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I voucher. Contestati in piazza, votati in Parlamento, usati “in famiglia”

Ci sono indubbiamente ottime ragioni per manifestare contro un governo che prima impedisce il referendum sui voucher facendo una legge ad hoc e poi li reintroduce con un emendamento nella manovra correttiva del bilancio.

I voucher sono la legalizzazione del lavoro nero, l’ennesimo strumento di deregolamentazione del mercato del lavoro messo in mano dalla legge ai “prenditori”. L’entità raggiunta dal loro uso e abuso era diventata talmente scandalosa da richiedere un “aggiustamento”.

A volere il referendum contro i voucher e raccogliere le firme necessarie per farlo era stata la Cgil che per sabato chiama ad una manifestazione nazionale a San Giovanni. A depotenziarlo in Parlamento e poi a votare la legge che li reintroduce sono i parlamentari del Pd, alcuni dei quali figurano iscritti al “campo progressista” che vorrebbe dare vita ad una lista di sinistra nelle prossime elezioni. Altri deputati della sinistra democratica e progressista sono usciti dall’aula per non votare contro. Altri ancora hanno votato contro.

Ad avere i voucher come scheletri nell’armadio non sono solo i “prenditori” ma anche Cgil Cisl Uil. A sottolinearlo con un pizzico di perfidia fu qualche mese fa proprio il presidente dell’Inps Boeri. In un’intervista rilasciata a La Repubblica a gennaio di quest’anno, Boeri, dichiarava di intravedere “molta ipocrisia”, facendo chiaramente riferimento all’utilizzo dei voucher da parte della stessa Cgil.

Un episodio tutt’altro che isolato – affermava Boeri sottolineando come nell’ultimo anno la Cgil abbia investito 750 mila euro in voucher  non si tratta quindi né solo di Bologna né solo di pensionati. Anche altri sindacati hanno massicciamente usato questi strumenti, ad esempio la Cisl ne ha utilizzati per un valore di 1 milione e mezzo di euro”.

Ma questa potrebbe essere una recriminazione facile facile, buona per una intervista o un rissoso talk show televisivo.

Intanto non è possibile rimuovere il fatto che i voucher fossero uno degli strumenti del Jobs Act, una legge infame contro cui non ricordiamo affatto una forte mobilitazione della Cgil. La confederazione della Camusso da tempo tiene il profilo basso, talmente basso da far passare tutto quello che padroni e governo stanno imponendo ai lavoratori e al welfare. La speranza era quella di tenere aperta una concertazione – e dunque un ruolo negoziatore del sindacato – che invece è uscita dagli schemi e dagli schermi ormai da anni. Con l’alibi e la legittimazione dell’Unione Europea, governo e padroni ormai non negoziano più, mettono sul tavolo le cose che devono passare e punto. Cgil Cisl Uil nella migliore delle ipotesi lavorano alla riduzione del danno, ma senza troppa determinazione né convinzione.

Ma dentro la Cgil, in alcuni momenti, era anche emersa la tentazione di svolgere un ruolo “politico” per compensare lo spazio perduto con la fine della concertazione sindacale. Ma questo ruolo aveva bisogno di una “sponda politica” che il Pd di Renzi non intende affatto essere, anzi, preferisce il ruolo di demolitore e, come accaduto nei voucher, praticare il “fuoco amico”. Per la Cgil sia la funzione concertativa che quella politica non sono più diventate praticabili. Non ci sono più le condizioni, non ci sono più gli interlocutori. Ecco allora che il richiamo della foresta della manifestazione a Roma deve cercare di riempire il vuoto socialmente e politicamente doloroso accumulatosi dalla lettera di Draghi e Trichet dell’agosto 2011. Le tre ore di sciopero sulla infame Legge Fornero, la bassa intensità contro il Jobs Act, l’irricevibile contratto dei metalmeccanici, gli accordi-tagliola su Almaviva e Alitalia sono lì a rammentarci che questa è la Cgil realmente esistente. E intorno ad essa si agita, scompone, ricompone una sinistra che vota in tre modi diversi sui voucher in Parlamento, che vuole essere stampella del Pd di Renzi e che pensa che l’Unione Europea e l’euro siano luoghi di libertà invece che gabbie per le condizioni di vita concrete di lavoratori, disoccupati, pensionati.

Dunque la manifestazione di piazza San Giovanni contro la truffa sui voucher e lo scippo del referendum da parte del governo del Pd ha valide ragioni sul piano sociale e democratico ma ha pessimi promotori. Una contraddizione questa non rimuovibile.

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