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Muore durante intervento della polizia. “Dichiarazione di Salvini inopportune”, dicono i magistrati

Le dichiarazioni del Ministro dell’Interno rese a seguito del decesso di un cittadino tunisino nel corso di una attività di polizia appaiono inopportune e non rispettose delle prerogative della magistratura”. A dichiararlo  è la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati. “Sarebbe stato necessario attendere la conclusione dei doverosi accertamenti che stanno coordinando i magistrati, gli unici ad essere competenti, sulla base di rigidi parametri costituzionali, a dirigere le attività investigative in corso volte all’accertamento dei fatti”.

Giovedi scorso a Empoli, un giovane tunisino è morto mentre era stato ammanettato da alcuni agenti di polizia intervenuti in un negozio Money Transfer su richiesta del titolare. Essendoci un morto sono scattate inevitabilmente le indagini, ma il ministro Salvini non ha perso neanche in questa volta l’occasione di tacere. “Se i poliziotti non possono usare le manette, che fanno, offrono cappuccio e brioche?” ha dichiarato il ministro dell’Interno vestito con la divisa della polizia. Il giorno prima era già intervenuto esprimendo “totale e pieno sostegno ai poliziotti che a Empoli sono stati aggrediti, malmenati, morsi”.

Anche le parole usate non sono certo originali. Vengono tali e quali pronunciate in certe questure e nei comunicati dei sindacati di polizia più fascisti. La retorica è quella di chi dice di sé “facciamo un lavoro pericoloso, voi non sapete, dobbiamo fare così per tutelarci, ecc”. E’ sicuramente vero che gli agenti in servizio in strada debbono affrontare situazioni anche pericolose, ma la “professionalità” starebbe nel riconoscere le differenze tra una situazione all’altra e nel comportarsi di conseguenza. Può capitare, come dicono sia accaduto nel caso di Empoli, di trovarsi davanti a persone che “danno in escandescenze”, al limite tra il problema psichiatrico e quello di “ordine pubblico”. L’uso esclusivo della forza bruta in ogni caso non è però con evidenza l’approccio migliore. E’ solo quello più sbrigativo.

Se la persona maltrattata muore, come in questo caso, è decisamente fuori luogo difendere una modalità operativa omicida, ancorché involontaria e “colposa”. E sembra davvero indecente, in casi come questo (dove “il soggetto fermato” è disarmato), richiamare la “pericolosità” del mestiere. Se chi si arruola nelle varie polizie non è disposto a correre certi rischi può sempre trovarsi ul lavoro più tranquillo e “sicuro”, come l’edile sui ponteggi, l’operaio in fonderia o il manutentore sulle linee ferroviarie…

Completamente diverse le reazioni e i commenti dei parenti delle vittime delle violenze della polizia. Lucia Uva, sorella di Giuseppe, morto dopo essere stato portato in caserma a Varese nel 2008 ha commentato duramente: “Questo è il metodo delle forze dell’ordine. Con l’appoggio di Salvini, ora, hanno la licenza di uccidere”. Lucia Uva, precisa di non “avercela con le forze dell’ordine”, ma con chi “abusa della divisa che indossa a scapito dei più deboli”, ha aggiunto che “siamo in un tritacarne”, riferendosi a tutti i parenti delle vittime di casi analoghi.

Indignata e pessimista anche Ilaria Cucchi, sorella di Stefano: “Dava in escandescenza? Questi fatti sono tutti uguali e sappiamo già come andrà a finire. La quarta sezione della Cassazione dirà che non c’è nessun colpevole”, ha detto Ilaria Cucchi all’Adnkronos, la quale ha fatto riferimento al caso dell’ex calciatore Magherini, morto il 3 marzo 2014 “per una crisi cardiaca” dopo l’arresto in una strada del quartiere di San Frediano, a Firenze. Lo scorso 15 novembre la quarta sezione penale della Cassazione ha assolto i tre carabinieri accusati di omicidio.

Negli ultimi dieci anni, sono state numerose le circostanze che hanno visto perdere la vita persone fermate in condizioni simili e con metodi analoghi. Peraltro, vi è qualche testimone che parla di una condizione di relativa calma del giovane tunisino e anche quest’ultimo fatto impone una indagine, la più rapida e incisiva”, ha dichiarato Luigi Manconi, direttore dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali.

Le dichiarazioni del ministro dell’Interno Salvini, e contestate dai magistrati, hanno provocato anche un commento del Capo della Polizia Gabrielli nel tentativo di contenere le invasioni di campo del ministro. “Io rispetto le vittime e i loro familiari, chiedo che analogo rispetto sia riferito a uomini e donne che lavorano per riaffermare le legalità” ha affermato Gabrielli, “Se qualcuno ha sbagliato pagherà per un giusto processo e non per le farneticazioni del tribuno di turno”.

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