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Turchia, Erdogan perde altri pezzi, oggi manifestazione a Piazza Taksim

In Turchia la protesta torna in piazza stasera per chiedere le dimissioni del premier Recep Tayyip Erdogan e del suo governo, investiti da una crisi politica gravissima dopo che la magistratura ha ordinato decine di arresti tra gli esponenti politici di punta del partito di governo, funzionari della banca pubblica e imprenditori. 

I manifestanti saranno in piazza ad Ankara, ad Istanbul e in altre città a partire dalle 19 di questa sera, mentre il governo ha perso oggi nuovi pezzi dopo le dimissioni dei giorni scorsi di deputati che hanno deciso di lasciare l’Akp e la maggioranza. Tre deputati, tra i quali un ex ministro, oggi hanno lasciato il Partito della Giustizia e dello Sviluppo. L’ex ministro della Cultura Ertugrul Günay, il deputati di Smirne Erdal Kalkan e quello di Ankara Haluk Özdalga hanno annunciato le dimissioni dopo essere stati deferiti alla commissione disciplinare del partito di governo a causa di alcune loro dichiarazioni assai critiche nei confronti di Erdogan e della direzione della principale forza politica turca. Günay, una figura di primo piano balzata all’onore delle cronache a seguito delle critiche sui social media della repressione delle proteste di Gezi, ha annunciato che la sua strada “si separa” da quella del partito. “L’esecutivo e il presidente del partito ci hanno sollecitato una decisione che avevamo difficoltà a prendere. Mentre il partito doveva affrontare accuse gravi, hanno tollerato i responsabili per queste accuse e deferito a procedure disciplinari coloro che li invitavano a ragionare. Ci hanno reso la decisione più facile” ha detto l’ex ministro durante conferenza stampa. “Il partito si è evoluto in due ali, l’ampia base popolare che è stata oppressa e la mentalità dispotica del vertice. Questa mentalità non ha alcuna possibilità ora. A questo punto, chi ha questa mentalità sta andando altrove, guidato dalla sua arroganza. Siamo al punto in cui le strade si separano” ha concluso Günay. Nei giorni scorsi anche l’ex ministro degli Interni Idris Naim Sahin si era dimesso per protestare contro la reazione del partito allo scandalo per corruzione che ha già obbligato il premier a sostituire ben dieci ministri in un rimpasto di governo che non sembra affatto sufficiente a placare polemiche e proteste.

Alcune media filogovernativi hanno suggerito che l’indagine, che con il coinvolgimento di quattro ministri e del suo stesso figlio, sta dinamitando la credibilità di Erdogan, mirerebbe a preparare un colpo di Stato militare. Ma le forze armate hanno affermato oggi che non intendono farsi coinvolgere in una questione di competenza della magistratura e tutta interna al partito di governo. “Le forze armate turche non vogliono essere coinvolte nel dibattito politico” si legge in una nota sul sito delle forze armate di Ankara. “Il Tsk svolge i suoi compiti e assolve alle sue responsabilità, definite dalla costituzione e dalla legge, restando al di fuori di qualunque opinione o movimento politico” aggiunge il comunicato dell’esercito che risponde in particolare alle dichiarazioni di un consigliere di Erdogan, Yalcin Akdogan, che nella sua rubrica sul quotidiano Star ha affermato che l’indagine in corso sulla corruzione nelle alte sfere del potere fa parte di un complotto per provocare un colpo di stato. L’esercito turco ha realizzato quattro colpi di stato dal 1960 as 1997. Ma a partire dalla vittoria degli islamisti nel 2002 gli alti gradi delle forze armate sono stati ampiamente purgati tramite varie ondate di destituzioni e processi e rimpiazzati con nuovi generali vicini all’Akp.

Intanto la lira turca continua a crollare e a stabilire nuovi record negativi contro dollaro ed euro, così come la borsa di Istanbul che solo oggi ha perso il 4,3% dopo il meno 2,33% di ieri e il meno 4,2% di mercoledì. Il quotidiano Hurriyet, vicino all’opposizione di centrosinistra, parla di “effetto bomba” dell’inchiesta sui mercati.

“Il rimpasto di governo per ora contiene l’incendio, ma non lo spegnerà” è stato il commento odierno di Huseyin Gulerce, editorialista del quotidiano Zaman, di proprietà del predicatore Fethullah Gulen, ex alleato ed ora feroce avversario del ‘sultano’ all’interno del partito liberal-islamista al potere da 11 anni.

Intanto oggi una nuova tegola si è abbattuta sul premier. Il Consiglio di Stato, massimo tribunale amministrativo turco, ha annullato il contestatissimo decreto governativo approvato d0menica, a scandalo ormai esploso, che obbligava le forze di polizia ad informare i propri superiori politici prima di eseguire perquisizioni e arresti su ordine della magistratura.

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