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Addio, caro Valerio. Tuoi per la rivoluzione

Oggi saluteremo Valerio Evangelisti.

Lo faremo a Castel D’Aiano, sui monti dell’Appennino Bolognese, là dove sono sepolti i suoi genitori. Valerio rivendicava le sue radici in questi luoghi piccoli, lontani dal ritmo e dalla vita della grande città, e dai quali pure potevano nascere storie e lotte di valore universale.

Così una volta mi raccontò che una parte della sua famiglia proveniva da quel ravennate di braccianti dove nascono e si sviluppano nel tempo le storie di quello che per me è il suo capolavoro letterario e politico, la trilogia de “Il Sole dell’Avvenire”.

Libri che consiglio di leggere come elemento fondamentale di formazione ad ogni persona, giovane in particolare, che voglia sapere della, o meglio ancora impegnarsi nella, lotta per il socialismo.

La sua opera era contemporaneamente grande letteratura e grande formazione politica. Come Germinale di Zola, come Il Tallone di Ferro di Jack London, che divoravamo da ragazzi noi settantenni di oggi. Su Jack London e sulla rivoluzione avevamo proprio discusso con Valerio durante la pandemia. E lui aveva voluto ricordare in una diretta online l’impegno rivoluzionario dello scrittore socialista americano, anche con le parole di una sua opera, in cui una lettera si concludeva con “tuo per la Rivoluzione”.

Valerio possedeva la genialità di costruire e animare storie e vite di persone di fantasia e nello stesso tempo di farci riflettere sulla realtà. Questo era il suo dono, che esercitava con metodo e fatica.

Già, anche fatica, perché scrivere era per lui anche un lavoro operaio meticoloso, fatto di ricerche e documentazioni vastissime, di cui poi solo una parte finiva nel racconto. Come la punta dell’iceberg rispetto alla enorme massa che la sostiene.

Una volta dissi a Valerio che la sua capacità di scrivere e viaggiare tra tempi, paesi, persone, mondi così diversi mi ricordava Emilio Salgari, che considero uno dei più grandi ed universali scrittori italiani.

Valerio mi rispose che preferiva essere come Salgari piuttosto che come Manzoni. Gli chiesi allora perché i protagonisti di tante sue storie fossero quelli che normalmente chiamiamo “i cattivi” a volte persino gli infami.

Ed egli mi rispose che dal punto di vista dei cattivi il mondo diventava più interessante e si capiva meglio. Come Marx, che non ha scritto “Il Lavoro” ma “Il Capitale”, aggiunsi, e lui scoppiò a ridere.

Ho conosciuto Valerio Evangelisti molto prima come divoratore dei suoi romanzi, quelli di Eymerich e tanti altri, e solo poi come compagno e amico. Certo ci eravamo incrociati tante volte in manifestazioni ed iniziative, ma mai davvero conosciuti.

Questo avvenne in una sera d’autunno del 2010, quando Valerio presentò a Bologna un mio libretto sulla Fiat, o meglio sull’attacco di Marchionne ai contratti e ai diritti dei lavoratori che si scatenava proprio allora, con il consenso della maggioranza dei sindacati e di tutto il sistema politico parlamentare.

Valerio subito colse il senso di passaggio epocale di quel momento, il trionfo del liberismo sfruttatore estremo sul compromesso sociale, il nuovo feroce dominio del capitale sul lavoro. E condivise e sostenne la necessità di una alteritá assoluta, sul piano morale e culturale prima ancora che su quello sindacale e politico, rispetto al sistema di cui Marchionne era esaltato e riverito propugnatore.

Ecco, quella sera nacque la nostra amicizia e la nostra fraternità di compagni, che è durata fermissima fino ai suoi ultimi giorni. Nei quali, dopo la guerra di classe costante del capitale contro il lavoro, dopo le ingiustizie ed i disastri sanitari, sociali e civili della pandemia, abbiamo dovuto misurarci con la guerra vera e propria, con la sua ferocia sul campo e le sue infamie nella politica e nella società.

Ai primi di marzo Valerio ha partecipato con me ad una diretta online di Contropiano e ancora una volta ha espresso tutta la sua capacità di indignazione morale, assieme alla sua lucidità intellettuale di rivoluzionario.

Questa sporca guerra non ha nulla a che vedere con la seconda guerra mondiale e la lotta contro il nazifascismo, ma ci rimanda alle trincee e agli orrori della prima, alla barbarie del nazionalismo e della politica di potenza, dove tutti i governanti hanno torto e nessuno, a parte i popoli che soffrono, ha davvero ragione.

Valerio si è scagliato contro il misero neodannunzianesimo dei piccoli uomini che oggi rispolverano l’arditismo, il militarismo, la retorica patriottarda. Valerio ha avuto parole durissime per i governanti della NATO come per Putin.

Oggi il delitto è il pacifismo, ha detto, ma questo delitto va rivendicato, riproponendo un’antica e attualissima parola d’ordine rivoluzionaria: guerra alla guerra. E non bisogna mollare di un millimetro, ha concluso.

Valerio non era uno scrittore rivoluzionario, ma un rivoluzionario scrittore, un militante per la rivoluzione e così ha motivato la sua decisione di partecipare con passione a Potere al Popolo, mentre la malattia gli rendeva faticosissimo ogni impegno, ogni passo.

Solo questo noi oggi possiamo fare per onorarlo, non mollare di un millimetro e salutarlo come il suo Jack London: tuoi per la rivoluzione. Addio caro Valerio.

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1 Commento


  • flavio.rosetti@gmail.com

    Leggere la trilogia il sole dell’ avvenire e stata in esperienza quasi commovente, pensiero unico che attraversa l Italia in questo momento mi fa venire conati di vomito!

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