Lo scorso 14 aprile i cittadini che passeggiavano nel piccolo parco che sorge davanti al Municipio di Donostia, nei Paesi baschi spagnoli, hanno potuto godere di uno spettacolo inusuale. Infatti la bandiera tricolore repubblicana, quella della Seconda repubblica proclamata nel 1931 ad Eibar – paradossalmente un piccolo comune basco –sventolava dal balcone più alto dell’ex casinò. Con sommo scandalo dei consiglieri del Partito Popolare che accusavano il sindaco della Sinistra Indipendentista di aver trasformato il Municipio in una ‘Herriko Taberna’ (i bar-centri sociali della sinistra basca). In un paese in cui una parte importante della popolazione ha il culto per la monarchia e per i Borboni, essere repubblicani è un crimine, un affronto, un po’ come essere anarco-insurrezionalisti qui da noi. Ed infatti la destra spagnolista ha minacciato denunce penali contro gli eversori dell’ordine costituzionale, nella fattispecie il sindaco e i suoi assessori.
Peccato che nel giro di poche ore un altro scandalo, l’ennesimo, ha investito l’anziano ma ancora vispo monarca. Quello che a tutt’oggi è il presidente onorario della sezione spagnola del WWF, infatti, se ne era andato a caccia di elefanti nel lontano Botswana, alla ‘modica’ cifra di 33 mila euro. Quanto percepisce un cittadino iberico in due anni di duro lavoro – se non fa parte del 24% di disoccupati – per ammazzare a fucilate un esemplare di una specie protetta che più protetta non si può. Il governo del paese africano vieta assolutamente la caccia a Dumbo, tranne che in casi eccezionali, e quello del Borbone a caccia di emozioni forti era una di questa.
La foto ricordo dell’eroico gesto sarebbe dovuta rimanere appannaggio di pochi intimi, peccato che durante il viaggio in Africa il Borbone è caduto e si è rotto un’anca, attirando su di sé l’attenzione dei quotidiani, dei telegiornali e di quella miriade di riviste e siti scandalistici che con i gossip sui reali di Spagna ci vanno a nozze. Apriti cielo!
Lo staff della famiglia reale ha tentato di bloccare la diffusione della notizia, facendo chiudere temporaneamente il sito web della Rann Safaris, la società che gestisce la caccia grossa nei parchi del Botswana, che aveva avuto la malaugurata idea di postare una bella istantanea che ritraeva il Borbone in posa accanto alla carcassa dell’elefante assassinato. Ma ormai era troppo tardi, e le foto stavano già facendo il giro del mondo suscitando l’indignazione degli animalisti e la rabbia di lavoratori e disoccupati, e concedendo nuove e insperate argomentazioni ai tanto bistrattati repubblicani. Dalle immagini ospitate dal sito si poteva apprezzare anche un’altra battuta di caccia grossa, durante la quale anni fa il presidente onorario del WWF spagnolo aveva abbattuto due bufali.
L’ondata di indignazione che si è diffusa tra gli spagnoli sembra seria, e difficilmente potrà essere dimenticata o derubricata come è avvenuto in passato con altri scandali ben più gravi. Se il sostegno al franchismo prima e al “tentato” golpe del colonnello Tejero poi non hanno affatto scalfito la fede borbonica della maggioranza degli spagnoli, gli ultimi episodi che hanno avuto per protagonista il 73enne sovrano e la sua ‘corte’ potrebbero affondare la popolarità della monarchia. Almeno è quanto sperano repubblicani e progressisti. Per la prima volta critiche forti e frontali piovono sul Borbone anche da media a larga diffusione. Senza contare che stando ad alcune mail entrate in possesso della magistratura il genero del Re, Iñaki Urdangarín, sotto processo per aver intascato 15 milioni di euro di denaro pubblico attraverso una Ong, si evince che il sovrano sarebbe coinvolto direttamente. Per molti l’anziano Re è ormai un ‘vecchio elefante’ da mandare, se non in prigione, almeno a casa. Il rischio è però che le correnti conservatrici e una parte di quelle liberali, in nome della difesa dello status quo, orientino l’indignazione dell’opinione pubblica non verso un regime repubblicano, bensì verso la sostituzione di Juan Carlos con qualche esponente della famiglia reale meno bruciato e meno sprovveduto. I monarchici chiesero già al Re di abdicare quando, alcuni anni fa, il suo amministratore e ambasciatore personale, Manuel Prado, fu condannato per aver ricevuto dal faccendiere Javier de la Rosa, a suo dire per premiare i servigi del monarca nella Guerra del Golfo, 100 milioni di dollari da una multinazionale del Kuwait. Ma il Borbone non ne volle sapere e rimase al suo posto, e lo scandalo fu presto dimenticato.
La Spagna è ridiventata una monarchia nel 1975, quando il morente dittatore Francisco Franco decise di nominare suo successore l’erede al trono, il giovane Juan Carlos, dopo che un commando dell’ETA aveva fatto saltare in aria il suo delfino, l’ammiraglio Carrero Blanco, nel centro di Madrid. Il Borbone ha contraccambiato la fiducia che il regime ha riposto in lui mantenendo strette le redini di una transizione alla democrazia che definire incompleta è poco, e ancora negli ultimi anni si è prodigato per evitare qualsiasi riforma delle istituzioni in senso federalista e democratico come chiedono invece a gran voce baschi, catalani e galiziani. Nel discorso di Natale l’austero sovrano invitava i suoi sudditi a sopportare in silenzio i sacrifici e l’austerità, per il bene della Patria. Alla luce delle sue poco eroiche gesta in Botswana quelle parole sanno di beffa a cittadini sempre più in difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena.
Il problema è che la classe politica iberica non è affatto repubblicana, azi. Non lo sono ovviamente i Popolari, ma neanche la maggior parte dei socialisti. Per queste due forze politiche e per il blocco di potere che governa il paese indipendentemente dalle maggioranze parlamentari tornare alla Repubblica è impensabile, il timore è che il cambiamento di regime trascini con sè tutta l’impalcatura costituzionale autoritaria e centralista partorita dal vecchio regime franchista quando decise di cambiar forma alla fine degli anni ’70.
Rimangono Izquierda Unida a livello statale e le varie forze politiche nazionaliste, di sinistra o esplicitamente repubblicane attive nei Paesi Baschi, in Catalogna e in qualche altro territorio. Forti localmente ma poco pesanti a livello generale.
Troppo poco per trasformare la caccia all’elefante in una caccia al Borbone? Intanto i repubblicani hanno rispolverato un loro vecchio slogan: “Los Borbones a los tiburones”. I Borboni agli squali. Una dichiarazione programmatica inequivocabile…
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