Pontoriero condannato a 22 anni, risarciti la famiglia e USB
Soumaila Sacko è stato vittima di un omicidio volontario. Lo ha stabilito la Corte d’Assise di Catanzaro, presieduta da Alessandro Bravin, che ha condannato a 22 anni di reclusione Antonio Pontoriero per l’assassinio del nostro compagno, ucciso a fucilate il 2 giugno 2018 a San Calogero. Il Pubblico ministero Ciro Lotoro aveva chiesto una pena di 30 anni.
La Corte ha accolto l’impianto accusatorio, riconoscendo all’imputato le attenuanti generiche, come l’essere incensurato. La Corte ha anche stabilito il risarcimento del danno per i congiunti di Soumaila Sacko e per USB, – costituitisi parti civili – da liquidare in separata sede.
La pena è inferiore rispetto alla richiesta dell’accusa, ma è da considerare giusta, secondo Arturo Salerni e Mario Angelelli, che rappresentavano USB e i familiari.
Il PM aveva ricostruito in mattinata i fatti: a sparare quel giorno in direzione di Soumaila e dei suoi compagni Drame e Fofana fu Pontoriero. Il quale ha sparato ad altezza d’uomo e poi non ha perso tempo nel far sparire l’arma del delitto.
Il movente per il PM è stata l’incapacità di sopportare l’ennesima irruzione nell’area dell’ex Fornace Tranquilla che i Pontoriero consideravano “cosa loro”.
Gli avvocati Angelelli e Salerni si erano invece concentrati sul contrasto tra l’umanità di Soumaila e la disumanità di Pontoriero, che dopo aver sparato 4 colpi ed essersi rifiutato di soccorrere Soumaila nonostante la richiesta disperata di Drame, a tutt’oggi non ha mostrato il minimo segno di pentimento. Una disumanità derivante con tutta probabilità dalla convinzione di non aver sparato contro tre uomini, “ma solo a tre neri”.
La difesa, che dall’inizio del processo ha puntato sul tentativo di invalidare le prove e screditare i testimoni, aveva chiesto l’assoluzione di Pontoriero, ipotizzando un fantomatico soggetto terzo che avrebbe sparato deliberatamente a Soumaila a causa del suo impegno sindacale in USB.
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