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Les Gilets Jaunes, mon Dieu, quelle horreur!

Nel Manifesto di venerdì 17 maggio, ho letto con piacere la lettera di Italiani di Parigi, che cercano a correggere l’immagine del movimento sociale in corso in Francia. Come loro, penso che la copertura sul quotidiano il Manifesto sia pessima e indegna di un quotidiano, diciamo, di “cambiamento sociale emancipatorio”.

A leggere i pochi articoli, le cui fonti sono governative e poliziesche, i Gilets Gialli ci sembrano una massa di violenti irrazionali, sciovinisti (pensate l’orribile bandiera tricolore anche delle Rivoluzioni e la sanguinosa Marsigliese: le fascisme, je vous dis!), ovviamente antisemiti ed omofobi (“un movimento costituito da individui inquietanti, motivati dall’odio e violenti“, dunque teniamoci alla larga).

Il Manifesto, sulla scia della stampa francese mainstream, pare così una fotocopia del Corriere o della scatenata PD Gruber su La7 (“gruppi violenti e comunque elettori di estrema destra“).

E infatti, gli “intellectuels de gauche” pro-socialisti e pro-ecologisti disprezzano in massa i GG, un movimento eterogeneo e senza riferimento immediato al vecchio divario destra-sinistra.

Come d’altronde Macron, che ha costruito in Francia una replica gallica della Grosse Koalition tedesca, dai “socialisti” europeisti ai “repubblicani” autoritari e per certi xenofobi.

Non sono in grado di fare una analisi sociologica dei ceti medi “intellettuali” macron-compatibili, che, per pigrizia mentale, per paura pilotata, forse per conservatorismo sociale (il low cost antisociale ed antiambientale cosi come l’euro transfrontiere ci permettono infatti da consumatori una vita da piccoli privilegiati, per il momento ancora..) non vedono i motivi pluricausali della rivolta da 6 mesi.

Ma la cecità volontaria c’è, eccome.

6 mesi di rivolta sulle rotonde e in piazza: certo possiamo disprezzare quei ceti popolari poco colti, come l’abbiamo fatto per i Brexiters, gli elettori di Trump e quelli della Lega, e possiamo, come Anna Maria Merlo, in un elenco di astrattismi, condannare “l’odio” (ma il disprezzo da establishment di Macron, per il quale siamo un “niente“?), rifiutare la “violenza” (ma quella ormai allucinante della polizia di Macron, come ogni sabato parigino e il Primo Maggio?) e rimanere “equidistanti“.

Possiamo anche disprezzare chi, come la France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, cerca, bene o male, di sostenere senza strumentalizzarlo un tale movimento (senza successo nei sondaggi elettorali per le europee, certo) e aspettare con pazienza una bella ripresa di opposizione da “socialisti” o “ecologisti” macron-compatibili.

Ma vuol dire allora che come “intellettuali” rifiutiamo di tentare di capire un movimento sociale atipico con aspetti positivi (per es. sta dinamizzando una parte della base sindacale dopo anni di sconfitte catastrofiche del sindacato a difesa del diritto del lavoro, del Welfare e dei servizi pubblici) e negativi (per es. non riesce bene a collegarsi con i movimenti di protesta nella scuola o nella funzione pubblica contro l’offensiva thatcheriana di Macron), mentre come cittadini accettiamo dunque ben volentieri nei fatti l’ordine sociale iniquo, che facciamo finta di criticare a parole.

Il Manifesto, che è giustamente attento alle evoluzioni complesse della società e della politica in Spagna, è mediocre ed inutile sulla Francia.

Eppure si muove!

Un movimento sociale da 6 mesi sotto repressione feroce e propaganda mediatica totalitaria, tutta ostile, ormai meriterebbe almeno qualche domanda seria: il pessimismo confortevole di AMM sulla situazione francese è legitimo, ma sarebbe veramente audibile se almeno confrontasse onestamente voci e analisi contrastanti sul movimento GG.

Ma Le Monde Diplomatique o il blog di Micromega sono finora le uniche fonti di altre informazioni (da valutare certo) sulla Francia del 2019 in lingua italiana: il Manifesto, zero. A parte i clichés benpensanti sus-citati.

Peccato: spero che non sarà per colpa del sogno europeista PD di un “fronte antipopulista da Tsipras a Macron“… Una vera favola per bambini, perché il movimento dei GG francesi a modo suo mette infatti in cattivissima luce l’europeismo liberista-autoritario di Macron e delle classi dirigenti francesi.

Per chi vuole aprire gli occhi almeno dopo una nube di fitto gas lacrimogeno.

Se Daniel Cohn-Bendit, l’ex-leader mediatico del maggio 1968, è ormai un portavoce di Macron, diversi miei amici, invece, elettori di Macron di 2 anni fa sotto lo slogan “Macron baluardo contro il fascismo”, si chiedono oggi se il liberismo senza pietà e l’autoritarismo dilagante alla Orbàn del “Presidente dei Ricchi” (come chiamiamo Macron in tanti) non aprano invece un viale per il fascismo del 21esimo secolo.

Nous, la gauche” abbiamo lasciato le banlieues di case popolari alla loro sorte, abbiamo lasciato i ceti popolari delle villette colpiti dalle politiche post-fordiste scivolare almeno in parte verso il Rassemblement National di Marine Le Pen, possiamo lasciare massacrare i cattivi Gilets Gialli nei medias e fisicamente? Qualcuno di loro voterà Le Pen come previsto e poi, magari in inglese, faremo bei convegni narcisistici sul populismo trionfante.

Ma noi “intellettuali di sinistra” questa volta non potremo dire che non sapevamo… ma che non abbiamo voluto vedere, quello sì.

6 mesi di rotonde occupate e di sabati di scontro disperato: svegliamoci, prima che il “baluardo del fascismo” alla Macron l’abbia partorito per davvero? Già manifestare in Francia è pericoloso: le micidiali armi da guerra “subletali” della polizia/gendarmerie (centinaia di feriti e decine di mutilati) e le procedure giudiziari immediate (2.000 processi, “celebrati” in fretta o in corso) come la legge “anticasseurs”, rendono tristamente surrealistici gli attacchi di Macron alla Russia e all’Ungheria “illiberali”.

Come da copione: il liberismo in situazione di tensione sociale può diventare ferocemente antiliberale. Ma sempre ipocrita. Rispetto al fascismo del 21esimo secolo, sarà forse appena peggio, ma almeno tutto coerente?

Il sonno della ragione (quella vera, critica e impegnata, non il finto moderatismo equidistante di un pigro neoconservatismo soft) genera mostri. Di là e di qua delle Alpi.

Siamo responsabili, per davvero.

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