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Jesce Sole: “sinistra” e cambiamento in Campania

Esiste un film del 1954 che si chiama Carosello Napoletano. Una pellicola in cui per la  prima volta in Italia il Cinema affrontò il genere rivista ovverosia una sorta di rassegna critica delle principali espressioni della musica e delle forme artistiche che si esprimevano in quel periodo a Napoli.

Un film gradevole, persino audace per i tempi in cui fu prodotto ma – sostanzialmente – leggero e senza nessuna profonda pregnanza culturale che potesse consentire di lasciare una duratura traccia nel tempo.

Ho fatto citato questo dato per tratteggiare una sorta di fantasmagorica allegoria con l’attuale corso politico e pratico che la “Sinistra” partenopea (e regionale) interpreta da parecchi anni.

Un percorso che ha trovato nell’attuale integrazione dentro la coalizione elettorale “Fico/De Luca” – per le prossime elezioni regionali – un punto di approdo che, al di là delle abituali chiacchiere con cui si condiscono simili pasticci, descrive bene la consapevole subalternità culturale e politica ai desiderata del Partito Democratico, al compatibilismo penta/stellato, ai cosiddetti moderati alla Mastella ed all’insieme delle corti clientelari che alimentano la pletora di signori e signorotti che, negli ultimi decenni, hanno amministrato/violentato la Campania.

Naturalmente in questo blocco di interessi abbiamo citato il volto politico ma, quando alludiamo a costoro è da intendersi, anche, la presenza dei settori più avveduti di Confindustria, dell’Associazione Costruttori, delle Banche, dei dirigenti dell’Autorità Portuale, della piccola e media impresa affaristica e speculativa e del corrotto arcipelago del Terzo Settore e della Cooperazione.

Credevamo che con il recente accordo De Luca/Schlein che ha silenziato le posticce velleità di rinnovamento che si millantavano nel PD e che con la piena capitolazione dei 5 Stelle che già alle scorse elezioni comunali hanno sostenuto pienamente l’attuale sindaco, Gaetano Manfredi, avessimo già assistito all’apoteosi del politicismo e del trasformismo invece dobbiamo prendere atto che le capacità di attrazione ideologica e materiale (un vero e proprio caso di sussunzione reale volendo scomodare Karletto) della governance a tutti i costi sono ancora forti e continuano a fare proseliti in quell’ambito politico ma anche sociale che – confusamente – continua ad autodefinirsi come “Sinistra”.

Non è la prima volta – infatti – che a Napoli registriamo un irrefrenabile desiderio di “Campi Larghi” mentre – coerentemente con la sua storia ed i suoi presupposti politici – Vincenzo De Luca sta proseguendo la sua particolare campagna elettorale attraverso ricatti strangolatori, diretti ed indiretti, verso i suoi nuovi e vecchi alleati inibendo, preventivamente, ogni seppur timido accenno da parte di Fico and company verso obiettivi di tipo popolare e/o sociale. Una autentica gabbia autoritaria per continuare a condizionare, segnare e controllare – di fatto – il funzionamento e la gestione globale della prossima consiliatura regionale.

Come leggere altrimenti le nomine blindate e clientelari varate nel comparto Sanità pochi mesi prima della scadenza del mandato, come interpretare i quotidiani strali contro eventuali riproposizioni legislative di strumenti assimilabili a quel che fu il Reddito di Cittadinanza e come collocare le sue dichiarazioni a favore della ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro e la diffusione delle infinite modalità di woorking poor a cominciare dall’ampliamento delle Zone Economiche Speciali se non come un tracciato di impostazione politico/programmatico che De Luca – e il suo blocco di poteri ed interessi – sta spudoratamente  dettando ed imponendo all’intera coalizione di Fico.

Rispetto a questi chiari ed evidenti processi politici e a fronte a tale tipologia di riposizionamenti di potere e di collocazione che gli epigoni di una “Sinistra” la quale ha smarrito, da tempo, non solo la propria identità/alterità ma anche un minimo di logica coerenza tra quanto afferma e come agisce, cercano ossessivamente un posticino al Sole a Palazzo Santa Lucia ed, in subordine, negli interstizi del sottogoverno della Regione Campania. E noi tutti sappiamo come sono ampi ed assorbenti i meandri dei palazzi della Regione!

Del resto, se sui santini elettorali, ogni candidato può scrivere il suo libro dei sogni e formulare ogni funambolica richiesta per i nostrani “Sinistri” fa fede il bilancio della loro azione in questi tre anni a Palazzo San Giacomo dove hanno sempre votato ogni provvedimento del comitato di affari Manfredi/Cosenza. Non dovrebbe occorrere far notare che non basta distinguersi sui Social o in qualche piazza da questo o quel provvedimento dell’amministrazione particolarmente odioso o antipopolare ma se si vuole assolvere, per davvero, ad una funzione critica e di lotta occorre farlo anche attraverso atti ufficiali, formali pubblici e soprattutto chiari.

Di tale attitudine politica non abbiamo tracce nella storia dell’ultimo Consiglio Comunale e non ci risulta che su alcuni passaggi essenziali e vitali per il futuro dell’amministrazione la “Sinistra” abbia concretizzato una volontà reale di rottura con tale corso politico/amministrativo e una reale intenzione di cambiare rotta nell’azione di governo di Napoli e della Città Metropolitana.

Abbiamo, però, registrato un lungo elenco di post critici sui Social, di amare dichiarazioni postume e di promesse che da ora in poi nulla sarà come prima. Il tutto, ovviamente, dimenticato ed evaporato dopo qualche giorno di banale esecrazione virtuale!

Chi scrive ha un età vintage e, quindi, ricorda che in questa città c’è una lunga tradizione di subalternità della “Sinistra” verso il governismo a tutti i costi.

Napoli è la città dove dal 1993 – ossia subito dopo Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica – la “sinistra radicale” è sempre stata al potere anche quando aveva numeri e presenze di piazza notevoli. Ed a distanza di molti decenni chi è onesto culturalmente può riconoscere che il saldo politico complessivo e, soprattutto, lo stato della città non è minimamente soddisfacente, né per l’oggi e né per il domani.

Tale inoppugnabile verità storica (su cui discuteremo approfonditamente in altra sede) dovrebbe sollecitare qualche dubbio, qualche riflessione autocritica o qualche rettifica politica circa gli  attuali dispositivi governamentali – specie con la vigenza dei moderni sistemi elettorali e con la palese limitazione del potere delle assemblee elettive – e la loro sostanziale impermeabilità ad istanze di progresso e di avanzamento sociale in assenza di un piano organizzato delle lotte e di una generale prospettiva di rottura politica a cui si intende incardinarsi.

Eppure oggi – alla vigilia di una nuova tornata elettorale regionale –  assistiamo a questa riedizione di una impossibile simmetria tra “Sinistra” e obiettivi di giustizia economica, sociale ed ambientale.

Uno stanco rito che, purtroppo, riesce ancora a recepire qualche consenso derivante dalla vigenza di meccanismi di sottopotere, dal confusionarismo culturale che scaturisce dai processi di frantumazione/spappolamento sociale che, nella metropoli partenopea, presentano un ampia casistica strutturale e una variegata fenomenologica. Ma soprattutto questa coazione a ripetere è implementata da una insopportabile retorica – fuori tempo massimo – circa il pericolo delle destre che ha, sempre, ammorbato e depotenziato ogni istanza di protagonismo sociale piegandola all’egemonia e al comando liberale/liberista.

In questa condizione la presenza della Lista indipendente “Campania Popolare con Giuliano Granato presidente” rappresenta una anomalia da sostenere, da rafforzare e da contribuire a fare affermare.

Una anomalia che non cade dal cielo ma è, a sua volta, una conseguenza di un molecolare, spesso oscuro, attivismo nei posti di lavoro, nei territori e nel complesso della società di tante compagne e compagni che non hanno abdicato ad una funzione conflittuale, ad un lavorio di ricostruzione di un comune versante di lotta e di organizzazione popolare in un contesto complicato e difficile come quello della nostra regione. Un impegno collettivo che è, esplicitamente, controcorrente al marcio corso politico della nostrana Sinistra e che non vuole delegare ad altri soggetti i propri possibili livelli di Rappresentanza in ogni ambito politico e sociale compreso quello che attiene ai nessi istituzionali.

L’esigenza/urgenza – in Campania e non solo – di una area politico/sociale autonoma dalle compatibilità, dal dogma imperante della superiore logica di impresa e del mercato, un organizzato posizionamento sicuramente contro ogni ipotesi reazionaria ed oscurantista ma – in primo luogo – da ogni compromissione ideale e materiale con qualsivoglia riedizione di centro/sinistra più o meno rinnovato è, mai come ora, essenziale e necessario.

Da questo punto di vista le recenti manifestazioni a sostegno della Palestina, la riuscita degli Scioperi Generali proclamati dall’Unione Sindacale di Base e la radicalità etica e politica espressa in queste ultime settimane (Cambiare Tutto) non merita essere mortificata e sacrificata al teatrino del tatticismo, del moderno doroteismo e del gattopardismo.

Campania Popolare è una alleanza elettorale tra organizzazioni e tante attiviste ed attivisti ma durante e – particolarmente – oltre la tornata elettorale intende essere parte consapevole di un cimento collettivo che vuole combattere la sfiducia, la rassegnazione ma anche le concezioni ideali e politiche che vogliono accontentarsi del meno peggio o di una presunta riduzione del danno.

Intendiamo, quindi, contribuire ad affermare una politica differente che dia continuità ai movimenti civici, sociali, di scopo e a quanti non vogliono arrendersi ai codici del politicismo e della filosofia del cosiddetto riformismo senza riforme.

Intendiamo, veramente cambiare tutto e intendiamo farlo, in Campania, anche attraverso la promozione, il supporto e il convinto voto a Campania Popolare.

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1 Commento


  • PEPPE

    BISOGNA ENTRARE NELLO SPECIFICO DEL PROCESSO DI DISFACIMENTO SOSTANZIALE DI QUELLA CHE NOMINALMENTE PASSA PER SINISTRA COSIDDETTA RADICALE. SE IN VARI DECENNI DI AMMINISTRAZIONE HA PRODOTTO IL NULLA ,ESSA TANTO ESPRIMEVA E DI TANTO ERA INNERVATA.CI SAREBBE BISOGNO DI LUOGHI E PAROLE,L’OPPORTUNISMO HA MODELLA TO UNA INTERA STAGIONE POLITICA,DI INURGENZE VERE NO NE ABBIAMO MAI VISTE, INTANTO PICCOLI DEMOCRISTIANI CRESCEVANO.

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