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In Italia il lavoro (quando c’è) uccide

L’Inail ha diffuso questa mattina numeri da paura. In Italia i morti di lavoro nel 2018 sono stati 1.133, con un aumento del 10,1% rispetto al 2017. Fanno più di tre cadaveri lasciati ogni giorno sulla strada dello sfruttamento, del precariato, della mancanza di tutele, in sintesi della liberalizzazione selvaggia portata a compimento con il Jobs Act

Dei 1.133 incidenti mortali, 786 (+5,4%) si sono verificati sui posti di lavoro, 258 (+22,6%) in itinere. Gli incidenti “plurimi”, ovvero con due o più morti, sono stati 24, in aumento rispetto ai 15 del 2017.

Non solo aumentano gli omicidi sul lavoro, ma anche gli infortuni. Le denunce all’Inail sono state 641.261 (+0,9%), con una netta crescita degli infortuni in itinere (+2,8%). L’incremento maggiore è al Nord-Est (+2,2%), mentre i lavoratori con l’aumento percentuale maggiore di infortuni sono gli extracomunitari (+9,3%; comunitari +1,2%, italiani -0,2%). L’aumento delle denunce riguarda prevalentemente la componente maschile (+1,4%) e la fascia d’età fino a 34 anni (+4,0%).

Le denunce di patologie professionali sono state 59.585 (+2,5%). Il 90% è rappresentato da: patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo (36.637 casi); patologie del sistema nervoso (6.681, con una prevalenza della sindrome del tunnel carpale) e dell’orecchio (4.574); patologie del sistema respiratorio (2.613) e dai tumori (2.461). 

Un bollettino di guerra, per usare una formula stantia, diramato nella più completa indifferenza del governo, degli organi di controllo, del padronato. Ce ne sarebbe invece in avanzo per proclamare l’emergenza nazionale. Così non è: il lavoro, quando c’è, è precario e mortale. Come piace ai cosiddetti imprenditori.

L’Unione Sindacale di Base continuerà a mobilitarsi in ogni sede perché la strage venga interrotta e ai lavoratori vengano garantiti sicurezza e diritti.

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