Il governo ultranazionalista ucraino ha appena nominato l’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili “consigliere speciale” del presidente oligarca Petro Poroshenko, affidando a lui – e alla Nato, di cui l’ex leader di Tbilisi è una pedina – la programmazione delle (contro)riforme che il paese dovrà realizzare per essere accettato nel novero delle nazioni civili. O meglio, per essere desertificato dal punto di vista produttivo, trasformato in una riserva di mano d’opera semispecializzata a basso costo e in un mercato dove piazzare senza concorrenza prodotti made in Usa o made in Berlin (bisognerà vedere chi spunterà la competizione tra le due potenze) che renderanno i consumatori ucraini forse più felici e moderni, ma sicuramente più poveri.
Non è la prima volta che il governo ucraino erede del golpe del febbraio dello scorso anno assume stranieri per fare il lavoro sporco, ma certo la nomina di un personaggio come Saakashvili ha dell’incredibile. Da noi l’ex presidente georgiano gode ancora di una immeritata simpatia e di qualche credito; a Hollywood gli hanno pure dedicato un b movie che lo descrive come un eroe senza macchia e senza paura che nel 2008 si oppose alla “invasione russa della Georgia”, intento a salvare e difendere la patria dall’orso di Mosca in un contesto in cui l’Europa lo lasciò solo (in effetti Bruxelles e Berlino non si sperticarono in sua difesa) mentre a prenderne le difese fu quasi solamente Washington.
Peccato che in patria non la pensino così, anzi. A Tbilisi “Misha l’americano”, il Poroshenko ante litteram, non è affatto benvisto. E da qualche tempo l’eroe di celluloide vive all’estero da latitante perché in Georgia la magistratura ha spiccato contro di lui un ordine di arresto con l’accusa di corruzione, abuso d’ufficio, malversazione e di aver ordinato il pestaggio di un competitore politico. E pure chi all’epoca lo appoggiò nel braccio di ferro con la Russia ha repentinamente cambiato parere, visto il disastro provocato da una provocazione contro Putin scatenata dagli apprendisti stregoni della Casa Bianca che si risolse in breve con una disfatta militare e l’onta nazionale.
Ora che Saakashvili è ricomparso in Ucraina dopo aver trovato riparo – indovinate dove? – a lungo negli Stati Uniti, la magistratura del suo paese che nel frattempo non è affatto diventato filo-russo, nella fattispecie il procuratore generale di Tbilisi, ha di nuovo chiesto con forza a Kiev l’estradizione del gaglioffo, lamentando oltretutto la mancata cooperazione ucraina malgrado tra i due Paesi esistano accordi per l’estradizione reciproca. Tbilisi ha chiesto a Kiev anche l’estradizione dell’ex ministro della giustizia georgiano, Zurab Adeishvili, anche lui riparato in Ucraina.
Paese che, dopo la “rivoluzione” tanto osannata anche in ambienti di sinistra quantomai distratti, è divenuto un covo di persone poco raccomandabili. Tanto valeva che il popolo ucraino si tenesse il presidente Yanukovich. Corrotto ed inetto probabilmente, ma sicuramente un dilettante di fronte a certi personaggi di ‘statura’ internazionale.
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