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Catalogna, proteste e scontri. Polizia assediata, portuali in sciopero

Nei giorni scorsi migliaia di poliziotti e militari a bordo di moto, automobili e blindati sono arrivati a Barcellona e in altre città catalane dal resto dello Stato Spagnolo, dando vita ad una dimostrazione di forza che è sfociata ieri nella massiccia operazione che ha portato all’arresto di 14 tra funzionari della Generalitat e amministratori di aziende incaricate di produrre e distribuire i materiali elettorali per il referendum indipendentista del 1 ottobre.

Il convoglio di auto della Guardia Civil ripreso mentre gli agenti a bordo sventolano le bandiere spagnole ben rende l’idea di quale sia la natura della macchina repressiva messa in campo da Madrid. Così come i blindati dell’esercito fermi ai distributori mentre fanno benzina.

Alcuni media, spagnoli e non solo, improvvisamente scioccati dall’atteggiamento repressivo del governo spagnolo, hanno scritto che ‘la Spagna si riscopre franchista’. Chi conosce la storia di quel paese sa quanto il franchismo sia radicato nelle sue istituzioni, nella sua classe politica, nei suoi tribunali e nelle sue forze armate, e quanto il “regime democratico” nato dopo la morte del Caudillo Francisco Franco – nel suo letto e di vecchiaia – non sia altro che la nuova veste assunta dalla dittatura stessa per pura necessità in puro stile gattopardesco.

Il consenso tra le principali forze politiche spagnole ha concesso a Rajoy carta bianca per scatenare i suoi cani. Quello di ieri non è da considerare un avvertimento, una intimidazione nei confronti degli organizzatori del referendum e della popolazione che li sostiene. Le decine di arresti e perquisizioni messe in atto nelle sedi del governo catalano, di entità pubbliche e private, di sedi politiche e abitazioni, i sequestri di milioni di schede elettorali e delle convocazioni per la costituzione dei seggi mirano ad impedire materialmente, con la forza, che i cittadini e le cittadine della Catalogna possano votare tra dieci giorni. Se necessario il governo spagnolo continuerà a sottoporre la Catalogna ad una prolungata occupazione militare, dopo aver di fatto sospeso l’autonomia e le prerogative del governo locale senza neanche applicare formalmente quell’articolo 155 di una Costituzione autoritaria che affida all’esercito e al sovrano il compito di difendere i ‘sacri confini della patria’.

E, a proposito di militari, le pressioni degli ambienti più reazionari delle Forze Armate sul governo affinché agisca con ancora maggiore durezza si fanno sempre più forti ed esplicite.


Nei giorni scorsi il protagonista del tentato colpo di stato fascista del 23 febbraio 1981, Antonio Tejero, ha chiesto pubblicamente a Rajoy una maggiore determinazione per stroncare il processo di disconnessione catalano. Il mancato golpista (in realtà il suo ‘avvertimento’ ebbe un ruolo determinante nella chiusura definitiva di alcuni spazi democratici timidamente apertisi dopo la morte di Franco) rivendica il suo gesto del 1981, che a detta dell’ex colonnello della Guardia Civil mirava a garantire “l’unità del paese”. Tejero, come del resto molti nazionalisti spagnoli (compreso l’ex premier Josè Maria Aznar), accusa i catalani di preparare un colpo di stato finalizzato “alla separazione della regione catalana dalla Patria” e invita il premier ad andare oltre la caccia alle schede elettorali e a reprimere ‘i capi della sedizione indipendentista’ a partire da Carles Puigdemont, “che da tempo dovrebbe essere in carcere”. Tejero conclude il suo appello affermando che “i cappellani che sventolano bandiere indipendentiste dovrebbero pregare per l’unità della Patria che tanto ha fatto per la religione cattolica”.


Se quelle di Tejero possono essere considerate elucubrazioni folkloristiche, le prese di posizione dei ‘sindacati’ di Polizia non lo sono affatto.

L’Unione degli Ufficiali della Guardia Civil ha chiesto formalmente che la Delegazione del Governo Spagnolo in Catalogna prenda il comando dei Mossos d’Esquadra, la polizia autonoma accusata di essere troppo tenera nei confronti dei manifestanti che da ieri mattina si sono riversati nelle strade assediando da ormai 36 ore i cordoni di polizia e le sedi governative.
Inoltre l’Associazione Unificata delle Guardie Civili (AUGC, nonostante il nome si tratta di polizia militarizzata equivalente ai Carabinieri) ha manifestato la propria preoccupazione per alcuni ‘attacchi’ da parte dei manifestanti contro alcune autopattuglie. Durante la serata e la notte di ieri infatti alcune automobili della Guardia Civil sono state danneggiate o ricoperte di cartelli e adesivi dai manifestanti pacifici che hanno per ore scandito slogan contro la repressione, gli arresti e la militarizzazione. “Gli indipendentisti hanno distrutto un veicolo ufficiale della Guardia Civil. Quanto ancora dobbiamo sopportare?” ha scritto ieri l’account Twitter dell’Augc.

In realtà durante la serata di ieri e la notte gli agenti – compresi i Mossos d’Esquadra invitati dal maggiore Trapero a evitare la violenza “non necessaria “- sono intervenuti duramente contro i manifestanti che occupavano piazze e strade di Barcellona e di un’altra ventina di città catalane dove a decine di migliaia indipendentisti e aderenti ai sindacati e alle organizzazioni studentesche hanno protestato contro gli arresti al grido di “No tinc por”, “Non ho paura”, lo stesso risuonato nelle manifestazioni organizzate dopo l’attacco jihadista sulle Ramblas di agosto ma stavolta opposto all’autoritarismo del governo spagnolo.

A mezzanotte centinaia di persone protestavano ancora davanti al ministero dell’Economia della Generalitat nonostante le richieste dell’Assemblea Nazionale Catalana e di Omnium di “abbandonare le proteste fino al giorno successivo” per riprendere fiato. I manifestanti hanno bloccato l’accesso alla sede del dicastero e i Mossos hanno dovuto creare un corridoio per consentire agli agenti della Guardia Civil di lasciare l’edificio in sicurezza. I momenti di maggiore tensione hanno avuto luogo a seguito di alcune cariche della polizia che hanno provocato dei feriti e dei fermi tra i manifestanti. Solo intorno all’1.30 di notte, gli agenti sono riusciti ad allontanare i manifestanti dall’ingresso del ministero e alcuni funzionari che per protesta si erano barricati nel palazzo sono potuti uscire accolti al grido “non siete soli”.

In queste ore si moltiplicano intanto gli atti di disobbedienza civile collettiva.

Per garantire un alloggio ad alcune migliaia di militari e poliziotti mandati da Madrid a Barcellona per impedire il voto, il governo Rajoy ha affittato due navi da crociera, nella fattispecie la “Rhapsody” della Grandi Navi Veloci e un’altra della Mobyline, ancorate nel porto industriale della capitale catalana. Ma l’arrivo di una simile truppa a Barcellona non è passato inosservato, tanto che l’autorità portuale aveva negato il permesso all’attracco dovendosi poi piegare ai diktat dell’amministrazione statale. Ma i lavoratori del porto, gli “estibadors” (i camalli, li chiameremmo noi) non hanno gradito che il loro porto diventasse una postazione dalla quale muovere guerra ai loro concittadini. Al termine di un’affollatissima assemblea i portuali hanno deciso di boicottare le operazioni di carico e scarico e di vettovagliamento delle imbarcazioni. E oggi anche gli “estibadors” di Tarragona hanno deciso di unirsi al boicottaggio, rifiutandosi di caricare e scaricare alcunché da un’altra nave carica di militari attraccata nel locale porto. I lavoratori annunciano che si rifiuteranno di rifornire di carburante quelle imbarcazioni dipendenti dal governo spagnolo che “possano contribuire alla repressione dei più elementari principi democratici”.

Ieri in numerosi quartieri di Barcellona gli abitanti hanno dato vita a dei sonori cacerolazos, suonando padelle e strombazzando i clacson delle automobili, mentre i contadini bloccavano alcune strade con i loro trattori.

Mentre anche i sindacati di tradizione spagnola, come Comisiones Obreras e Ugt, hanno aderito alle mobilitazioni indette dopo gli arresti di ieri, la Confederació General de Treballadors (CGT) della Catalogna ha presentato un preavviso di sciopero generale per il 3 ottobre che dovrà essere approvata dalla maggioranza degli iscritti al quarto sindacato della regione per numero di iscritti. Il segretario generale del sindacato, Ermengol Gassiot, ha spiegato che la data dello sciopero generale è stata fissata dopo il referendum a causa degli obblighi stabiliti dalla legge e che la mobilitazione ha diversi obiettivi: “rivendicare i diritti del lavoro e sociali violati a causa delle controriforme del lavoro, lottare contro la violazione dei diritti politici e democratici fondamentali da parte del governo spagnolo e denunciare i blitz delle forze di sicurezza nei luoghi di lavoro”. Anche altre sigle sindacali, come il Coordinamento Operaio Sindacale (COS), di tendenze indipendentiste, e la Intersindacale Alternativa di Catalogna (IAC) che è maggioritario nella scuola pubblica, hanno presentato preavvisi di sciopero.

Ieri, mentre i sindacati delle scuola, le associazioni studentesche e le associazioni delle famiglie delle scuole pubbliche scendevano in piazza in tutta la Catalogna, i rettori di tutte le 8 università pubbliche della Catalogna hanno respinto in un comunicato congiunto la violazione dei diritti democratici e della libertà di espressione. Un comunicato simile, che ha avuto una vasta eco internazionale, è stato diffuso ieri dalla direzione del Barcellona Fútbol Club in cui si denuncia “ogni azione che attenti alla democrazia, alla libertà di espressione e al diritto di decidere”.

 

Marco Santopadre

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2 Commenti


  • Carlo Parini

    La democrazia e’una cosa seria.
    Va sempre rispettata e mai calpestata


  • andrea

    Prescindo dalle motivazioni storiche catalane che conosco poco e faccio un commento più ampio di natura generale. Quando vedo questi fenomeni che si ripropongono in maniera simile in varie parti del mondo, l’idea di un coordinamento fa poca fatica a farsi strada (vedasi: rivoluzioni colorate, ma anche episodi storici dell’800 e del ‘900). La Brexit lascia strada a un’Europa franco-tedesca con possibili avvicinamenti alla Russia, e allora che si fa? Si dà una mano alle sinistre o alle destre per sfaldarla, e in più si aiutano i terroristi a infiltrarla per creare il caos. Può sembrare una visione complottista, ma il mondo non va avanti con le favole.

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