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Alternanza scuola lavoro. Sfruttamento, disciplinamento, dumping

Tutti abbiamo visto l’immagine, divenuta ormai virale sul web, della studentessa che lavora all’autogrill con la maglietta dell’alternanza scuola–lavoro e abbiamo letto le esternazioni della cassiera che lamenta un taglio del monte ore dei dipendenti grazie all’inserimento in organico degli studenti. In una parola, ore di lavoro pagato sostituite con ore di lavoro gratuito.

Si potrebbe dire che si tratta di una stortura, di un cattivo uso dello strumento introdotto dalla Buona scuola, di malafede e tanto altro. Non è così: nei mesi scorsi il MIUR ha stipulato un accordo con sedici grandi aziende, prima tra tutte la corazzata della ristorazione mondiale McDonald’s che, nei prossimi anni, inserirà in un percorso “formativo” 10.000 studenti italiani.

A parte il fatto che un’istituzione come la scuola dovrebbe educare alla corretta alimentazione e a uno stile di vita sano, non certo al consumo di cibo da fast food, pensiamo veramente che l’accordo, data l’entità dei numeri in gioco, sia il segno di un incontenibile desiderio educativo da parte della multinazionale americana?

Ma, si sa, businnes is businnes. Infatti, non è difficile immaginare, una volta andato a regime il sistema, quanto potrebbe risparmiare, in termini di ore lavorate, un colosso delle dimensioni di McDonald’s, introducendo nel suo organico fino a diecimila giovani che lavorano gratuitamente. Non solo, in questo modo, si potrebbero fidelizzare una gran quantità di potenziali clienti e abituarli a lavorare, a consumare e a pensare secondo il modello della catena statunitense.

Come dimostra l’episodio dell’autogrill, ci sono, tuttavia, anche altre finalità, prima tra tutte il dumping salariale e la ricattabilità dei lavoratori. Viene da chiedersi che cosa accadrà in caso di scioperi o vertenze. Come verranno impiegati allora gli studenti in “percorso formativo”? Cosa verrà fatto fare loro in assenza dei lavoratori?

L’impressione è che all’alternanza scuola–lavoro sia connessa una gigantesca operazione di sfruttamento e di disciplinamento sociale, mediante “educazione” per gli studenti, mediante ricatto per i dipendenti. Si vuole inculcare nei giovani il rispetto della gerarchia e dell’obbedienza, oltreché l’abitudine al lavoro gratuito, nei dipendenti, invece, una sorta di perpetua minaccia pendente, capace di disinnescare ogni possibile azione rivendicativa. Se c’è chi lavora gratis, di che cosa ti puoi lamentare?

Ribellarsi contro tutto questo non è solo giusto, per dirla con un grande, ma è anche doveroso: ne va della nostra stessa sopravvivenza.

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