La battaglia dell’informazione è di quelle più complicate e dure che si possano affrontare. Per chi come noi è “fuori e contro” il sistema dominante le alternative non sono mai molte. Si “lavora in proprio”, cercando di far crescere una consapevolezza generale in modo faticoso e difficile, ma almeno senza dover edulcorare quel che si pensa davvero.
Oppure di prova anche a “giocare in campo esterno”, quelle poche volte che per qualche motivo si viene invitati a parlare nel pianeta mainstream.
Lì le regole sono ferree e non sono determinate da noi. Ma ogni regola – come nel calcio o nella vita – descrive semplicemente il campo e i limiti. Se si comprendono sul serio, a quel punto si comincia a giocare. Ovviamente in contropiede…
Qui un estratto della partecipazione di Marta Collot al programma di Giovanni Floris, su La7. Che dimostra come una militante giovanissima, seria allegra senza soggezione possa “perturbare” un gruppo di presunti “cervelloni” disabituati al confronto vero e abituati a darsi ragione a vicenda (anche quando fingono di contrapporsi, come qua e là si vede benissimo, specie nella versione integrale dello streaming)
Si può fare, insomma. Senza illusioni né fraintendimenti.
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Ieri sono tornata a DiMartedì, gli altri parlavano di abbassare le tasse ai ricchi ma di alzarle sulla prima casa, senza fare nessuna distinzione fra appartamenti e superville. E che questo servirebbe ad abbassare le tasse sul lavoro dei giovani, che poveri sono costretti a emigrare. E chi dice questo? Gli stessi che fanno parte di una classe politica italiana ed europea, se non internazionale (Cottarelli ci tiene a rivendicare i suoi ventotto anni al FMI) che negli ultimi trent’anni hanno imposto le politiche neoliberiste, il cui risultato è sotto gli occhi di tutti.
Di cosa ho parlato io? Del fatto che la tassazione serve alla redistribuzione della ricchezza e dell’uguaglianza sociale, per questo vanno tassati non i poveri ma i ricchi, che saranno anche pochi ma detengono la maggior parte della ricchezza. E del fatto che a ergersi a paladini dei giovani non possono essere personaggi come Calenda, dopo che ci hanno venduto per l’anni il mito dell’Unione Europea e della “generazione Erasmus” mentre quello che ci hanno dato per davvero è di renderci la working poor generation.
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