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Fuochi d’artificio elettorali. C’è davvero da spaventarsi?

Guardando ai risultati elettorali europei ed italiani non si sfugge a un’impressione decisamente contraddittoria. La prima reazione, di fronte al “trionfo” della Lega e in generale delle destre xenofobe/razziste, è chiedersi “dove posso emigrare”? La seconda, altrettanto immediata, è che tutto ciò non sia del tutto reale.

Intendiamoci subito: i voti sono quelli, chiarissimi. E non si deve far finta di nulla.

La Lega sbraitante ha superato il 34%, i Cinque Stelle sono stati dimezzati, il Pd ha avuto il classico “rimbalzo del gatto morto” (dopo una caduta da grandi altezze) risalendo al 22,7%, Berlusconi ha rinviato il decesso raccogliendo quasi il 9 (quasi la metà di un anno fa, e pare addirittura un mezzo successo), i nostalgici della Meloni prendono un 6,5% che sembra oro.

Il resto è poca roba, importante solo per le analisi autoconsolatorie che seguono una sconfitta, quando gli zero virgola in più o meno devono essere enfatizzati al massimo per “tenere le truppe” ed evitare la fuga disordinata. Così gli ultrà europeisti di zombie-Bonino confermano il 3% del 4 marzo (solo che lì dava diritto a qualche parlamentare, qui no), i Verdi – inesistenti come struttura organizzata – beneficiano superficialmente dell’altrettanto superficiale “effetto Greta” e raccattano un 2,6 su cui si castellerà moltissimo, “a sinistra”, sognando altre combinazioni elettorali magiche per le prossime scadenze (che arriveranno a breve).

La sinistra” precipita all’1,7%, come se il ritorno dei vendolian-fratoianniani nel vecchio alveo post-“Rifondazione Unita” non avesse avuto alcun effetto, tranne quello di allontanare da quel residuo di ceto politico anche la voglia di interrogarsi sul futuro.

Ancora peggio gli “identitari”. Il partito comunista di Rizzo sfiora ma non tocca l’1%, chiarendo una volta di più che la speculazione sul simbolo con la falce e martello può servire giusto come catalizzatore di un sentimento nostalgico, peraltro in via di esaurimento fisiologico.

Idem o peggio per i “fascisti del terzo millennio” o del quarto scantinato – Casapound e Forza Nuova – che nonostante una sponsorizzazione mediatica eccezionale non prendono, sommati, neppure lo 0,5%. A quanto pare, il “voto utile” ha fatto strage soprattutto a destra, visto che c’è un primattore di panza in grado di rappresentare le identiche istanze senza (ancora) emanare lo stesso fetore.

I risultati europei richiederanno un’analisi specifica, paese per paese, ma nell’insieme restituiscono un frame dalla dinamica non troppo dissimile: lo spostamento di milioni di voti da un’area all’altra (generalmente verso destra), ma senza alcuna impressione di stabilità. Senza, insomma, restituire il senso dell’affermarsi vero di un modo di pensare e agire, di una “soluzione” ai problemi – per quanto orrenda –  che confusamente gli “elettorati” vanno cercando.

Alla vigilia delle elezioni, le avevamo definite un “sondaggione”. Ossia una fotografia delle “opinioni” – e del loro peso specifico – in un certo istante. Ma senza alcun potere di determinare spostamenti rilevanti della governance europea. Perché è l’assetto istituzionale dell’Unione Europea a non poter tradurre – neanche volendo – una “volontà popolare” in un “governo” che le corrisponda.

Il parlamento per cui si è votato non possiede l’unica prerogativa che lo renderebbe un vero Parlamento: il potere legislativo. Le “leggi europee” vengono elaborate dalla Commissione (il governo), e ai parlamentari non resta che approvare o respingere. Su tutto l’insieme preme un’orda di lobbisti tale da far sembrare un suq mediorientale il paradiso della trasparenza decisionale…

Ora, infatti, i singoli governi nazionali indicheranno i “commissari europei” (i “ministri”), ed è certo che verranno nominati quelli che meglio sanno proteggere gli interessi nazionali in uno “spirito europeo”, molto competitivo all’interno, ma sotto il velo della “solidarietà”. Sapendo bene che pesano soprattutto le dimensioni delle diverse economie, gli intrecci tra le rispettive filiere industriali e il rispetto rigido di trattati che possono essere rivisti solo all’unanimità. O meglio, a seconda di come Francia e soprattutto Germania decidono e impongono.

E’ questo marchingegno istituzionale – ovviamente molto più complesso di quanto qui schematizzato – a rendere un “sondaggione” le elezioni europee. Perché non ne discendono conseguenze politiche immediate.

Ma non lasciano neanche intatte le situazioni nazionali. Gli effetti, paese per paese, ci sono; eccome. Il problema, però, è che anche gli spostamenti interni ai paesi sono diventati relativamente ininfluenti sulle decisioni politiche “vere”. Ossia sulle politiche economiche e fiscali, quelle che determinano o favoriscono una certa produzione e redistribuzione della ricchezza.

Questo svuotamento della “sovranità” è alla radice della trasformazione dei processi elettorali in mega-sondaggi d’opinione, con scarsi o nulli effetti pratici. Certo, si può eleggere un governo nazionale che affoga i migranti in mare oppure fa piazza pulita di rom ed homeless dai centri metropolitani (o financo dalle periferie). Ma non un esecutivo che trasformi la volontà popolare in miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.

Potete insomma pretendere di avere un paesaggio urbano “senza negri e zingari”, e questo in parte vi verrà dato, per qualche tempo. Ma non potete pretendere un governo che vi dia un lavoro o un reddito per vivere, aumenti salariali se siete già al lavoro, abbassamento dell’età pensionabile, aliquote fiscali proporzionali alla ricchezza posseduta, una scuola efficiente-utile-semigratuita, una sanità accessibile e funzionante, case vivibili a un prezzo abbordabile, ecc.

Questa condizione è ormai entrata per molte vie traverse nella testa degli “elettorati”, svuotando peraltro di significato immediato le differenze di “opinione” rispetto alla posizione di classe o collocazione sociale.

Impossibile, dunque, o completamente stupido, continuare a pensare alle elezioni nei vecchi termini, quando uno spostamento di voti determinava – o poteva determinare – anche un cambiamento di scelte politiche fondamentali.

Il voto è divento “liquido” e infatti gira da una lista all’altra, di anno in anno, come acqua nei tubi di un sistema idraulico che però non serve a spegnere la sete o irrigare un orto. Circola a vuoto, a sistema chiuso, obbligato dal semplice fatto di “dover” essere espresso per confermare la retorica della “democrazia” senza più gli effetti pratici di una democrazia.

In soli cinque anni, in Italia, “il consenso di riferimento” per formare un governo – esattamente come l’azionariato di riferimento in un’azienda – è velocemente passato dal Pd di Renzi (2014) ai Cinque Stelle (2018) e ora alla lega di Salvini. Non è cambiato nulla, per “la gente”, in questi passaggi. Solo la “velocità di rotazione” nell’opinione disorientata…

Gli strilli della retorica, solo leggermente diversa nei tre protagonisti principali, non sono bastati e non basteranno a coprire l’impotenza pratica (puoi affogare “un negro” e far manganellare i manifestanti, sfrattare i senza casa e qualche centro sociale, ma nulla su tutto il resto).

Dunque questo voto – per molti versi “preoccupante” – non è né un punto d’arrivo nel “processo di fascistizzazione” né un punto di partenza verso orizzonti diversi (migliori o peggiori). E’ solo una stazione lungo un viaggio che, scorrendo lungo la faglia di una crisi epocale dei sistemi occidentali, può finire solo contro un muro o in un baratro.

Le alternative? Ci potrebbero essere, ma occorre ricominciare a pensare a quest’altezza. Altrimenti si alimenta solo il chiacchiericcio e l’orrore dell'”opinione”, da sondaggiare compulsivamente per far finta di essere vivi…

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11 Commenti


  • marco

    vabbhè co sto commento sul PC che ho votato alle europee (e che ha triplicato i voti), mi avete fatto pentire del voto che ho dato a PaP (che non mi sembra abbia brillato) alle amministrative.
    e visto che parlate di compagni allontanati dallo schifo, chiedetevi se magari non è anche questo comportamento che confonde dialettica con improperio, confronto (che nessuno ha mai visto) ccn guerra senza quartiere.
    Stiamo ridotti al lumicino e ancora cerchiamo di guadagnarci la visibilità demolendo il compagno che ci sta a fianco, invece di cercare di farci qualcosa insieme.
    Forse davvero meritiamo di sparire tutti


    • Redazione Contropiano

      Costruire non può implicare il dimenticare, altrimenti ci poteremmo dietro dei non detti molto pericolosi…


  • Fabio Pucci

    Stavo appunto pensando questo. Si sottovaluta l’idea dello spostamento a destra con la confusione dell’elettore che gira a vuoto da un simbolo all’altro non trovando delle risposte. Secondo me è un’interpretazione rischiosa. Non si fa che confermare il fatto che l’elettore sia utilitaristico e qualunquista.
    E’ vero che si va dietro a chi è più mediatico, negli anni 80 era Berlusconi adesso è Salvini; per quanto il peso della Lega non è una novità già da allora.

    P:S:
    Per l’offerta ho già dato da altra postazione.


  • Fabrizio

    Visto che nel contesto attuale noi comunisti siamo un’infima minoranza, ci vorrebbe un bagno di umilta’ e un rinnovamento delle capacita’ dialogiche nella consapevolezza che l’unico nemico e’ il capitale nelle sue diverse articolazioni. Come generazione di transizione tra il fallimento del comunismo storico novecentesco e un nuovo comunismo per il ventunesimo secolo abbiamo mai svolto un serio bilancio critico? Nel Bracaccio 1 e 2 che rappresentano la genesi di PaP io non ho visto discontinuita’. Il tentativo oggi e’ apprezzabile, ma ripeto, ci vuole molta umilta’. Infine una domanda su tutte, e’ possibile sostenere (non e’ il caso di questo giornale, parlo in generale) come candidato sindaco di Perugia, con tutto il rispetto per lei, Katia Bellillo che di quel governo Dalema faceva parte? Questo solo per dire che siamo un po’ tutti, uso un’eufemismo, screditati.


  • simone

    Il problema è monte: se non c’è sovranità non ci può neppure essere Politica, a meno che non si riduca la Politica all’aumentare o diminuire le tasse. Ecco dunque che la democrazia dei partiti diventa “democrazia del pubblico”, rappresentativa degli umori del momento incanalati e diretti dai media e fondata su un consenso volatile e inconsistente che lascia impregiudicati gli assetti sistemici, per usare la definizione di un noto sociologo .


  • Michele Castaldo

    Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando l’indicazione fiera e concisa era: “il primo simbolo sulla scheda in alto a sinistra: falce martello su bandiera!”
    La madre di tutte le domande è: perché il proletariato è il grande assente – in modo particolare in Occidente – con un atteggiamento passivo, cioè non votando, oppure votando a destra? Come mai noi tutti che ci rifacciamo a una certa idealità non ci interroghiamo seriamente e mettiamo la testa sotto la sabbia? Non sarà – per caso – che c’è un errore a monte, cioè da un punto di vista teorico il ritenere una classe – cioè il proletariato – rivoluzionaria per antonomasia piuttosto che valutarla in termini materiali come classe complementare che guarda al capitale come i girasoli guardano il sole? Se no perché gli operai si aggrappano al capitale, capitalista, capitalismo in una fase di crisi come quella attuale che in Occidente si mostra come crisi di sistema?
    Provino i compagni a rispondere a queste domande, provino a trovare la forza di guardare i fatti per come sono piuttosto che inforcare continuamente gli occhiali dell’idealismo.
    Michele Castaldo


  • Massimo

    Il problema è che la precondizione per una ripresa del conflitto sociale è l’uscita dalla gabbia dell’Europa e dell’Euro. E su questa parola d’ordine c’era solo Rizzo e le due liste neofasciste. Ma il problema è l’estraneità, rispetto a questo tema strategico, delle masse popolari e dei giovani. Non sono invece estranei alla questione i Mario Monti, i Draghi e gli uomini dell’establishment che hanno lavorato alacremente per logorare le forze antieuropeista. Col Cinquestelle (peraltro timidamente antieuropeo) gli è andata bene, con la Lega molto meno. In termini percentuali e ancor più in voti assoluti i due partiti benedetti dai poteri forti, vale a dire PD e Forza Italia sono arretrati rispetto alle politiche. Il rammarico è che a trionfare dietro una esibita (vedremo quanto convinta) guerra alla Troika sia l’estrema destra e non la sinistra di classe, numericamente insignificante e divisa in troppe sigle autoreferenziali, ma questa è una malattia atavica ……


  • Cristian

    Come vedere le cose con leggerezza, riconoscendo però rischi di baratro


  • Bacciardi

    a parte il commento su “Rizzo” banale e strumentale. Chi è senza peccato lanCi la prima pietra. Cosa intendi per “le alternative ci potrebbero essere”. Prova a dirle. Ovviamente che siano in campo e non nella fantasia.


  • rood

    Analisi lucida e pertinente. Basterebbe, tra l’altro, basarci su un lumicino di storia per rendersi conto che questa attuale società è agli sgoccioli. Opulenza senza freno, capri espiatori e ipocrisia politica…magari ben condita. E avanti tutta.


  • marco

    condivido il compagno bacciardi. più che strumentale direi masochista. Elettoralmente sono più vicino a rizzo che ho votato alle europee. Alle comunali, visto che il PC non si presentava, invece ho votato PaP.
    Come ho fatto?
    semplice ho smesso di leggere queste polemiche sterili e fratricide, ho preso i programmi, li ho letti, ho visto che erano identici in moltissimi punti e alla fine ho votato con la mia testa.
    Cosa che se avessi letto un articolo “velenoso” come questo mi sarebbe risulato più difficile.
    Da qui un semplice ragionamento.
    Se per semplice ragionamento deduttivo e senza leggere articoli del genere io e credo non solo io, ho fatto una scelta ecumenica e programmaticamente compatibile, pensa quanti altri voti sarebbero stati raccolti se le due strutture, PC e PaP , vista la pressochè totale compatibilità di contenuti, invece di giocare ai fratelli coltelli, pur rimanendo due relatà distinte, avessero messo in piedi una sorta di desistenza invitando i propri militanti a votare gli altri dove non riuscivano a presentarsi.
    Ma allo stato dell’arte a parte questo e altri articoli del genere, nella base tocca ancora sentire le prese di posizioni idiote (in senso clinico) di chi non vuole aver a che fare con gli “stalinisti” e di chi non vuol nemmeno parlare con “i frikkettoni movimentisti”.
    Se non cambiamo la testa, non si va da nessuno parte

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