Il dottor Mengele forse starà sorridendo. Oppure sarà incazzato perché lui certi esperimenti li faceva per “la causa” (nazista), non per soldi. Però la storia del farmaco miracoloso contro l’epatite C, ma troppo costoso per poter essere pagato dallo Stato, se non ai malati allo stadio terminale, è troppo importante per essere lasciata sotto silenzio.
Il Sofosbuvir, il superfarmaco contro l’epatite C, è stato scoperto da Pharmasset e poi acquisito per lo sviluppo da Gilead Sciences, quindi commercializzato come Sovaldi e Virunon. La sua efficacia è determinata dal fatto che “inibisce la RNA polimerasi che il virus dell’epatite C usa per replicare il suo RNA”.
Un ciclo di terapia costa alla sanità italiana ben 45.000 euro; ed è questo il motivo per cui il ministero della salute ne ha autorizzato l’acquisto e l’uso solo nei casi disperati. Anche perché il farmaco non dà garanzie di guarigione, ma solo una “presunzione di guarigione”; l’effettiva eradicazione del virus non è stata infatti provata sul lungo termine.
La Procura di Torino – il prezioso Raffaele Guariniello – ha cominciato un’indagine sulla base di una classica notizia di reato da brividi: 24 pazienti morti e a cui era stato negato il farmaco super (in tutti i sensi). Indagando indagando (per omicidio colposo), chiedendo informazioni e raffrontando i prezzi, il suo team ga scoperto che in India la stessa sostanza (naturalmente con un altro nome commerciale. come avviene per tutti i farmaci “generici” ma equivalenti) costa decisamente meno: un euro a pasticca. Diciamo che se se lo può permettere la sanità indiana, o addirittura quella egiziana (risultano diversi pazienti che se lo sono andati a comprare di persona in quel paese), forse poteva fare altrettanto anche quella in corso di demolizione nel nostro paese…
Il problema, da nostro punto di vista, non sta nell’efficacia o meno del farmaco. E probabilmente è vero che ci sono oggi terapie che danno risultati migliori, o promettono di farlo. La medicina è una disciplina in progress, che va avanti per prove ed errori, che nessun epistemologo classificherebbe come “scienza”.
Il problema è il prezzo mostruoso che viene o veniva richiesto in Italia, mentre una banale ricerca delle alternative esistenti sul mercato – talmente banale che hanno potuta effettuarla anche pazienti a digiuno di conoscenze mediche o esperienze commerciali internazionali – avrebbe facilmente messo a disposizione un equivalente dal costo risibile. Forse alcune di quelle 24 vittime accertate – non sappiamo far numeri su quante altre possano essere, non censite – sarebbero decedute lo stesso, forse sarebbe rimaste in vita più a lungo tutte. Per un pugno di spiccioli.
Ma se si deve obbedire alle multinazionali di Big Pharma, nessun sacrificio umano è mai abbastanza…
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Sabino
Bravi!!!!! Dovete sapeee che questo è il caso + eclatante….che di casi simili ce ne sono stati almeno altri 6 in precedenza…anche se economicamente meno rilevanti…e che uno di queati ha riguardato e riguarda tuttora il trattamento di alcune malattie autoimmuni… come l’artrite reumatoide, e le varie famiglie correlate…per le quali l’uso dei farmaci biologici (che non sono proprio come le mele bitorzolute) è stato dimezzato ai pazienti in trattamento ( prevalentemente donne età media 40 anni). Avete capito bene…per risparmiare si somministra metà dose!!! per pi scoprire che il biologico prodotto fuori bigfarm…costa meno…molyo meno…ma da noi non c’è e non si può produrre!!!!