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La geremiade del voto utile

La geremiade del “voto” utile questa volta è cominciata per tempo: in altre occasione le era riservata la “coda” della campagna elettorale, gli ultimi giorni cioè utili per convincere elettrici ed elettori incerti, smarriti e confusi a ritornare all’ovile del voto, presentandone “l’utilità” per formare il governo.

Questa volta, invece, si è cominciato per tempo e in questa direzione si è mosso Salvatore Vassallo in nome dell’Atlante Elettorale (pubblicato da Repubblica. it), dopo aver sviluppato un ragionamento sulla previsione riguardante l’assegnazione dei seggi degno della migliore arrampicata sugli specchi conclude:

Queste simulazioni dimostrano dunque che il deprecato Rosatellum non funziona univocamente a vantaggio dell’uno o dell’altro campo. Laddove si dovesse creare un orientamento abbastanza chiaro dell’elettorato a favore di uno dei tre poli, e cioè se uno dei tre poli arrivasse al 38-39% dei voti distanziando di circa 9 punti percentuali su base nazionale il secondo, è piuttosto probabile che ottenga la maggioranza assoluta dei seggi. Se la distanza fosse minore, il sistema elettorale darebbe un piccolo “premio” alla minoranza più votata e renderebbe chiaro intorno a quale forza politica si debba formare un eventuale governo di coalizione”

Avete capito bene? Basta una piccola concentrazione di voti magari attorno al PD per riuscire a realizzare finalmente l’agognata meta della formazione del governo oppure può essere sufficiente  una concentrazione ancora minore ma almeno tale da consentire l’indicazione chiara del partito attorno al quale formare un eventuale governo di coalizione : PD con la maggioranza relativa, ad esempio,con la possibilità di formare – appunto – la coalizione con Forza Italia.

Quindi sotto con il voto utile ai teorici del Jobs Act, della “buona scuola, delle missioni di guerra in Niger e del sovvenzionamento ai predoni libici,  in modo da permettere  loro tante altre telefonate che annuncino provvedimenti di legge questi sì “utili” per realizzare lucrosi “insider- trading”.

E’ necessario, allora,compiere un grande sforzo per fare in modo che la competizione elettorale torni sui giusti binari.

Prima di tutto è necessario ricordare che il 4 dicembre 2016 oltre 19 milioni di elettrici ed elettori hanno votato perché si conservasse lettera e spirito della Costituzione Repubblicana.

Si tratta allora di denunciare come l’impostazione della campagna elettorale da parte dei grandi mezzi di comunicazione di massa dalla carta stampate alle TV si collochi in una dimensione incostituzionale: va ricordato, infatti, che non si vota per il governo, che la personalizzazione attuata dai principali partiti non riguarda le candidature alla presidenza del Consiglio che non sono previste dal nostro ordinamento, che non c’è nessun presidenzialismo alle porte (da notare come il centro destra abbia nuovamente incluso nel programma l’elezione diretta del Presidente della Repubblica).

Le elezioni servono, infatti, a eleggere deputati e senatori: ovverosia la rappresentanza politica, dalla quale scaturirà in sede parlamentare (fiducia in entrambi i rami, tanto per ricordare ancora l’esito del voto del 4 dicembre 2016) la formazione dell’esecutivo, nella formazione del quale non è previsto la nomina di alcun premier.

Non è il Governo ma il Parlamento l’obiettivo del voto: così almeno stabilisce la Carta Costituzionale.

Stabilito questo punto, una banalità sulla quale però è il caso di insistere vista la capacità di deformazione della verità ricercata dall’establishment, è bene allora ricordare il vero punto dolente della prossima tornata elettorale.

Forse lorsignori non si sono accorti che è in gioco la stessa tenuta del sistema democratico ormai soffocato da una disaffezione imperante dalla quale scaturisce un’imponente astensione dal voto: astensione che nessuno, tanto meno, i signori della cosiddetta “antipolitica” appare in grado di intercettare.

Inutile elencare dati: si tratta di una progressiva escalation a partire dal 57% di voti validi espressisi alle Europee del 2014 (quelle del famoso 40% che in realtà valeva il 22%: dato che nessuno ha voluto ricordare) per poi passare dalle varie tornate regionali e amministrative nel corso del quale si è finiti più volte al di sotto della soglia di salvaguardia del 50%.

L’unica occasione di risalita nella partecipazione è stata fornita dal già più volte ricordato referendum sulla deforma costituzionale, nella quale il totale dei voti validi ha sfiorato il 70% fornendo l’esito netto e inequivocabile della sconfitta del governo a trazione PD.

E’ stato il “NO” nel referendum istituzionale il solo passaggio di contrasto all’astensione, invertendo la tendenza al contrario di quanto sono state in grado di fare le forze politiche già presenti in Parlamento, comprese quelle artatamente definite dalla propaganda come “populiste”.

Queste argomentazioni vanno portate con forza dentro la campagna elettorale assieme all’espressione diretta e immediata del rapporto con i soggetti colpiti dallo svilupparsi delle grandi contraddizioni sociali che il ciclo capitalistico alimenta, a partire dalla guerra , dalla precarietà, dall’impoverimento generale.

Ricordare, insomma, che il “voto utile” è quello di fornire rappresentanza politica ai settori sociali che ne sono completamente privi costruendo sulla base di questa capacità di rappresentanza una sinistra d’opposizione e d’alternativa non coinvolta in sterili ricatti di potere, può e  deve costituire l’asse portante delle argomentazioni da sostenere in tutte le sedi possibili rompendo il muro di omertà e di falsità che ci circonda e per il quale va espresso soltanto indignazione.

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