Menu

Grecia: voci e smentite. Brutto tiro di Tsipras ai partiti pro-troika

 

“Fumata bianca ad Atene” avevano già scritto giornali e agenzie di stampa di tutto il mondo. Erano bastate alcune dichiarazioni del leader della Sinistra Radicale Alexis Tsipras, proferite dopo un incontro con i segretari degli altri due partiti maggiori – Nea Dimokratia e Pasok – a scatenare i giornalisti.
Uscendo dal lungo incontro convocato dal presidente Papoulias per cercare di ricomporre il puzzle e dare alla Grecia un governo che applichi i nuovi diktat della troika, Tsipras aveva detto: “tre partiti si sono accordati su un piano per un governo di due anni per applicare l’accordo sul prestito (…). Io non posso accettare quello che considero un errore” facendo riferimento, seppur indiretto, oltre che ai due maggiori partiti, alla Sinistra Democratica di Fotis Kouvelis, ex compagno di partito in cerca di lidi più agevoli.
Nei giorni scorsi Dimar si era detta disponibile ad un governo di coalizione con i due partiti pro-troika, a condizione però che nella maggioranza ci fosse una copertura ‘a sinistra’ che evitasse la scomparsa della neonata formazione di Kouvelis già alle prossime elezioni, sull’onda della rabbia popolare contro quello che in molti considerano un tradimento delle sue promesse elettorali, filoeuropeiste si ma anti-memorandum.

A venire in aiuto di Kouvelis c’era stata una sibillina dichiarazione del Presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, che ampiamente ripreso dai media ellenici sembrava prefigurare la disponibilità delle istituzioni europee ad allungare i tempi delle cosiddette riforme imposte ad Atene. «Non ho problemi a dare un anno di più» tuttavia ne «potremo parlare solo quando sarà stato formato un governo» aveva affermato Juncker, creando così le condizioni affinché una forza “anti-memorandum” come Dimar potesse in qualche modo giustificare il suo ingresso in un esecutivo il cui unico scopo è applicare le direttive e le ‘riforme’ – 150 mila licenziamenti nel settore pubblico, 11,5 miliardi di euro di tagli – che BCE, Commissione Europea e FMI chiedono a gran voce.

Le dichiarazioni di Tsipras, quindi, erano apparse nel primo pomeriggio subito credibili: aggiungendo i rappresentanti in Parlamento di Dimar ai 149 seggi di Nea Dimokratia e Pasok si sarebbe avuta una nuova maggioranza, seppur a termine.

Ma poco dopo è arrivata la secca, stizzita smentita di Kouvelis, che ha parlato di “bugie diffamatorie” ed ha accusato Tsipras di aver «superato ogni limite di decenza politica».
Il leader di Dimar accusa Tsipras di aver spudoratamente mentito ai greci – con intento chiaramente denigratorio agli occhi dell’elettorato di sinistra – affermando che Sinistra Democratica aveva accettato di entrare a far parte di un governo di coalizione favorevole al piano di austerità (Memorandum) concordato da Atene con i creditori internazionali.

Che Tsipras abbia mentito o semplicemente forzato la sua descrizione della situazione, fatto sta che ormai il tentativo di dare alla Grecia una coalizione pro-troika sembra avviato al fallimento. Anche se le pressioni e le minacce nei confronti dei greci da parte dei politici e degli economisti tedeschi ed europei in generale proseguono incessanti a base di dichiarazioni terroristiche sul fallimento certo di Atene se non accetterà gli aiuti e le condizioni capestro di Bruxelles. Dichiarazioni che tendono a individuare i responsabili del presunto caos che investirebbe la Grecia coloro che non accettano di varare un governo, in particolare Tsipras e i suoi, definiti ‘irresponsabili’ ‘avventuristi’ e quant’altro.

In mattinata era stato diffuso anche un sondaggio, realizzato dalla società KapaResearch per conto del settimanale To Vima, nell’esplicito di operare nuove pressioni sul fronte del No e di confondere le acque. Secondo il sondaggio, realizzato il 9 e 10 maggio, il 72% dei greci pensa che i partiti devono fare i compromessi necessari per formare un governo, mentre il 61% degli intervistati considererebbe ‘non realistiche’ le proposte di Syriza, che vorrebbe l’abolizione del Memorandum. Una parte significativa dei greci, rispettivamente il 55,3% e il 53,4%, rimarrebbe fedele al bipolarismo, pur chiedendo una ristrutturazione del centro-sinistra e del centro-destra.

Il sondaggio forniva anche le intenzioni di voto, accordando si una crescita a Syriza (il 20,5% contro il 16,8% del 6 maggio), ma assai minore di quanto altri istituti di inchiesta hanno previsto in questi giorni per la Sinistra Radicale, data tra il 24 e il 27% dei consensi. Secondo il sondagio Nea Dimocratia e Pasok scenderebbero rispettivamente dal 18,87 al 18,1% e il secondo dal 13,18% al 12,2. Il partito dei Greci Indipendenti scenderebbe all’8,4% (dal 10,60), il Partito Comunista (Kke) al 6,5% (dall’8,47%), Chrysi Avghì (Alba dorata, neonazista) al 5,8% (dal 6,97%) e Sinistra Democratica al 5,0% (dal 6,10%).
Se Papoulias e gli emissari di Bruxelles non riusciranno a convincere a breve Dimar a sacrificarsi – e dopo la sparata odierna di Tsipras appare assai difficile – si potrebbe andare a elezioni già il 10 o il 17 di giugno.

Intanto proprio oggi da Bruxelles è arrivata una smentita alle presunte disponibilità dimostrate da Juncker. «Non sono al corrente di alcuna discussione nella Commissione per dare nuovi prestiti o per fare nuove concessioni» ha spiegato all’agenzia Bloomberg un portavoce dell’esecutivo dell’Unione Europea, che quindi non starebbe affatto pensando di ammorbidire i termini del “salvataggio” della Grecia. Una smentita anche di quanto aveva riferito ieri Real News, una testata greca, citando fonti della Commissione, su una possibile proroga della troika al 2015 dell’impegno a ridurre il deficit di Atene. 

E’ in questo clima che stasera, alle 19,30, l’anziano presidente socialista Karolos Papoulias riprenderà le consultazioni incontrando i partiti minori presenti in Parlamento.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *