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Elezioni regionali: finisce 5 a 2. Astensionsimo altissimo

Il Pd conserva il governo della Puglia, delle Marche, della Toscana e strappa la Campania al centrodestra che invece si prende la Liguria e si conferma nel Veneto. Pathos invece in Umbria, dopo uno spoglio altalenante che per una fase ha visto anche il candidato del centrodestra clamorosamente in vantaggio in una delle regioni storicamente più “rosse” d’Italia. Ma alla fine l’Umbria è rimasta al centrosinistra che ha rimontato nella notte. Altissimo, più di tutte le altre elezioni regionali, l’astensionismo. In media ha votato il 53,9% degli elettori, praticamente solo uno su due. Senza contare schede nulle e bianche, che abbassano sotto la soglia del 50% la quota dei voti validi e contribuiscono a delegittimare ulteriormente la classe politica tutta.

Il grande sconfitto è Renzi, senza alcun dubbio. Il quasi 41% delle europee è svaporato fino all’inverosimile, tornando a livelli bersaniani (poco più del 23%); il peggio che potesse capitare a uno che aveva fatto della rottamazione vincente il suo cavallo di battaglia.

I dati sono ovviamente molto disomogenei, visto che si votava in solo sette regioni. Ma secondo le ultime proiezioni dell’Istituto Piepoli il Pd mantiene appena il 23,7%; secondo si piazza il M5s con il 18% (mai così bene in elezioni amministrative, dove il voto d’opinione conta molto meno), terza la Lega al 12,5% (comunque meno del 15% attribuitole dai sondaggi), mentre Forza italia si mantiene pe un soffio in doppia cifra, al 10,7%. Ai quali occorre sommare le quote ottenute dalle altre formazioni di destra: Fratelli d’Italia al 4,2%, Area popolare al 3,5%.

Il quadro risulta però più chiaro disaggregando i risultati a livello regionale. In Veneto Zaia “doppia” la renzianissima Moretti, e la dimensione della sconfitta sta a significare che le controfigure del premier funzionano solo nei talk show, non quando si tratta di convincere davvero.

La vittoria in Campania è più zoppa che vera. De Luca infatti vince con un piccolo margine, ma non potrà governare; a meno che non si metta mano alla legge Severino. Al terzo posto, Valeria Ciarambino (M5s). Clamoroso il flop della lista Sinistra per il Lavoro in Campania di Salvatore Vozza (2,2%), la lista imposta da Sel e dalla maggioranza del Prc affossando il percorso avviato dall’appello Maggio per una lista rappresentativa dei movimenti sociali.

L’Umbria è stata conservata al centro-sinistra solo per il rotto della cuffia, mentre in Toscana e Puglia i candidati del Pd più lontani da Renzi non hanno vuto problemi nel sopravanzare gli avversari. 

Ma era la Liguria il termometro politico di queste elezioni. E qui la renziana Paita, che aveva vinto per un soffio le primarie contro Cofferati soltanto grazie ad evidenti e denunciati brogli, ha perso in modo clamoroso contro il giornalista Giovanni Toti, promosso a “consigliere” di un Berlusconi più che tramontato, alla guida di una coalizione di centrodestra l’unica regione dove questa è stata possibile). Il segnale fortissimo è però nella percentuale raccolta dalla Paita: appena il 28% in una regione dove il Pd superava agevolmente il 40. Ottimo il risultato di Alice Salvatore, Movimento 5 Stelle, che sfiora il 25 per cento. La lista capeggiata dal fuoriuscito del Pd Pastorino, ha ottenuto il 9,4%.

In Toscana il governatore uscente Enrico Rossi, piddino avverso al premier, ha invece mantenuto le posizioni, superando il 48% (qui si votava con un sistema diverso, che impone di superare la soglia del 40% per proclamare il vincitore al primo turno senza ricorrere ad un eventuale ballottaggio). La lista di sinistra capeggiata da Tommaso Fattori ha ottenuto il 6,2%, l’unico risultato di rilievo in Italia di una sinistra che in alcune regioni si ferma addirittura all’1%. Pesa però nell’ex regione ‘rossa’ l’inquietante boom della Lega che insieme ai fascisti della Meloni portano il loro candidato Claudio Borghi al 20%. Effetti di una spregiudicata e irresponsabile campagna realizzata dai media del sistema Pd – da mesi non passa giorno senza che il leader del Carroccio non blateri a reti unificate – che pur di fornire a Renzi un contraltare nei confronti del quale legittimarsi ha creato il fenomeno Salvini imponendo il leader della Lega Nazionale come riferimento della destra ‘anti Pd’. 

Avranno capito la lezione? C’è da dubitarne. Le prime reazioni sono molto vecchio-democristiane. Serracchiani, per esempio: ““Cinque regioni su due è un ottimo risultato. Non è un esame su Matteo Renzi né sul governo. Siamo ancora più determinati a portare avanti le riforme fino al 2018”. Non vedo e non sento, ma parlo…

vedi anche:

Nemmeno Renzi convince più

Regionali in Campania: una prima valutazione sul flop della Lista Vozza

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1 Commento


  • kk

    PD e partito della guerra escono male, 5* stelle seconda forza, sinistra x dire presente. Destra strutturalmente divisa. La linea liberista atlantista europeista esce male, l’astensionismo fa il resto. Un potere debole lontano dai numeri delle europee……manca solo un movimento di massa capace di inserirsi nelle crepe e spazzarlo via.

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