Chi crede che la politica sia tutto un “magna-magna” ha molte ragioni. Ma ignorando i meccanismi che regolano l'intreccio tra proprietà pubbliche (siano o no coinvolte in dismissioni o privatizzazioni) non sa quanto davvero “se magna” e soprattutto chi è a farlo.
Il Fatto Quotidiano ha pubblicato in questi giorni una mini-inchiesta di Marco Lillo su una una impresa minore del Gruppo Leonardo – prima si chiamava Finmeccanica, e tutti sapevano che è un'azienda controllata dallo Stato perché ha un grosso ruolo nella produzione militare, mezzi di spionaggio compresi – che è stata “privatizzata”.
Non una grande operazione, roba da pochi spiccioli. Ma comunque una svendita sottocosto. Segue l'attenta ricostruzione di una serie di passaggi che portano la società nelle mani di Chicco Testa & sons, grazie agli interessamenti o alle compartecipazione di una serie di personaggi legatissimi alla famiglia Renzi oppure a Licio Gelli.
Relazioni scabrose, sul piano mediatico, ma che sembrano refrattarie a ogni considerazione di opportunità politica.
L'intreccio lo potete leggere qui sotto; complicato probabilmente con molte parti rimaste sconosciute anche a Lillo, ma sufficientemente chiaro. A noi interessa sottolineare solo alcune cose che illuminano lo “stile di governo” della banda appena bastonata con il NO al referendum.
Intanto una logica di “privatizzazione” della cosa pubblica che coincide con il considerare “privata” l'azienda che ti è stata affidata per farla funzionare. Sembra di stare nella Russia di Eltsin, con personaggi paramafiosi che si impadronivano di immense ricchezze pubbliche e assumevano i connotati ormai noti dell'oligarca.
In più va sottolineato che il sottogruppo interessato da questa privatizzazione-regalo (Selex Es) è “ attivo nel settore dell'per la difesa e la sicurezza”, che è un modo elegante di dire “congegni di spionaggio e controspionaggio informatico, elettronico, telefonico, droni, radar, sistemi ottici, ecc”. E in effetti la piccola società regalata a Chicco Testa gestiva “un prodotto di nicchia mirato al controllo della qualità delle reti telefoniche in tutto il mondo”.
Ancora più indicativo appare l'interesse della Ads (la società dell'ex “verde”, quasi ministro con Renzi e capalbiese caparbio nel pretendere che qualche profugo non venisse parcheggiato troppo vicino a casa sua) per la Vitrociset, controllore tecnico di tutto il traffico aereo italiano oltre alle reti di comunicazione della polizia. Un comparto, insomma, dove viene privatizzata senza pensieri la ufficialmente idolatrata “sicurezza nazionale”.
Il tutto – per rendere massimamente infame l'intreccio – attraverso soci della famiglia dell'ex premier, eredi del cerchio fedelissimi del “Venerabile” e persino quel Marco Carrai (ex “padrone di casa” del Renzi sindaco di Firenze) che trafffica in sicurezza informatica e doveva diventare una specie di “supervisor” dei servizi segreti (respinto solo dopo una resistenza durissima dei medesimi).
Un verminaio che esemplica la vera cifra di questi tre anni di governo “riformista”, perché ne è protagonista un milieu da sottoscala del potere improvvisamente proiettato sul palcoscenico più importante.
Il renzismo senza più i veli della “narrazione” irridente e narcisista…
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Leonardo-Finmeccanica e quello sconto all’impresa che ora va ai Renzi boys
Leonardo-Finmeccanica ha venduto per 100 mila euro un’azienda redditizia ad Ads, di cui è vicepresidente Chicco Testa, senza considerare un’offerta da 700.000
Marco Lillo
Un socio della famiglia Renzi, Luigi Dagostino, un quasi ministro del governo Renzi, Chicco Testa, e i figli di un amico di Licio Gelli: Andrea e Amedeo Moretti. Ecco da chi è composta la cordata che oltre a comprare in questi giorni Ads (120 milioni di fatturato nell’informatica) e oltre a puntare domani a Vitrociset (fattura 160 milioni controllando il traffico aereo e le reti delle forze di polizia) beneficerà ora dei profitti di un ramo d’azienda venduto alla Ads nel 2015, quando loro non erano nella Ads, a un prezzo stracciato da Finmeccanica.
Selex, società controllata da Finmeccanica o meglio Leonardo, come si chiama ora la società controllata dal Tesoro, ha venduto con atto notarile il 1° dicembre 2015 per 100 mila euro il ramo di azienda Ants alla società Ads di Pomezia. Già il 5 novembre era stato siglato l’accordo privato tra le due società ma il 9 novembre 2015 (quindi quattro giorni dopo la firma dell’accordo privato e 22 giorni prima l’atto pubblico davanti al notaio) un manager interno al ramo d’azienda in via di cessione propone con una lettera inviata all’amministratore delegato di Leonardo Mauro Moretti, oltre che ai vertici di Selex Es, di comprare lui a 700 mila euro il ramo della sua azienda mediante la formula del management buy out. Per conto di Selex Es, proprio l’attuale dirigente del settore in Leonardo, Andrea Biraghi, risponde il 19 novembre che Selex aveva già firmato con altri accordi “vincolanti”. Poteva Selex svincolarsi da quel contratto tra privati del 5 novembre non ancora firmato davanti al notaio? Poteva chiedere un rialzo fino a 700 mila euro ad Ads?
Sono questioni tecniche sulle quali però Moretti e Renzi dovrebbero dare una risposta ai cittadini che pagano le tasse. Il ramo d’azienda denominato Ants (Automatic network service test systems) fatturava circa 4 milioni di euro vendendo un prodotto di nicchia mirato al controllo della qualità delle reti telefoniche in tutto il mondo. Anche se oggi al Fatto gli acquirenti dicono: “Ants fattura solo 2 milioni” (Pietro Biscu) oppure “vale zero” (Luigi Dagostino), siamo sicuri che il prezzo fosse giusto? Dubbi che devono avere risposte soprattutto se si vede il destino successivo di Ads. All’epoca era controllata dalla famiglia Emiliani e dall’amministratore Pietro Biscu. Domani a beneficiare dei possibili profitti derivanti da quel ramo d’azienda potrebbero essere i soci entrati o entranti, che magari per un caso sono amici di Matteo o Tiziano Renzi.
Ads dal 1° aprile 2016 (cinque mesi dopo la 'cessione’acquisto di Ants) ha come vicepresidente Chicco Testa, quasi ministro dello Sviluppo (e già socio nel 2014, sempre con una quota del 5 per cento, del famoso Marco Carrai, nella C&T Crossmedia) mentre soci, sempre da aprile con un 5 per cento in Ads, sono i suoi due figli Federico e Filippo Testa. La quota di controllo di Ads, azienda che è stata visitata a marzo da Renzi a braccetto con Testa, sta per essere comprata dalla Damo Investments Srl, controllata a sua volta con il 65 per cento da Luigi Dagostino, immobiliarista e re degli outlet di lusso come il The mall di Reggello. Proprio per fare eventi e marketing negli outlet, Dagostino ha creato due anni fa la società Party Srl con i genitori di Renzi che pochi mesi fa è stata messa in liquidazione.
Damo Investments è stata costituita a Firenze il 21 ottobre e ha come amministratore unico e socio al 65 per cento, come detto, Luigi Dagostino. Il restante 35 per cento appartiene alla società Pl Retail Spa, controllata da una società con base a Londra che ora è intestata a una quarantenne di nome Chiara Paghera ma che aveva come director Andrea Moretti, socio di Dagostino nella costruzione degli outlet e figlio di Antonio Moretti, un importante imprenditore che ora si occupa di vino ma che in passato era attivo nell’immobiliare e nella moda.
Antonio Moretti, secondo il Corriere della Sera, era uno dei pochi aretini che ha avuto il coraggio di farsi vedere per salutare il defunto Licio Gelli un anno fa, e figurava negli anni settanta nelle carte del caso P2 perché chiese di entrare nella loggia segreta, senza risposta. Secondo lo stesso Dagostino dietro la Pl Retail c’è la famiglia Moretti e in consiglio di amministrazione di Ads dovrebbe entrare il fratello minore di Andrea, Amedeo.
Oggi Leonardo al Fatto spiega meglio quella scelta che potrebbe avvantaggiare oggi (ex post) i vari Testa, Dagostino e Moretti: “Selex Es ha ceduto il ramo Ants a fine 2015, in quanto l’attività, al pari di altre, non rientrava più nel core business del Piano Industriale di gennaio 2015. La proposta di vendita avanzata da Selex è stata valutata dagli organi interni preposti di Leonardo Finmeccanica coerentemente con le procedure interne in materia di dismissioni: la negoziazione condotta ha mostrato una convenienza alla vendita. L’offerta generica dell’unico dirigente incluso nel ramo d’azienda in cessione è stata ricevuta dopo la sottoscrizione del contratto e, pertanto, non è stata presa in considerazione. In ogni caso sarebbe stata nel suo complesso, meno conveniente”.
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