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“Londra complice di Israele”, si dimette un ministro

E chi se lo sarebbe mai aspettato che sarebbe stato un esponente di un governo di centrodestra, e non un qualche esponente più o meno di sinistra o progressista, a fare la voce grossa contro la politica criminale di Israele all’interno di un qualche paese europeo. E invece è stato proprio così.

In Italia, le cui forze armate partecipavano ai bombardamenti su Belgrado e sulle altre città della Federazione Yugoslava, alla fine degli anni ’90 non si dimisero neanche i ministri comunisti dell’allora governo di centrosinistra.
E invece a Londra sta scatenando un vero e proprio putiferio Sayeeda Warsi, sottosegretario agli esteri e ministra della Fede e delle Comunità del governo britannico, che ha deciso alcune ore di fa di rassegnare le proprie dimissioni in segno di protesta contro le complicità dell’esecutivo di cui faceva parte nei confronti di quello israeliano, reduce da 29 giorni di bombardamenti sulla popolazione di Gaza.
«Con profondo rammarico ho scritto questa mattina al Primo Ministro e ho presentato le mie dimissioni. Non posso più supportare la politica del governo su Gaza», ha scritto la giovane baronessa, di origini pakistane nonché prima donna musulmana a far parte di un governo di Sua Maestà britannica, sul suo profilo twitter.
Nella sua lettera di dimissioni, che ha presto fatto il giro del mondo mettendo in serio imbarazzo il partito conservatore di cui fa parte e il primo ministro David Cameron in particolare, la donna critica duramente la collaborazione tra Londra e Tel Aviv, affermando: «È moralmente indifendibile, non è nell’interesse nazionale britannico e avrà un impatto dannoso nel lungo periodo per quanto riguarda la nostra reputazione interna e internazionale». E poi ancora: «La posizione presa dal Regno Unito non è conforme con lo stato di diritto e con il nostro supporto alla giustizia internazionale. Il governo britannico può giocare un ruolo costruttivo nella risoluzione della crisi in Medio-Oriente solamente se è un negoziatore onesto, e al momento non penso lo sia». Aggiunge poi Sayeeda Warsi: «La nostra posizione di non riconoscere il carattere statuale della Palestina in seno alle Nazioni Unite nel novembre 2012 ci ha posto dalla parte sbagliata della storia, e mi vergogno di non averlo detto apertamente all’epoca» esprimendo ciò che, a quanto pare, pensano non solo alcuni suoi colleghi di partito ma anche buona parte degli esponenti del Partito Liberaldemocratico, socio di governo dei Tories. Ma la ministra dimissionaria è andata anche più in là, schierandosi a favore dell’embargo nella vendita delle armi ad Israele: «Mi sconvolge che il governo britannico continui a permettere la vendita di armi ad un Paese, Israele, che ha ucciso quasi duemila persone, tra cui centinaia di bambini, solamente nelle ultime quattro settimane. L’esportazione di armi verso Israele deve cessare».
Il gesto e le dichiarazioni di fuoco dell’esponente conservatrice hanno scatenato un vero e proprio terremoto a Downing Street con il primo ministro che si è limitato a far esprimere al suo portavoce di sentirsi dispiaciuto per le dimissioni della Warsi, e nascondendosi dietro la generica richiesta da parte di Londra affinché le due parti in conflitto – cioè l’aggressore israeliano e gli aggrediti palestinesi – “concordino un cessate il fuoco immediato e incondizionato”.
E’ ancora la politica estera a rappresentare uno scoglio per il già traballante governo di coalizione tra Conservatori e Liberaldemocratici. Già qualche tempo fa il governo conservatore britannico fu sconfessato in parlamento quando Cameron presentò una mozione di sostegno all’imminente azioni militare statunitense e turca contro la Siria. La maggior parte dei parlamentari disse no all’ennesima aggressione militare stoppando di fatto l’intera operazione.

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