Ora che Bo Xilai è stato sospeso anche dal Comitato Centrale e dall’Ufficio Politico a 18, gli articoli scritti in Occidente e in Italia sul caso stanno perdendo credibilità analitica e diventando invece un esempio di cronaca morbosa, accanendosi sulle speculazioni di come la moglie del leader cinese caduto in disgrazia abbia avvelenato col cianuro tale Heywood, uomo d’affari britannico, perché stava diventando troppo esoso sulle percentuali che egli richiedeva per portare all’estero i capitali della moglie di Bo Xilai (pratica che in Cina è considerata seconda solo a reati come appunto l’omicidio, e non una barzelletta come qui da noi).
I pezzi hanno perso ogni riferimento al fatto più significativo, ovvero a come le vicende personali di Bo e della sua cerchia possano influire sul prossimo congresso del Pcc e sul futuro del “modello Chongqing” , sulle cui caratteristiche rimandiamo ad un articolo recentemente dedicato al tema qui su Contropiano, oppure danno sfogo ad illazioni su presunti complotti politici di cui Bo sarebbe stato vittima in una resa dei conti che precede il congresso.
E il motivo è molto semplice: perché non sono state ancora prese misure che modificano quanto realizzato dal gruppo dirigente di Chongqing in questi anni, visto che una megalopoli che ha raggiunto un pil di un “triliardo” di yuan negli anni di Bo con i tassi di crescita più alti del paese difficilmente modificherà le strategie di sviluppo al di là di quegli aspetti più tipici del personaggio, come gli sms con i canti rivoluzionari inviati alla popolazione e amenità simili.
Anzi da quanto si apprende la nuova leadership si sta concentrando su come attrarre ulteriormente investimenti stranieri nella megalopoli, e comprensibilmente, dopo il caso della moglie di Bo, che potrebbe avere effetti psicologici quantomeno negativi in merito.
L’unico elemento che seriamente può essere modificato dall’attuale leadership di Zhang Dejiang, senza danneggiare le prospettive di sviluppo a lungo termine della città, riguardano l’emissione di titoli pubblici della municipalità la cui vendita sul mercato ha portato sì ingenti somme nelle casse comunali, il cui investimento ha spinto in alto i tassi di crescita, ma che hanno anche contribuito a creare debito sovrano locale contro il quale non ha recentemente mancato di scagliarsi lo stesso Wen Jiabao.
E infatti dato che non sono allo stato attuale allo studio misure di ulteriori modifiche dei provvedimenti presi da Bo, i giornalisti che hanno scritto sulla vicenda in Italia e all’estero si sono limitati agli aspetti di cronaca nera, ignorando completamente altri elementi avvenuti recentemente nell’area e ben più significativi, forse perché non funzionali a danneggiare l’immagine del Paese come invece la vicenda personale di Bo e della sua sciagurata moglie.
A nostro avviso il più importante di questi elementi d’analisi è stato reso noto verso la metà di marzo scorso, e riguarda il sorpasso mondiale nel campo della produzione manifatturiera: dopo un periodo di 110 anni in cui gli Usa hanno mantenuto il primato nella produzione di “goods”, merci commerciabili nel settore primario e secondario, nel 2011 la Cina li ha superati producendo il 19,8 % del totale del valore mondiale del settore, contro il 19,4% prodotto dagli statunitensi, secondo uno studio dell’IHS Global Insight, un’agenzia di consulenze d’investimento americana.
La classifica nei secoli precedenti era stata un gioco a tre: i cinesi nel corso di duemila anni di storia hanno sempre mantenuto saldamente il primato, che nel 1830 era del 30% della produzione mondiale. Questa percentuale, che oggi sfiora il 20%, nell’anno 1900 era scesa al 6%. A metà del secolo il primato le venne strappato dalla Gran Bretagna, che lo tenne per circa cinquant’anni fino a che gli Stati Uniti le subentrarono attorno al 1895 e da lì lo mantennero fino ad oggi.
Se la notizia riveste un’importanza mondiale, agli occhi dei più attenti emerge una notizia nella notizia: la quotazione dell’output cui si fa riferimento è probabilmente monetizzata, ovvero quotata in dollari. Non fa riferimento dunque ai valori reali, o Power Purchasing Parity. La differenza può essere anche di 4-5 volte, ovvero la Cina potrebbe aver non sorpassato oggi gli Usa, ma averli doppiati di quattro o cinque volte nel settore manifatturiero. Questo spiegherebbe l’apparente stranezza della notizia, dato che nella percezione collettiva della Cina come la “fabbrica del mondo” quello che sembra strano non è tanto il sorpasso sugli Usa, ma che tale sorpasso sia avvenuto solo oggi e non in precedenza. E’ lo stesso principio secondo cui(considerando il valore dell’intero Pil e non solo il settore della manifattura)la Cina oggi sarebbe la seconda economia mondiale, avendo da qualche anno superato il Giappone in Pil valutato in dollari, mentre secondo altri sarebbe già la prima economia mondiale avendo superato gli Usa già dal 2009 in valore reale.
Il fatto che comunque anche in valore monetario il settore manifatturiero cinese venga riconosciuto come il primo mondiale davanti a quello degli Usa riveste un grande valore psicologico ed avrà un’echo non secondario.
Parlando invece di fatti non propriamente economici, notiamo che le recenti tensioni in Asia in campo politico e militare non vengono riportate dalla stampa nazionale nella loro interezza, ma solo con riferimento alle ambizioni spaziali della Corea del Nord.
Un articolo a firma di Long Tao di fine settembre scorso pubblicato sito Global.Times, che secondo un amico giornalista, ex compagno di studi di lingua alla Yuyan Daxue di Pechino, dove risiede da anni, e collaboratore del portale Agichina 24, riporta posizioni spesso altrui ma in linea con quelle dei “falchi” dell’establishment cinese, sostiene che da mesi Australia, India e Giappone stanno accumulando scorte di armi e munizioni per una possibile guerra “di livello mondiale”.
Effettivamente è da più di un anno che nella regione gli Usa svolgono manovre militari congiunte in varie zone con una frequenza preoccupante: nel nord-est con la Corea del Sud, con addirittura recentemente l’invio della portaerei George Washington nel mar Giallo, da alcuni giudicata minacciosamente troppo vicina alle coste cinesi.
Ora, dopo il rinnovato accordo militare di gennaio con le Filippine(su cui rimandiamo ad un articolo di Marco Santopadre), da lunedì 16 Aprile sono iniziate delle manovre militari congiunte con gli Usa anche a sud, nel Mar della Cina Meridionale, dopo che vicino all’isola Huangyan dell’arcipelago delle Minzhu si era recentemente verificato uno “stallo”tra forze cinesi e filippine. Il fatto che vengano derubricate come manovre annuali non diminuisce la valenza specifica che rivestono nel momento attuale, sottolineata anche dai militari filippini.
Lo stesso portale ha dedicato all’argomento della contesa delle isole nel Mar della Cina meridionale una speciale raccolta di articoli su quello che con i suoi 50 miliardi di tonnellate di riserve di greggio e più di venti mila miliardi di metri cubi di gas naturale è noto come il “secondo Golfo Persico”.
Con queste premesse dunque non si può escludere un possibile deterioramento della situazione verso scenari di guerra nell’area, “micro o macro”. Il motivo strategico principale è che la Cina è sì un gigante economico, ma è ancora relativamente indietro sul piano militare rispetto agli Usa, nonostante una spesa che è arrivata oltre i cento miliardi di dollari ed è la seconda al mondo dopo quella americana, che, proseguendo i recenti tagli di budget, è destinata a scendere fino a 350 miliardi di dollari annui. Secondo alcune previsioni recentemente riportate dal Sole 24 Ore, il sorpasso nella spesa, senza parlare di capacità operative, potrebbe avvenire attorno al 2025. Se diamo per buona tale previsione, il che sembra improbabile, fino ad allora la Cina sarà ancora relativamente vulnerabile, sul piano continentale e nel controllo delle reti commerciali. Questo è dunque il periodo forse più cruciale e importante del suo sviluppo, in cui la regola è prendere tempo e ignorare le provocazioni, utilizzando le leve economiche per rintuzzare le rivendicazioni di paesi come Filippine e Vietnam nel Mar della Cina meridionale, e perseguendo un robusto ammodernamento dell’apparato militare in linea con la crescita del Pil, svolgendo quelle che Hu Jintao ha recentemente definito preparativi per la “lotta militare”(junshi douzheng, “lotta militare”e non come è stato tradotto, “per la guerra”). Curiosamente il secondo è lo stesso termine utilizzato per “lotta di classe”, jieji douzheng, il che potrebbe far pensare ad una “lotta” di classe “sul piano militare”, più che ad un teatro di guerra specifico o ad una guerra imminente.
Fonti
https://www.contropiano.org/it/esteri/item/8182-storia-di-soldi-e-cianuro-per-la-moglie-di-bo-xilai
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/677717/Time-to-teach-those-around-South-China-Sea-a-lesson.aspx
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/693575/Make-Philippines-pay-for-balancing-act.aspx
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/705198/War-games-show-hypocrisy-of-US-intentions.aspx
http://english.peopledaily.com.cn/90777/7789743.html
http://www.globaltimes.cn/SPECIALCOVERAGE/SouthChinaSeaConflict.aspx
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/689030/Stalemate-lingers-in-South-China-Sea.aspx
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/689071/Common-security-can-calm-turbulent-sea.aspx
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/689032/Soft-power-better-than-fierce-island-battles.aspx
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/689031/Asia-ignores-divide-and-conquer-tactics.aspx
http://www.cnbc.com/id/42065544/China_Noses_Ahead_as_Top_Goods_Producer
http://koreansentry.19.forumer.com/a/china-noses-ahead-as-top-goods-producer_post4334.html
http://lingzis.51.net/gle/nansha.htm
http://the-diplomat.com/china-power/2011/12/10/no-hu-didnt-call-for-war/
http://mil.news.sina.com.cn/2011-12-06/1727676501.html
http://english.peopledaily.com.cn/90780/7789943.html
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-04-10/pentagono-gigante-ferito-064237.shtml?uuid=AbaNyfLF
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