Non importa quanto tu sia precario e poco pagato: il licenziamento ti arriverà comunque. Almaviva, colosso italico dei call center, ha annunciato 3.000 procedure di mobilità sui quasi 8.000 dipendenti nel nostro paese. Se fate caso a quante chiamate arrivano o fate, ai call center, con dall’altra parte del filo una voce dall’accento albanese, capirete facilmente anche perché ci sono oggi 3.000 centralinisti di troppo.
Il ministro Poletti, come gli tocca fare per statuto, hascritto alla proprietà: “Invitiamo Almaviva a revocare la comunicazione di avvio della procedura di mobilità per tremila lavoratori ed a rendersi disponibile a riprendere e sviluppare il confronto con le organizzazioni sindacali e con le istituzioni per verificare le possibili alternative ad una decisione che produrrebbe una situazione pesante dal punto di vista sociale, peraltro in territori che già scontano difficoltà occupazionali”.
Ma si tratta di un atto dovuto. È al tavolo di trattativa che si vede davvero se i rappresentanti del governo vogliono fare qualcosa oppure no per evitare che la mannaia cali sui lavoratori delle sedi di Roma, Palermo e Napoli.
Ma le premesse non sono affatto buone. Almaviva è una società ormai “antica”, in questo comparto. Prima si chiamava Atesia, e aveva preso ad operare dall’interno del gruppo Seat-Pagine Gialle quando era ancora pubblico, nel 1989. Teneva i suoi “collaboratori” in condizioni peggio che schiavistiche, costringendoli a pagare un affitto per l’uso della postazione di lavoro e agandoli sostanzialmente a cottimo: tot telefonate “di successo”, tot spiccioli meno l’affitto della cuffia.
Il suo centro motore era allora a Roma, al Lamaro (dietro Cinecittà 2). Seguirono scioperi, cortei, proteste e interventi sindacali che puntavano a compatibilizzare le condizioni con quelle previste dal “pacchetto Treu”, varato dal governo Prodi. Ovvero legalizzando una condizione di precarietà che l’Italia conosceva solo nelle più sperdute campagne del Sud, dove si chiama comunque ancora caporalato.
Il suo inventore-padrone, Alberto Tripi, era del resto ben posizionato in campo politico, potendosi vantare d’essere tra i primi e principali sostenitori della “Margherita”, formazione allora diretta dal sindaco di Roma, Franceso Rutelli.
Il gruppo è poi cresciuto, sull’onda della smobilitazione – in tutte le aziende più grandi del paese – dei contact center aziendali. In pratica, Almaviva ha prodotto un format per cui ogni azienda recide definitivamente il suo filo diretto con la clientela, affidando la gestione di proteste, le campagne pubblicitarie, le prenotazioni, le lamentele e i ricorsi e a un gruppo esterno che forniva personale precarissimo con poche istruzioni sul come rispondere su problemi che ignorava.
Ora delocalizza e tocca con mano anche le difficioltà generate dalla crisi.
A Palermo salta tutto: 1.670 “esuberi”. In pratica si chiude. E l’altro ieri i lavoratori hanno fatto un sit-in davanti alla sede della presidenza della Regione, con striscioni e blocchi stradali a singhiozzo davanti palazzo D’Orleans. Ma l’incontro – a Roma, nella sede ministeriale – tra Tripi, il presidente della Regione, Crocetta, il governo ci sarà soltanto il 31 marzo. Mentre i sindacati – altro schiaffo in faccia – verranno ricevuti separatamente, a Palermo.
La mobilitazione, nel capoluogo siciliano come a Roma e Napoli, naturalmente prosegue. Stamattina,a a Palermo, sono andati sotto le sedi di Telecom e dialtri committenti per chiedere il rispetto delle regole e respingere la logica del massimo ribasso, bloccando le strade e l’area attorno alla sede della società di via Pacinotti. Nuove assemblee verranno effettuate oggi nelle sedi di via Marcellini e di via Cordova, dove c’era stato anche di un servizio tv delle Iene.
A Napoli, intanto, scende in campo anche il sindaco. «Pronti a ogni iniziativa per fermare i 400 licenziamenti di Almaviva e i 220 di Gepin. Il governo deve intervenire». De Magistris si schiera al fianco dei lavoratori dei call center. Ieri pomeriggio un lungo incontro con i rappresentanti sindacali e delle Rsu. «Chiederemo al ministro Poletti di far intervenire il governo su questa vicenda – ha detto il sindaco – Napoli deve essere una città anche industriale, perché abbiamo tanti giovani di qualità e tanta gente che lavora seriamente».
A Roma, invece, lavoratori e lavoratrici Almaviva stanno bloccando via di Casal Boccone per protestare contro i possibili licenziamenti annunciati dall’azienda.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa