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Diario di una primavera incompiuta

Se le vicende che si susseguono nell’odierno Egitto fossero la trama di un romanzo trarrebbero energie da ideali, risvolti drammatici, intrecci e intrighi che sembrano scaturire dalla mente arguta di un grande narratore.

Invece a scrivere questa storia, una storia vera, a vestire i panni dell’autore del proprio destino è un popolo antico e fiero che ora lotta per riconquistare libertà e dignità.

Lo sta facendo dal 25 gennaio 2011 sull’onda del risveglio di altre genti nordafricane stanche di subire i soprusi di moderni tiranni camuffati da padri della Patria. Nel popoloso Egitto la protesta pur martoriata dal sangue della repressione non si spegne. La popolazione si è riappropriata del voto, di organismi istituzionali ma vede tuttora incompiuta la cosiddetta rivoluzione che una parte del Paese non vuole.

Dato per spacciato da poteri tuttora fortissimi, dallo strisciante opportunismo politico,da un certo fatalismo culturale il desiderio di cambiamento continua a risbocciare. Il tempo fin qui trascorso dice che non sarà facile estirparlo. “Campofreda, che nel chiamare “diario” il suo lavoro finisce per farsi un torto, ha invece lavorato molto proprio su questo tema. Si è cioè sforzato, oltre la pura cronaca appunto diaristica, di fornire al lettore una chiave di lettura. Chiave di lettura che passa inevitabilmente da capitali vicine a lontane dal Cairo: Washington naturalmente, Israele per forza di cose, i Paesi europei e naturalmente gli attori abilmente dissimulati che vivono nel Golfo e i cui formidabili mezzi, a cominciare da Al-Jazeera, hanno pilotato, se non la primavera, l’interpretazione che ne è stata data. È accaduto poi in Libia, accade in queste ore in Siria. Se sfugge questo nesso, se le “primavere” incompiute vengono lette come un puro fatto nazionale, il senso più vasto di quanto accaduto e accadrà – e che sarà oggetto delle riflessioni degli storici – rischierebbe di sfuggirci, relegato nell’apparato degli effetti collaterali quando, in molti casi, la presenza esterna è stata motore, vuoi del cambiamento,vuoi della reazione. Una preoccupazione – il disvelamento del quadro internazionale – che mi sembra una delle chiavi di lettura – e dei pregi fondamentali – del lavoro di Campofreda.”

Dalla prefazione di Emanuele Giordana

 

 

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