilità politica al progetto salviniano di disgregazione della resistenza di classe (Roma) andremo ad aggiungere un tassello al processo di ricomposizione politica di un blocco di classe coeso (Milano).
Mai con Salvini Dignità per il Lavoro
Noi Restiamo
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