Dopo Palermo, Napoli. Il decreto sicurezza crea ancora grattacapi al sud al ministro di tutto Salvini, colui che dichiara chiusi i porti via Facebook e male accetta le decisioni dei sindaci. Fa sorridere amaramente pensare che il sacrosanto diritto dei primi cittadini di continuare a rilasciare documenti di residenza e a tenere intatte le liste di accesso a prestazioni sociali erogate dai comuni si sia trasformato mediaticamente nella” disobbedienza” dei sindaci alle leggi.
Atti amministrativi assolutamente congrui divengono ulteriore motivo di criminalizzazione al welfare, che ora si invoca “ di sangue” e non più universale. Sempre più parziale. Ancora lo straniero come capro espiatorio.
Fatto sta che a Palermo, prima di Napoli, sia stata sopratutto una manifestazione in difesa di una amministrazione comunale irrisa e minacciata dal ministro degli interni padani. Orlando poi lo conosciamo bene, è sempre stato un” borghese illuminato”, lontano dalle mafie e buon amministratore pubblico. E’ il sindaco per eccellenza a Palermo. Certo ha sempre galleggiato da puro democristiano in tutte le stagioni politiche, assicurandosi sopravvivenza perpetua. Ma non gli si può negare movenze, parole ed atti da “sincero democratico”. Il decreto sicurezza è una schifezza giuridica e fa acqua da tutte le parti in tema di costituzionalità. E lui ha dato il via alle danze dei sindaci che i media definiscono fuorilegge ma che in realtà richiedono semplicemente continuità amministrativa in attesa degli sviluppi normativi.
A Napoli però è tutt’altra cosa. Qui a tenere banco è sopratutto la vicenda Sea Watch. L’indizione del sit in alla metro Toledo recita LASCIAMOLI SCENDERE. De Magistris è stato il secondo sindaco dopo Orlando a prendere posizione sul decreto salviniano e ha poi invitato l’equipaggio della nave ad attraccare al porto di Napoli. Che sarà infatti meta finale di un corteo improvvisato.
Sì, perché il presidio chiamato a Toledo si trasforma dopo un’ora in un corteo. I numeri ci sono. Almeno duemila persone. Si può fare. E non era per niente scontato in un sabato prefestivo in una città inondata ancora di turisti.
C’è molto Potere al popolo, presente con una forte componente africana, e molto mondo antagonista. C’è ovviamente l’area Insurgencia, interna al processo Dema del sindaco De Magistris, e ci sono anche tante persone provenienti dal mondo associativo o cani sciolti delle varie sinistre.
La vicenda degli esseri umani fermi in largo a mare, in ostaggio di politici senza scrupoli, è ovviamente un tema che vibra forte nella manifestazione di ieri, ma è la legge Salvini che nella sua interezza viene rifiutata. Una legge discriminatoria e violenta che ha il solo scopo di aumentare il numero di stranieri in difficoltà. Festa per mafie e caporalato, come recita un cartello presente al corteo.
L’opinione pubblica napoletana negli ultimi mesi è stata fortemente sollecitata, con i grillini trionfanti in questi luoghi che hanno trasformato Salvini in un “uomo della provvidenza”. E la differenza si è vista da subito. Dall’insediamento del governo Conte (anche se di fatto è un governo Salvini) e la relativa copertura ideologica assicurata dal mondo grillino, sono aumentati gli episodi di intolleranza e razzismo in città. Le tensioni ovvero gli episodi di guerra tra poveri assumono sempre più caratteri inquietanti nelle zone popolari. D’altronde, a giocare col fuoco in luoghi dove la disoccupazione regna sovrana e il degrado materiale e sociale aumenta di giorno in giorno, è un vigliacco esercizio di cinismo e vergognosa pratica di potere.
I tempi d’oro della città accogliente sono finiti. Anche qui inizia a dominare l’odio verso l’additato capro espiatorio. Gran parte dell’opinione pubblica napoletana non trova più motivo di inorgoglirsi nel mostrarsi come città diversa, come città accogliente appunto. La brutalità leghista sta in qualche modo attecchendo anche qui. Certo resistono ataviche forme di resistenza. Essere napoletani, in gran parte d’Italia, è ancora motivo di dileggio.
Il sit in diventato corteo però dimostra che non sarà facile fare di Napoli una terra padanizzata. Qualche anticorpo c’è. Si può invertire la spirale dell’odio. Certo quella di ierii è una battaglia prettamente difensiva. Si è costretti a ripetere che è assurdo che uno Stato lasci in balia delle onde 50 poveri cristi. Che la guerra ai poveracci non deve essere guerra mediatica per aumentare i consensi. Però il pallino del gioco ce l’hanno in mano loro. Loro creano il dramma mediatico, ci costruiscono, con narrazioni iper-tossiche, consenso e tu poi sei costretto a intervenire per ristabilire i confini della civiltà
Il corteo attraversa le strettoie, imposte dai lavori in corso in piazza Municipio, ed entra nel porto. E’ ormai sera e di fronte al mare e alle banchine del porto desolate, dopo diversi interventi al megafono, il corteo si scioglie.
C’è una cosa che dà all’occhio e che non va taciuta. Qui la sinergia tra manifestanti e amministrazione comunale, diciamo cosi ribelle, non c’è stata. O almeno c’è stata molto parzialmente. Ovvero hanno camminato insieme le diverse anime, ma non ci è stata comunione. Il fatto che Napoli è la città dove ha preso corpo Potere al Popolo è un fatto che pesa. I rapporti con De Magistris sono buoni, ma non buonissimi. Gioca molto il ruolo che svolgerà alle prossime elezioni europee con il suo ancoraggio allo screditato mondo della sinistra. In piazza non c’era nessuno della giunta De Magistris. Diversi consiglieri comunali di maggioranza invece si.
Certo ieri tanti bassi discorsi politichesi non avevano cittadinanza. Si voleva ribadire che c’è una Napoli che è disposta a mettersi in gioco per assicurare il diritto all’esistenza. Che in mare bisognerebbe buttarci che ci ha messo in queste condizioni: i signori incontrastati della finanza internazionale, le grandi corporations e via elencando.
Insomma c’è una Napoli che resiste e che è disposta a resistere ancora. L’anomalia napoletana è cosa ormai lontana, ma tanto è rimasto di quelle esperienze.
E il fatto che gli attori in campo siano pressoché gli stessi la dice lunga: ovvero amministrazione comunale non conforme e movimenti politico-sociali dotati di consenso territoriale. Il problema è che entrambi i livelli hanno perso d’intensità. L’ondata grillina prima e grillin-leghista poi hanno colpito duro.
Fino a un certo punto però. Perché i margini di crescita dell’antagonismo sociale in un territorio come quello napoletano appaiono quasi inevitabili.
La tattica del capro espiatorio può essere efficace, ma non all’infinito. I nodi verranno al pettine e si scoprirà che non molto è cambiato con quelli del “cambiamento”. E che la “guerra agli africani” non crea nuovi posti di lavoro e non migliora un bel niente.
Si va via mescolandosi coi turisti che si godono la fredda ma bella serata napoletana, con i cori ODIO LA LEGA che accompagnano la discesa alle metro.
Salvini qui non avrà mai vita facile.
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