Il governo Draghi è arrivato, ed è come ce lo aspettavamo: un governo nemico.
Al di là dei ritratti agiografici della stampa italiana quello che vediamo è un governo costruito a tavolino per servire la finanza e Confindustria obbedendo pedissequamente ai diktat della BCE e dell’Unione Europea. Un governo con dentro tanti fedelissimi di Draghi travestiti da tecnici a tenere saldamente i cordoni delle finanze, e il peggio della politica.
Una classe politica indecente, incapace di dare prospettive ad un paese e a delle masse popolari stremate da un anno di crisi a cui non si è voluto porre veramente rimedio, adottando la parola d’ordine “Con il virus bisogna convivere” piuttosto che fermare la produzione.
Rientra a distanza di un decennio Forza Italia, con un terzetto riesumato per l’occasione e Brunetta pronto a massacrare i lavoratori pubblici, allo sviluppo economico arriva la Lega liberista che ha ormai gettato la maschera euroscettica. Resta Lamorgese, solerte applicatrice dei decreti Salvini. Al lavoro va il PD, che sappiamo bene quale concetto ha avuto del lavoro, da Treu al Jobs Act. Agli Esteri rimangono Maio e un M5S passato in 3 anni da apritore di scatolette a stampella dell’establishment.
Rimane solo la finta opposizione dei fascisti di Fratelli d’Italia, che agiscono per meri calcoli elettorali e non certo perché non condividono lo stampo fortemente classista di questo governo, tanto più che si sono già detti aperti e propositivi verso Draghi.
Tutti si stringono attorno a Draghi per partecipare alla spartizione del Recovery Fund, che è stato presentato come la panacea di tutti i mali; ma, a ben vedere, i fondi europei non costituiscono affatto la tanto decantata pioggia di soldi, visto che, al netto di tutto e spalmati sui 6 anni, incideranno pochissimo sul PIL.
Sono invece la scusa per vincolarci ancora di più alle politiche di austerità dato che, se non rispetteremo le solite raccomandazioni del semestre europeo su tagli, privatizzazioni e tutto il bagaglio di ideologia neoliberista, la UE chiuderà i rubinetti.
Nel frattempo, si torna a parlare ancora una volta di autonomia differenziata, quando la pandemia ha reso a tutti evidenti che le regioni non hanno saputo tutelare beni fondamentali come la sanità e l’istruzione.
Inoltre, con la scusa della digitalizzazione e della transizione ecologica si avvierà una profonda ristrutturazione del mondo del lavoro. Si chiuderanno le produzioni “non competitive”, si taglieranno ulteriormente le funzioni sociali dello Stato, si favoriranno le privatizzazioni e si caricherà il peso di un debito gigantesco da ripagare nuovamente sulle spalle delle masse popolari.
Non è tempo per piangersi addosso, è tempo di costruire in piazza l’opposizione a questo governo che tiene insieme il peggio dell’indecente classe politica italiana e il peggio della tecnocrazia europea.
Giovedì dalle 17.30, davanti alla Prefettura
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