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Gas, sanzioni e Unione Euroasiatica, Russia in difficoltà

Non ci sono in queste ore “elementi concreti” che inducono all’ottimismo su una rapida soluzione negoziale della crisi in Ucraina: e pur auspicando “segnali positivi” a breve, a fronte di “progressi lenti” e qualora la situazione non dovesse mutare, l’Unione europea “è pronta a prendere in considerazione ulteriori sanzioni nei confronti della Russia”. E’ abbastanza esplicito il risultato della riunione avvenuta ieri alla Farnesina tra i ministri degli Esteri di Italia, Lettonia e Lussemburgo, Federica Mogherini, Edgars Rinkevics e Jean Asselborn, che gestiranno la presidenza di turno dell’Ue nei prossimi 18 mesi.

In realtà la Mogherini ha voluto segnalare qualche elemento di ottimismo sulla possibilità che la Russia faccia qualche “passo indietro” nella crisi aperta in Ucraina dal golpe filoccidentale. “Se anche passassimo a un’ulteriore fase del livello sanzionatorio, non si tratterebbe della soluzione del conflitto, che va cercata al tavolo negoziale”, ha insistito il ministro di Renzi alla vigilia dell’inizio del semestre di presidenza italiana dell’Ue.
E’ stato invece più esplicito il suo collega lussemburghese, secondo il quale l’obiettivo dell’Ue, almeno quello iniziale, deve essere “aiutare il presidente ucraino Petro Poroshenko a far sì che il suo piano di pace abbia successo, incoraggiando anche la Russia a impedire qualsiasi tipo di penetrazione di armi e combattenti dal confine”. Alla luce del fatto che Poroshenko ieri sera ha posto fine ad un cessate il fuoco rispettato solo in parte, l’ipotesi di nuove sanzioni contro Mosca resta sul tavolo. “Il Consiglio Ue ha chiesto alla Russia di agire per porre in sicurezza la frontiera. Certamente ci sono progressi lenti, ma l’Ue è pronta a prendere in considerazione ulteriori sanzioni nei confronti della Russia. Se non vedremo alcun progresso, e la situazione attuale si protrarrà nel tempo malgrado il piano di Poroshenko, certamente ci troveremo costretti a considerare l’ipotesi di ulteriori sanzioni e pressioni economiche su entrambi i paesi”, ha spiegato da parte sua il ministro lettone.
La Russia quindi per sperare di ridurre l’isolamento che la comprime ‘deve fare la brava’, è il messaggio dell’Unione Europea e a maggior ragione dell’amministrazione Obama. Nel tentativo di evitare il terzo pacchetto di sanzioni Vladimir Putin oggi incontrerà gli ambasciatori e i rappresentanti permanenti della Federazione Russa, designando un piano d’azione comune in politica estera, visti i timori che nuove misure dell’Ovest – dopo l’Accordo di associazione di Ucraina, Georgia e Moldova con l’Ue – possano colpire ulteriormente e più seriamente l’economia russa. E in questo clima anche Washington preme sull’acceleratore dell’isolamento. Basta guardare al fatto che John F. Tefft, noto per le sue posizioni contro Mosca, sarà con tutta probabilità il prossimo ambasciatore Usa in Russia, per capire verso quale strategia sono orientati gli Stati Uniti.
Qualche guaio in più rispetto al previsto potrebbe venire dal fronte dei rapporti commerciali con i paesi che non aderiscono al boicottaggio occidentale. Crescono in questi giorni i dubbi che lo storico accordo per la fornitura di gas firmato da Russia e Cina entri nel vivo nei tempi previsti e, anzi, le cose potrebbero andare per le lunghe, creando problemi alla crescita della Cina, sempre più assetata d’energia, ed anche alla Russia, assetata di esportazioni. A rinfocolare i dubbi è stato ieri il quotidiano South China Morning Post secondo il quale gli analisti della Macquarie Securities sostengono che il flusso di gas russo in Cina non comincerà ad essere operativo prima del 2019 e ci metterà almeno cinque anni per raggiungere il pieno regime. Una stima in linea con quanto prospettato dall’Oxford Institute for Energy Studies. “I progetti russi sfondano di solito il budget e hanno ritardi”, si legge nel rapporto di Macquarie, che cita la società di consulenza industriale Wood Mackenzie. “Viste le probabili difficoltà dello sviluppo upstream e il fatto che il gas andrà verso mercati del gas nascenti nelle città, Wood Mackenzie s’attende una fornitura di 5 miliardi di metri cubi attraverso il gasdotto ‘Power of Russia’ nel 2020 e poi una graduale crescita fino al volume contrattuale di 38 miliardi di metri cubi nel 2025: sette anni dopo rispetto a quando previsto dalle notizie dei media”. Nel frattempo Mosca potrebbe perdere parecchi miliardi di mancate esportazioni ad ovest e Pechino dovrebbe mantenere gli accordi per le importazioni di greggio e gas con le petromonarchie favorendo indirettamente alcuni dei più acerrimi nemici della Russia. E nel frattempo Washington potrebbe fornire risorse energetiche ad un’Europa sempre più in rotta di collisione con Mosca accelerando così l’isolamento internazionale della Russia.
Anche sul fronte dell’Unione Euroasiatica si profilano alcuni problemi. Teoricamente l’Armenia dovrebbe entrare a giorni nell’Unione doganale, l’alleanza commerciale che per ora include Russia, Bielorussia e Kazakistan e che dal gennaio 2015 diventerà Unione economica eurasiatica. Ma l’ultimo colloquio tra il presidente russo Vladimir Putin e il collega armeno Serzh Sarkisian non ha chiarito né la data né l’effettiva fattibilità dell’adesione di Erevan al patto proposto dal Cremlino per fronteggiare la rapida avanzata di Bruxelles verso est.

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