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Altro che tregua. Le milizie entrano a Debaltsevo, scontri furiosi

La tregua nelle regioni orientali dell’Ucraina regge solo perché così certificano le potenze internazionali che hanno raggiunto un accordo di Minsk – versione 2.0 – che di fatto lasciava irrisolti molti nodi e che a soli due giorni dall’entrata in vigore mostra già di essere in bilico. Il cessate il fuoco “regge a fatica” affermano i rappresentanti del gruppo di contatto – regime ucraino e repubbliche indipendentiste – intenti questa mattina a confrontarsi e ad accusarsi vicendevolmente delle numerosi violazioni. La maggior parte delle quali si stanno verificando all’interno della città di Debaltsevo e nelle località circostanti, dove le truppe ucraine assediate da tre settimane e le milizie del Donbass si scambiano colpi di armi automatiche ma soprattutto di artiglieria. 

Secondo numerose testimonianze, attorno alla sacca di Debaltsevo si sta combattendo ferocemente. La situazione per le truppe ucraine è grave, ammette il regime di Kiev, ma per il portavoce dei golpisti Andrei Lysenko non è così disperata come afferma il nemico. “Attualmente, alla periferia della città ci sono scontri brutali. Anche vicino alla stazione ferroviaria. I nostri militari tengono le posizioni, e hanno tutto il diritto di aprire il fuoco in risposta e mantenere le posizioni che hanno tenuto per diversi mesi in una fila”, ha detto Lysenko, confermando se ce ne fosse bisogno che la tanto decantata tregua non c’è affatto. Da parte loro i leader delle repubbliche indipendentiste confermano che la sacca dove sono intrappolati tra i sei e gli ottomila tra soldati e volontari ucraini è completamente circondata e chiusa al passaggio di rinforzi, rifornimenti alimentari e bellici. “Abbiamo una solida linea” ha rivendicato Igor Plotnitsky, leader della Repubblica di Lugansk, aggiungendo che “L’Ucraina non può e non vuole riconoscerlo”.
Le autorità della Nuova Russia chiedono a Kiev di ammettere la sconfitta e di ordinare alle proprie truppe di abbandonare le armi, e in cambio ai soldati sarà permesso di tornarsene incolumi a casa. Sconfitta che però il regime nazionalista non vuole ammettere, anche a costo di sacrificare la vita di decine o centinaia di suoi uomini. Molti dei quali – secondo alcune fonti 300 – nelle ultime ore si sono comunque arresi alle milizie di autodifesa del Donbass. “Decine di militari ucraini si sono arresi volontariamente. I loro comandanti li hanno abbandonati, e sono stati costretti a rinunciare” ha detto un ufficiale delle forze armate ribelli mentre alcune emittenti russe hanno mostrato le immagini dei militari di Kiev che si consegnavano al nemico e venivano rifocillati dagli assedianti. Di fatto Debaltsevo è ormai quasi completamente controllata dalle milizie ribelli che hanno cominciato ad entrare in città nei giorni scorsi prendendo possesso della maggior parte del centro abitato, anche se a costo di gravi perdite.
A “Debaltseve ci sono aspri scontri” e “si combatte per ogni quartiere, per ogni strada” ha riconosciuto poco fa il vice capo della polizia regionale di Donetsk (agli ordini di Kiev) Ilià Kiva alla tv ucraina 112, mentre gli indipendentisti annunciavano l’occupazione del comando della polizia locale e della stazione ferroviaria

Questa mattina, Alexander Zakharchenko, il leader della Repubblica di Donetsk, ha ordinato di inviare i trasporti ed evacuare tutti i civili che si trovano ancora intrappolati nel centro abitato. Molte persone sono state a lungo nascoste nei loro scantinati, senza accesso al cibo, all’elettricità, all’acqua e al riscaldamento, e solo oggi hanno potuto allontanarsi.
Alcune ore fa il presidente francese Francois Hollande, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente ucraino Petro Poroshenko hanno espresso la “loro preoccupazione per il proseguimento dei combattimenti a Debaltsevo”, anche sulla base del fatto che ormai è innegabile la vittoria strategica nell’area da parte delle forze indipendentiste. I tre leader, che si sono intrattenuti al telefono nel tardo pomeriggio di ieri, hanno “inoltre espresso l’auspicio che gli osservatori dell’Osce abbiano accesso libero per proseguire il loro lavoro sul terreno in modo obiettivo e far applicare il cessate-il-fuoco”.
E comunque i combattimenti non si limitano alla sacca di Debaltsevo. Ieri bombardamenti governativi sono stati denunciati nell’area dell’aeroporto di Donetsk e anche nella città di Gorlovka.
Ma come già anticipato ieri, una nuova tegola si abbatte sugli auspici delle potenze internazionali. Il capo delle forze armate di Kiev, Andriy Lysenko, ha infatti dichiarato che “per il momento” non verrà ritirata dal fronte l’artiglieria pesante come invece gli accordi di Minsk prevedevano a partire dalla giornata odierna. “Il ritiro dell’artiglieria potrà essere organizzato solo quando verrà concretizzato il primo punto degli accordi di Minsk: il cessate il fuoco. Secondo le mie informazioni, le ostilità sono continuate e quindi non esistono né una tregua effettiva né i prerequisiti per il riposizionamento dell’artiglieria”, ha dichiarato l’esponente del regime di Kiev. Questo mentre invece le milizie di Lugansk hanno spostato indietro di alcuni chilometri i loro cannoni e obici.
E certo anche il varo di nuove sanzioni da parte europea contro la Russia e le autorità della Nuova Russia, nonostante l’impegno a sospenderle nel caso il vertice bielorusso avesse dato i suoi frutti, non incentiva particolarmente né Mosca né i ribelli. Mentre le repubbliche indipendentiste avvertono che se l’Ucraina entrerà nella Nato o in qualsiasi altro meccanismo militare reagiranno di conseguenza, Mosca avverte che risponderà “in modo appropriato” alle nuove sanzioni europee e che il ministero degli Esteri moscovita oggi definisce “inconsistenti e illogiche”. Nella nuova lista di persone colpite da sanzioni figurano anche Arkady Bakhin e Anatoly Antonov, rispettivamente primo viceministro e viceministro della Difesa russa, inclusi nella black list europea perché “sostengono il dispiegamento delle truppe russe in Ucraina”. Da parte sua Gennady Zjuganov, segretario del Partito Comunista della Federazione Russa, ha criticato aspramente l’Unione europea per l’inclusione nell’elenco delle nuove sanzioni del deputato della Duma e artista Iosif Kobzon. Il leader comunista russo ha definito la UE e la sua decisione “incredibilmente cinica”, “vile” e “disgustosa”, in considerazione del fatto che il cantante soffre di un tumore e ha bisogno di trattamenti curativi che finora ha ricevuto all’estero, in particolare in Germania: da ora in poi, ha detto, a causa delle sanzioni UE non potrà riceverli. Lo stesso Kobzon però ha smentito tali cure, definendo “voci” e “pettegolezzi” le notizie diffuse al riguardo. Della lista delle personalità prese di mira fanno parte anche due membri della Camera Bassa del Parlamento russo e 14 funzionari e comandanti delle Repubbliche indipendentiste, oltre a numerose società.

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