Inizia col saluto romano l’arringa di Massimo Carminati, prolusione scenica dell’orgoglio fascista rivendicato a piene mani. Non sono armate solo perché detenuto, con tanto di 41bis, ma come in altri suoi casi potrebbe intervenire la Provvidenza… L’intento è eliminare dalle accuse che lo inchiodano proprio questi legacci estremi di reclusione, fastidiosi, che limitano parecchio gli spazi al detenuto. Si ritiene un detenuto ideologico (ah, le belle gesta degli anni Settanta…), ma tutto il suo curriculum dice il contrario. Scorre, infatti, nella commistione fra eversione nera, Servizi (ha voglia a “sentirsi offeso” sul tema) e criminalità organizzata, trait d’union fra manovalanza fascista che usava le armi per ogni servizio assassino (l’esecuzione di attivisti comunisti Rossi, Scialabba, Tinelli, Iannucci, Verbano, quelle del giudice Amato e di giornalisti amici-nemici del Palazzo come Pecorelli) e gli affari loschi del potere economico-finanziario-politico fra P2 e dintorni.
Insomma soggetti che, nei vari ruoli, hanno insanguinato l’Italia. Col vizietto, fascistissimo, di minacciare, prevaricare, aggredire Carminati – diventato ‘cecato’ durante un conflitto a fuoco sul confine svizzero, dove l’auto su cui tentava di espatriare con due camerati e una refurtiva in denaro e diamanti, venne intercettata dalla polizia – ha attraversato molti fatti di sangue.
Quella menomazione di cui si fregia, segno per la vita è il marchio della sua vita, spesa fra l’appartenenza criminale eversiva e il crimine condotto per sé e compari, come aveva imparato frequentando taluni gaglioffi della banda della Magliana. Il suo percorso appartiene a una fase buia del recente passato italiano, fino agli ultimi strascichi della strategia della tensione a Bologna nell’agosto 1980, con i militanti dei Nar (Mambro, Fioravanti, Cavallini) nel ruolo bombarolo già interpretato dai Freda, Ventura, Tuti, fino alla strage del rapido 904 (dicembre 1984).
A questa compagnìa assassina Carminati aderiva con determinazione, lo ricorda e se ne vanta, forte della vaghezza di giudizio con cui ha scampato la condanna per taluni omicidi (Tinelli e Iannucci, Verbano, Pecorelli). Così le condanne che avevano portato ‘a bottega’ l’orgoglioso fascista sono state quelle meschinamente venali per traffico d’armi (ovviamente da guerra come i mitra Mab degli amici della banda della Magliana, conservati al ministero della Sanità), e per rapina a una filiale bancaria come qualsiasi delinquentello di periferia, altro che “azioni rivoluzionarie”.
Cercò più tardi di alzarsi di rango con un furto da ‘uomini d’oro’ al caveau bancario del Palazzo di giustizia di Roma. A forza di frequentarlo, evidentemente aveva le dritte giuste.
La sua seconda vita spericolata lo mostra più malavitoso che eversore, e il connubio col compare Buzzi (il cooperatore della "sinistra" criminale) addirittura lo pone in una posizione morale. Dice che il sindaco camerata Alemanno “era un sòla”: non pagava i lavori commissionati alle strutture della banda-cooperativa. Possiamo crederci, viste le pratiche abituali di quella e altre giunte.
Ma la distinzione “etica” fra "il mondo di mezzo" degli uomini di strada, cui lui apparterrebbe, che hanno un codice e "il mondo di sopra" della politica truffaldina fino al midollo, appare strumentale. Carminati fa finta di stupirsi, ma non può stupire. Il mondo di sopra l’ha conosciuto bene sia quando diceva di combatterlo coi sodali Mambro e Fioravanti, sia quando tutt’insieme ricevevano imbeccate, protezioni da Servizi e da certa politica che poi ha guardato altrove, li ha usati e abbandonati nel calderone degli eventi.
Forse anche per questo er cecato aveva ritirato in barca i remi dell’impegno eversivo e s’era lasciata aperta la porta del guadagno criminale. Certo, praticato rischiosamente, il proiettile che gli ha forato un occhio lo testimonia, un rischio che gli intrallazzoni del Palazzo non corrono mai. Però questi due mondi, come dimostrano decenni d’inchieste, sono legati indissolubilmente. E in base alla storia di Nar, banda della Magliana, cosche mafiose, Intelligence, P2 e politica istituzionale i due mondi avevano, e hanno, indissolubili rapporti.
Perciò l’autodifesa dell’omertoso e furbetto Carminati difetta di senso storico e realismo: l’eversione e la mafia hanno collaborato coi Palazzi. E nella capitale diventata mafiosa (per il senso d’intrecci fra affari di molta politica di destra, di sinistra e criminalità) la magistratura, se vorrà, potrà confermare e condannare un malaffare che vede legati come siamesi questi due mondi immondi.
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